Il meglio di IFN
La vendita diretta cambia pelle e orizzonti
Dai prodotti dell’azienda fino a gamme complete da fruttivendolo
Nell’eterno dualismo fra produzione e distribuzione, la vendita diretta di prodotti agricoli rappresenta una sorta di “rivincita” da parte dell’agricoltore, in grado di arrivare finalmente al consumatore senza intermediazioni di sorta, portando a casa tutto il beneficio del lavoro fatto.
Tuttavia, questa visione bucolica sta subendo profonde modificazioni, come spiega a IFN un grossista del Nord Italia, che ha preferito rimanere anonimo: “Negli ultimi anni il numero di produttori che compra in mercato è letteralmente esploso, divenendo una clientela sempre più importante per noi grossisti. Infatti, oramai si riforniscono dalle nostre aziende tutto l’anno e movimentano volumi di tutto rispetto. Dal punto di vista commerciale per noi operatori mercatali sono i benvenuti, ma alcuni aspetti a mio avviso andrebbero attenzionati. Secondo me il produttore dovrebbe vendere ciò che produce (o per lo meno prevalentemente), mentre alcuni di quelli che frequentano i mercati si comportano nè più nè meno come un normale commerciante, quindi, cercano di proporre un assortimento il più completo possibile senza il vincolo della provenienza. Così vedi un produttore del Nord Italia che acquista cipolle di Tropea piuttosto che agrumi e, questo, è ben lontano da quel concetto di km zero che ha avuto tanto successo e non solo nel nostro paese. Capiamoci, a mio avviso è più che comprensibile il produttore che viene in mercato perché ha avuto problemi coi propri raccolti, oppure vuole integrare la propria offerta con prodotto locale proveniente da altri coltivatori della zona, diverso è il discorso di un agricoltore che si comporti, nei fatti, da commerciante e goda dei privilegi della tassazione agricola".
Apparentemente sembrerebbe concorrenza sleale anche se, a tal proposito, occorre chiarire il quadro legislativo relativo alla vendita diretta dei prodotti agricoli che è normata dall’articolo 4 del D.Lgs. 228 del 18 maggio 2001. Al suo interno, fra gli altri, ci sono un paio di aspetti che occorre sottolineare: “Il fatturato derivante dalla vendita dei prodotti provenienti dall’azienda deve essere prevalente rispetto al fatturato proveniente dal totale dei prodotti acquistati.”
Non è specificato in dettaglio cosa si intenda per prevalenza, però secondo diverse linee guida regionali e pareri giurisprudenziali, occorre che il valore dei prodotti aziendali venduti, ovvero il fatturato derivante, rappresenti almeno il 51% del totale dei prodotti complessivamente venduti. Inoltre, nella norma viene specificato come “qualora l'ammontare dei ricavi derivanti dalla vendita dei prodotti non provenienti dall’azienda nell'anno solare precedente sia superiore a 160.000 euro per gli imprenditori individuali, ovvero, a 4 milioni di euro per le società, si applicano le disposizioni del decreto legislativo n. 114 del 1998.” Quest’ultimo decreto è quello che norma l’attività commerciale al dettaglio; quindi, superando tali valori, si ricade nell’attività commerciale.
Infine, occorre rammentare come i ricavi che derivano dall’attività di vendita diretta, rientrando nel più generale esercizio dell’attività agricola, sono considerati parte del reddito agrario e godono degli stessi benefici. In sostanza, il produttore agricolo è legittimato a comprare parte dell’offerta che propone nella vendita diretta, a patto che rimanga il principio di prevalenza e vengano rispettati determinati parametri.
Di certo vedere in un negozio di vendita diretta prodotti proveniente da tutta Italia e con prezzi da boutique, come ci è successo in una recente rilevazione (vedi foto allegate), può far storcere il naso a qualcuno, e soprattutto, potrebbe essere un boomerang a livello di comunicazione perché la percezione di chi compra dall’agricoltore è prevalentemente legata al legame produttore/prodotto, piuttosto che alla competenza sul prodotto stesso, di norma riconosciuta maggiormente al fruttivendolo. Si tratta di un equilibrio da gestire con attenzione più per non alterare in negativo l’immagine del produttore che per rispetto delle normative.