Varietà vecchia fa buon brodo?

Il sapore vince sull'estetica, anche la più accattivante

Varietà vecchia fa buon brodo?

Mi perdonerete per l’uso provocatorio di uno dei proverbi più popolari in Italia, ma il dubbio “amletico” ci è sorto durante una delle nostre rilevazioni all’interno dei mercati all’ingrosso. Infatti, mentre stavo spulciando fra le cassette dei produttori mi ha colpito una piccola partita di albicocche di origine locale, non particolarmente bella, ma che spuntava mediamente fra 0,50 - 1 euro in più delle altre varietà presenti, certamente più attraenti alla vista. Il motivo di questo differenziale era legato al sapore. Difatti, mentre altre partite avevano un gusto più simile a quello di un limone, questa varietà “sapeva di albicocca”, tanto da giustificarne un simile differenziale di prezzo. Fino a qui, tutto fila, ottimo sapore equivale a prezzo più alto (anche se non sempre accade), ma c’è stato sbigottimento quando il produttore ha affermato che la varietà in questione era una vecchia gloria come l’Antonio Errani, aggiungendo che, quando arriva la Portici (che compie quest’anno i 40 anni di carriera) non fa in tempo a scaricarle dal camion che le ha già vendute.   

E non mancano casi ancora più clamorosi, come l’albicocca di Valleggia, una nicchia made in Liguria che viene venduta dai besagnini (fruttivendolo in genovese) anche a 10 euro il chilo (clicca qui per leggere). 

A quanto pare, di galline vecchie ce ne sono tante e - oltre al buon brodo - in alcuni casi fanno pure le uova d’oro. Questo non significa che dobbiamo abbandonare il miglioramento genetico per buttarci sulle vecchie varietà, che negli anni sono state accantonate per i più svariati motivi (ridotta shelf life, limiti produttivi e agronomici ecc.) e che rappresentano a livello commerciale una nicchia per professionisti, oltre a un patrimonio genetico utile per le nuove selezioni. Evidentemente, in alcune colture come l’albicocco, il sapore non è sempre all’altezza delle aspettative (quest’anno in particolar modo) ed è qui che il dettagliante trova “conforto” nelle vecchie varietà, brutte da vedere, ma buone da mangiare.

Golden Delicious, foto IFN

In altre colture la situazione è ancora più ingessata. Il pero da questo punto di vista fa scuola, poiché mangiamo frutti in commercio da oltre 2 secoli (la Williams è nata a fine ‘700). Nel ciliegio le varie Bigarreau, Samba, Lapins, Ferrovia, Kordia e Regina che non sono certo delle new entry, sono ancora dei punti di riferimento difficile da spodestare nonostante l’intensa attività di miglioramento genetico. Infine, non potevamo non citare la Golden Delicious, scoperta negli USA a fine dell’800 e che rimane leader indiscussa del mercato italiano nonostante la concorrenza sempre più agguerrita delle nuove varietà club. 

Questo dimostra come l’innovazione non debba essere fine a sè stessa, ma deve introdurre effetti cambiamenti e portare un beneficio a tutta la filiera, a partire dal consumatore. Diversamente meglio affidarsi all’usato sicuro.