Frutti di bosco: grande potenziale inespresso

Si può osare di più a livello di assortimenti e spazi

Frutti di bosco: grande potenziale inespresso

Tra i prodotti ad acquisto d’impulso, i frutti di bosco sono uno degli esempi più classici nel reparto ortofrutta. Tuttavia, per sfruttare appieno l'attrazione che suscitano e aumentarne le vendite, è fondamentale garantire sia qualità che spazio idoneo. Ciò significa posizionarli in una zona privilegiata del reparto e - se necessario - sovraesporli, anche quando le vendite effettive non giustificherebbero tale visibilità. 
Le fotografie di sei negozi, appartenenti a diverse insegne rilevati a Reggio Emilia, riflettono la gestione prudente di questa categoria nella Gdo italiana: una apparente sottoesposizione, nonostante trend di mercato incoraggianti.

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È vero: l'incidenza delle vendite dei frutti di bosco nel reparto è ancora bassa, spesso non supera il 2% in termini di valore (e a volume, considerando l'euro per chilo, è ancora più ridotta), e l'impatto sui gettati può spaventare; così, in generale, si evitano sovraesposizioni, privilegiando rotazioni veloci, anche rischiando qualche rottura di stock. Tuttavia, negli ultimi anni, le vendite sono rimaste interessanti e con una tendente crescita, come dimostrano anche i dati dei primi dieci mesi del 2024 della Gdo italiana (prossimamente dedicheremo un articolo di approfondimento al tema). È ormai opinione comune che i frutti di bosco siano prodotti ricchi di valori nutrizionali preziosi, tanto da essere considerati degli autentici “superfood”; questo aspetto, unito a caratteristiche gustative eccellenti, ha portato, nel tempo, a un impatto positivo sulle vendite anche in periodi in cui la maggior parte delle referenze è di provenienza estera.
Questo segmento, quindi, ha un elevato potenziale, che potrebbe essere sfruttato con maggiore coraggio.

Passando ai dettagli delle rilevazioni, la profondità massima dell’assortimento è stata registrata in due negozi medio-grandi (Conad ed Esselunga, con 7 referenze), mentre l’Ipercoop, con oltre 6.000 mq come superficie di vendita, si ferma a 4, così come Lidl. Eurospar ed Eurospin offrono invece 5 referenze ciascuno. La proposta è duplice per i mirtilli e, in un caso, anche per i lamponi.
L’assortimento comprende le varietà più comuni (mirtilli, lamponi, more e ribes) e mix di frutti in 4 negozi su 6. Quest’ultima referenza è un po' la novità e pare convincere le insegne, tanto che qualche retailer la propone come Mdd.

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La qualità che abbiamo osservato ci è sembrata mediamente buona, con provenienze estere, per generale indisponibilità del prodotto nazionale, a eccezione dei ribes (sempre italiani, quando presenti). Gli assortimenti, complessivamente, sono risultati sufficientemente profondi rispetto alle prestazioni disponibili sul mercato, ma lo spazio loro dedicato ci è parso limitato. Se guardiamo i numeri, i mirtilli vendono più del doppio rispetto a tutti gli altri frutti di bosco messi insieme, ma lo spazio loro assegnato è mediamente meno della metà. È evidente che ogni referenza necessiti almeno uno spazio minimo, per cui si potrebbe approfondire ulteriormente la proposta per le tipologie più vendute, come nel caso dei mirtilli.

La gestione è tendenzialmente in supporti a temperatura controllata; solo in due casi (Lidl e Ipercoop) i frutti di bosco sono gestiti a banco, insieme all’ortofrutta di prima gamma.
Proprio la shelf life è uno dei punti critici della categoria e, non a caso, il mirtillo risulta essere la tipologia con più referenze: tra i frutti di bosco venduti in Italia i mirtilli sono la specie che si conserva meglio, insieme ai ribes. Diversamente da questi ultimi, però, i mirtilli incontrano maggiormente il consenso dei clienti, soprattutto grazie a una dolcezza nettamente superiore.

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Come accennato, l'incidenza degli sfridi preoccupa i capi reparto, poiché è una delle principali variabili con cui vengono valutate le performance. Tuttavia, i frutti di bosco, in molte realtà distributive, non hanno un'incidenza del gettato così elevata rispetto a categorie che occupano uno spazio molto superiore, come ad esempio l’uva, soprattutto nei mesi di settembre e ottobre. È vero che il prezzo, spesso superiore ai 20 euro al chilo, è fino a quasi dieci volte più alto rispetto alla media della frutta e questo rappresenta un deterrente, soprattutto per i prodotti a peso fisso. In questi casi, infatti, è spesso necessario scartare intere confezioni, come accade con i frutti di bosco.

Analizzando più nel dettaglio i prezzi, i mirtilli si distinguono per la maggiore variabilità, con un range che va dai 28 euro ai 16 euro al chilo. Negli altri “berries”, invece, i prezzi sono più omogenei, in quanto solitamente c'è una sola referenza. Tuttavia, l'ampiezza dell'assortimento (come nel caso dei mirtilli) può influire anche sulla diversificazione dei prezzi.

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Chiudiamo con uno sguardo alle grammature.
Come è plausibile, la maggior parte delle referenze rilevate si concentrano sulla grammatura più piccola, che per i piccoli frutti è – storicamente - quella di 125 g. Solo nel caso dei mix e dei mirtilli abbiamo trovato confezioni più grandi, fino a 300-400g.

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(gc)

Hanno collaborato Alfonso Bendi e Fabrizio Pattuelli.

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