Il meglio di IFN
Riabilitati i prodotti ortofrutticoli della “sporca dozzina”
Esclusi maggiori rischi connessi ai pesticidi o benefici specifici dal biologico per mele, fragole, pomodori ....
Una ricerca, pubblicata di recente sul Journal of Toxicology, ha evidenziato che le segnalazioni della famosa lista, nota in America come “Dirty Dozen”, ovvero i dodici prodotti ortofrutticoli più contaminati da pesticidi, sarebbero prive di fondamento scientifico. Riprendendo il titolo del noto film “La sporca dozzina”, la lista è realizzata dal 2004 dall’Enviromental Working Group (EWG), sulla base delle rilevazioni dell’U.S. Department of Agriculture - Food and Drug Administration, nella pubblicazione “Shopper's Guide to Pesticides in Produce™” (guida ai pesticidi nell'ortofrutta per i responsabili degli acquisti) e viene aggiornata annualmente consigliando l’acquisto del prodotto biologico al posto del convenzionale sulle specie rilevate più a rischio, come fragole, mele e pomodori.
Il nuovo studio scientifico, però, contesta la metodologia utilizzata per stilare la lista, che nella pubblicazione è anche contrapposta a quella dei “Clean 15”, ovvero i prodotti con basso rischio di residui, su cui si può optare anche per i più abbordabili prodotti convenzionali.
La ricerca evidenzia come che gli autori della lista non seguano una metodologia scientificamente consistente e, in aggiunta, sul piano dei numeri, il programma di monitoraggio dei pesticidi (Pesticide Data Program-PDP) del dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti (USDA) riscontra sistematicamente che oltre il 99% degli alimenti campionati ha livelli di residui di pesticidi ben al di sotto degli standard di sicurezza previsti dell'Agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti (EPA), con addirittura il 25% del campione che non contiene residui.
L’USDA e l’EPA, sono pertanto convinti che i consumatori possono sentirsi sicuri nell'optare per una dieta ricca di frutta e verdura fresca e che la frutta e la verdura che i bambini mangiano siano più sicure che mai. Infatti, l’agenzia valuta attentamente pesticidi vecchi e nuovi al fine di assicurare il loro utilizzo con una ragionevole certezza di non recare nessun danno a neonati, bambini ed adulti. Inoltre, l’agenzia lavora costantemente per rivedere e migliorare gli standard di sicurezza applicati ai residui di pesticidi negli alimenti.
Gli autori della lista Dirty Dozen hanno ammesso che nello sviluppare l’elenco non sia stato valutato né il rischio per la salute né siano stati impiegati i principi di base della tossicologia.
Altre ricerche, poi, hanno dimostrato che la messaggistica utilizzata dagli estensori della lista tende a creare paura nel percepito dei consumatori, con la possibilità che diminuiscano non solo gli acquisti di prodotti coltivati convenzionalmente ma anche gli acquisti di prodotti biologici. A confermare il fatto è un questionario sottoposto dall'Alliance for Food and Farming (AFF), che evidenzia come il 94% dei dietologi interpellati sia d’accordo che la messaggistica utilizzata da Dirty Dozen influisca negativamente sulla volontà di aumentare il consumo di frutta e verdura tra i loro clienti e consumatori.
Tutto questo, infine, avviene in un contesto estremamente critico per i consumi di ortofrutta negli USA. Infatti, una relazione pubblicata lo scorso anno dal centro di controllo delle malattie (Centers for Disease Control-CDC), evidenzia che solo un americano su 10 consuma frutta e verdura a sufficienza ogni giorno, dato invariato rispetto alle precedenti indagini. E sono soprattutto coloro che vivono al di sotto o vicino al livello di povertà che sono meno propensi a soddisfare le raccomandazioni sui consumi di vegetali.
“I continui sforzi per aumentare il consumo di frutta e verdura, migliorandone l'accessibilità nelle diverse comunità contribuirà a mitigare le disparità di salute tra gli americani. Ulteriori politiche e programmi volti ad aumentare l'accesso di frutta e verdura nei luoghi scolastici e di lavoro potrebbero incrementarne il consumo e migliorare la salute dei cittadini americani”- conclude il CDC.
Ha collaborato Alberto Biffi