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Frutticoltore: ma chi te l’ha fatto fare?
Ogni anno una nuova piaga da affrontare: dalle gelate alla manodopera
Anche quest’anno i frutticoltori, in particolare quelli emiliano romagnoli, si leccano le ferite dopo le gelate tardive che hanno falcidiato i raccolti in divenire di intere aziende. L’ennesimo colpo basso che rischia di mettere al tappeto migliaia di aziende frutticole che negli ultimi anni ne hanno viste davvero di tutti i colori.
La gelata tardiva non è certo una novità per chi lavora in frutticoltura, soprattutto al Nord Italia, solo che dopo due decadi senza particolari danni i produttori si erano “abituati bene” e ci ha pensato l’ultimo triennio a rispolverare la pericolosità delle basse temperature primaverili.
Al contrario, sono sicuramente una new entry (non gradita) le grandinate di primavera che hanno già colpito diverse zone frutticole (cuneese, Emilia-Romagna, Veneto, basso Lazio, casertano e Puglia) cogliendo di sorpresa anche quelle aziende dotate di reti antigrandine ma che, visto il periodo, non le avevano ancora aperte. Quindi, oltre al danno, pure la beffa.
Rimanendo in ambito meteo non ci facciamo mancare nulla. Fino a qualche anno fa l’emergenza idrica era pura fantascienza (e difatti non si è investito un euro sul tema), mentre adesso rischia di diventare il problema numero 1, perché senza acqua non c’è produzione. Ma, anche nel caso in cui l’acqua non sia un problema, c’è il rischio che il raccolto venga letteralmente “cotto” dalle alte temperature, come dimostrano i 49°C raggiunti nell’agosto 2021 a Siracusa.
Il clima più mite, poi, favorisce oltretutto la virulenza dei principali patogeni delle piante. Se parliamo di insetti, aumentano i cicli durante la stagione, mentre per le malattie fungine si dilata la finestra d’azione del patogeno. Gli schemi saltano del tutto quando si è attaccati di punto in bianco da un insetto alieno (vedi cimice asiatica). Inoltre, non dimentichiamo come la difesa sia poi ulteriormente complicata dalla revoca costante di principi attivi da parte dell’Unione Europea, senza i quali alcuni patogeni sono quasi impossibili da controllare. La situazione si trasforma in farsa perché sono proibite (per ora) pure le tecniche di difesa eco-sostenibili come potrebbe essere il miglioramento genetico tramite TEA.
Proseguiamo la lunga lista di insidie per il frutticoltore (ma quella per l’orticoltore non è da meno) con il tema della carenza di manodopera. L’ultimo biennio è stato caratterizzato da una penuria tale che diverse aziende non sono riuscite a portare a termine la raccolta. Il tema è complesso e, certamente, reddito di cittadinanza, Covid e bonus edilizio del 110% non hanno aiutato, ma il problema ha radici ben più profonde che prima o poi dovranno essere affrontate. Infine, non poteva mancare il tema dell’aumento spropositato dei costi di produzione che ha definitivamente segnato il 2022 come annus horribilis. Un aumento che ha colpito tutte le voci di costo, nessuna esclusa. Basti pensare che uno dei concimi più economici, come l’urea, è passato da 30 euro/quintale ad oltre 100 euro/quintale.
A leggere questo elenco (dove mancano le crisi di mercato), viene da chiedersi cosa spinga i frutticoltori a proseguire nella loro attività e, difatti, gli espianti sono in costante aumento anno dopo anno. Ma una volta estirpato un ettaro di frutteto, qual'è l’alternativa? Si potrebbe cambiare indirizzo colturale optando per i seminativi, d’altronde i prezzi del frumento sono aumentati notevolmente l’anno scorso (salvo poi calare negli ultimi mesi) ma considerando la plv, comunque bassa, è fattibile per un’azienda di grandi dimensioni, non di certo per un’azienda da 10 ettari. Puntiamo sul vigneto? Fortunatamente per il settore vitivinicolo vige un sistema di quote che contingenta le superfici. Quindi o si vende l’azienda oppure si cambia settore, in alternativa si diminuiscono gli ettari investiti a frutteto sperando che arrivino momenti migliori. In tutti i casi è una sconfitta non solo per la filiera ma per l’intero Paese.