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Pugliese lascia? Il CEO di Conad fra indiscrezioni e smentite
Al di là del gossip ci sono 20 anni di scelte manageriali di successo da cui prendere esempio
Infiamma la polemica sul futuro di Francesco Pugliese. Dall’articolo sul Sole 24Ore di ieri mattina che dà certa la sua uscita alla prossima assemblea, poche ore dopo si passa alla secca e lapidaria smentita di Conad: “ogni informazione o notizia sui vertici di Conad Consorzio Nazionale è ora da considerarsi priva di qualsiasi fondamento”. Per la verità di indiscrezioni sul tema in questi mesi ve ne sono state tante e, quanto riportato dal Sole, agli addetti ai lavori non suona certo come una novità assoluta. Sarà forse stata la caccia al successore a far partire lo scoop? Potrebbe essere ma non azzardo perché io non so nemmeno se Pugliese lascerà davvero Conad dopo quasi venti anni costellati da record di ogni tipo. Nell'avventura Conad - peraltro come nelle precedenti in Barilla e Yomo - ha macinato innovazioni dopo innovazioni quasi senza respiro. Comunque, al di là dei “pettegolezzi”, il dibattito che si è acceso mi offre lo spunto per ripercorrere alcune tappe del lavoro fatto da Pugliese in Conad che meritano l’attenzione di chi gestisce le organizzazioni dei produttori agricoli per trarre stimoli e suggerimenti.
Con l’acquisizione di Auchan, Pugliese ha portato Conad a diventare nel 2019 il primo gruppo distributivo itaIiano, raddoppiando il fatturato dal suo arrivo nel 2004. Ricordo ancora il “colpo di teatro”, durante l’incontro con i fornitori del 2011 al PalaRiccione, quando annunciando la raggiunta leadership di Conad nel canale supermercati assicurò, fra l’incredulità dei presenti, che in tre anni il Consorzio Nazionale Dettaglianti sarebbe diventato il primo gruppo italiano. Spigoloso, mai banale, spesso scomodo, Pugliese è anche un personaggio ma, prima di tutto, è un manager di altissimo livello e ha segnato un'epoca in Conad. È arrivato in uno dei momenti più difficili per il Gruppo - a seguito del fallimento di una delle sue associate in Puglia - e ha dato vita ad una trasformazione sia a livello societario - con l'accorpamento delle strutture associate e le acquisizioni - che organizzativo, che non ha precedenti, dando un ruolo chiave al Consorzio che prima non aveva. Migliaia di soci – come quelli di Conad – sono anche la dimensione delle nostre organizzazioni ortofrutticole di punta, ma nessuna nello stesso orizzonte ha fatto progressi paragonabili. C’è da meditare sul perché.
Anche grazie alla marca d’insegna e poi alle declinazioni dell’MDD - soprattutto nell’alto di gamma con Sapori & Dintorni - ha legato a doppio filo i negozi all’organizzazione. Mirabile, a mio modo di vedere, l’operazione di portare in TV le promozioni a marca privata; operazione che di fatto obbliga i punti di vendita a referenziare i prodotti a private label e a farne scorta. Questo sui freschi ha significato lift promozionali mai visti prima e progressiva fidelizzazione alla marca privata e alle sue declinazioni, da cui le imprese dell’ortofrutta, soprattutto i consorzi delle DOP e delle IGP, dovrebbero prendere ispirazione.
In questi venti anni ho avuto modo di conoscere a fondo Francesco. È stato tante volte ospite ai nostri eventi e, altrettante, siamo stati relatori insieme in altri convegni, oltre a lavori di ricerca che ho sviluppato durante la sua Presidenza di ADM. Per rimanere al nostro settore ricordo quando auspicava in tempi non sospetti che in Sicilia si facesse un’organizzazione sulle arance come Melinda, mentre la sua cura per la IV gamma, proposta ad un convegno di ADM qualche anno fa, era altrettanto netta: “l’unica soluzione è un big straniero che si compri le imprese di riferimento e riorganizzi il comparto”. Peccato che, se davvero lascerà Conad, l’ortofrutta non abbia una sfida adeguata da proporgli. Sono sicuro che gioverebbe al settore.