Più che Mr Prezzi servirebbe il dottor Azzeccagarbugli

La prima riunione ortofrutta ha evidenziato irrisolte (e irrisolvibili) criticità

Più che Mr Prezzi servirebbe il dottor Azzeccagarbugli

Chi mi conosce sa che sono da sempre contrario a portare in trasparenza i processi di formazione del prezzo in chiave di comunicazione. Per questo ho guardato con grande preoccupazione la convocazione degli attori della filiera ortofrutticola da parte di Mr Prezzi al fine di, cito testualmente, “chiarire le ragioni sottese alle dinamiche dei prezzi dei prodotti agricoli, con particolare riferimento alla filiera ortofrutticola, alla luce dell’andamento degli stessi e delle possibili ripercussioni degli eventi climatici che, da ultimo, hanno interessato alcune aree territoriali del nostro Paese”. Una operazione che farebbe impallidire una esercito di analisti, figuriamoci un gruppo di rappresentanti della filiera riuniti in una commissione di “allerta rapida” sui prezzi, seppure supportata da Ismea e BMTI. Infatti, detta così, l’operazione, nella migliore delle ipotesi, rischia di far sorridere. 

La mia formazione tecnica, da economista agrario, mi rende infatti evidente che i processi produttivi sono troppo complessi per essere portati all’attenzione dell’opinione pubblica senza l’altissimo rischio che si prendano cavoli per rape. Oltre a essere pericoloso, il percorso è anche controproducente. Non conosco imprenditore che in cuor suo non lavori incessantemente per alzare la disponibilità a pagare sui suoi prodotti  ben oltre il costo di produzione, anzi, il più in alto possibile. Peraltro, quando il cliente paga il prezzo richiesto, di norma attribuisce almeno quel valore al prodotto, per cui è soddisfatto. Se non lo è, di norma smette di comprare. Se non può farlo – ad esempio, perché il bene è di prima necessità – significa che vi sono cambiamenti importanti nell’assetto di mercato, come nel caso dell’energia negli anni scorsi, oppure che sono in atto operazioni contrarie ai principi della libera concorrenza, ampiamente disciplinate e sanzionate dalle normative antitrust vigenti. La frammentazione del mondo produttivo e la concorrenza orizzontale senza quartiere fra i distributori tendono ad escludere questa seconda opzione.
 
Peraltro, almeno dai risultati dell’esposizione dei doppi prezzi sull’ortofrutta (acquisto e vendita) nei punti di vendita dei diversi paesi europei, dove la confusione è aumentata anziché ridursi, sembrerebbe supportare la mia analisi e, ciò nonostante, la politica ha voluto cogliere al balzo la tensione che si misura sui prezzi dei prodotti alimentari, per effetto di fenomeni inflattivi, per porre sotto osservazione le filiere più importanti, fra cui l’ortofrutta.

Per misurare cosa? Le motivazioni delle variazioni dei prezzi? E una volta note, per fare cosa? Intervenire per calmierare il mercato? E come? Con quali strumenti? Obbligare tutti a pagare prezzi imposti? Capirete che l’obiettivo della riunione appariva alquanto ambizioso, per non dire utopistico, per un consesso così numeroso e senza adeguata preparazione. Infatti, da qualche commento ricevuto a caldo da chi ha partecipato non si è andati al di là del solito clichè: produttori che si lamentano dello strapotere della distribuzione e invocano il rispetto dei costi di produzione, distributori che chiamano in causa la frammentazione della produzione, consumatori a cui tutto ciò non interessa e che ritengono stellari i prezzi di frutta e verdura.

Anche se si superassero questi limiti fisiologici, occorrerebbe considerare che ci sono comunque difficoltà tecniche di analisi, che non sono cosa di poco conto. Prendo il caso del più importante prodotto orticolo, il pomodoro da mensa, che da solo vale poco meno del 10% dei nostri acquisti di ortofrutta. Senza eventi straordinari, ma solo con un inverno che tardava arrivare, a cavallo del nuovo anno, e un semplice maltempo ordinario che si è abbattuto sulla Sicilia a partire dalla settimana numero 6 del 2023, siamo passati da quotazioni all’ingrosso inferiori del 30% a quelle dell’anno precedente nella settimana 4, dovute ad un eccesso di offerta, a quotazioni superiori del 40% nella settimana 7, per carenza di offerta, cioè un delta del 70% in tre settimane, come ha ben evidenziato il nostro Monitor Ortofrutta. A queste sono corrisposte variazioni delle quotazioni al dettaglio calmierate sia nella fase negativa che positiva e più distribuite nel tempo (clicca qui per leggere l'articolo completo).

La cosa è assolutamente fisiologica e corretta, mentre si vorrebbe che se il prezzo scende alla produzione del 30% altrettanto facesse immediatamente al consumo, cosa che i distributori non fanno ben sapendo che quando il prezzo alla produzione aumenterà del 40% non potranno riversarlo allo stesso modo al consumo, pena il blocco degli acquisti. Le dinamiche, anche solo per questo aspetto, sono costruite empiricamente sulla base delle variazioni assolute, della condizione istantanee di mercato, del clima generale e, infine, delle strategie e del posizionamento di ogni singolo operatore.

Per districarsi sul tema tentando soluzioni a tavolino credo sarebbe opportuno assoldare il dottor Azzeccagarbugli al posto del Garante. La scelta sarebbe certo più azzeccata, se mi consentite il gioco di parole, ma altrettanto inutile. Per ridurre questo fenomeno specifico – che è una goccia nel mare delle regole che governano il mercato – l’unica medicina efficace sarebbe l’aggregazione della produzione in modo comparabile a quella avvenuta alla distribuzione, null’altro. Per esaminare anche solo gli altri principali elementi in gioco servirebbe un poema non una news.