«Kaki, anche quest'anno non avremo rivali»

Una panoramica della situazione spagnola e il confronto con l'Italia

«Kaki, anche quest'anno non avremo rivali»

Nonostante qualche sporadica cassetta di kaki spagnoli sia già apparsa sui mercati, la stagione deve ancora partire e i frutti arriveranno ufficialmente a partire dal mese di ottobre. Con il nostro corrispondente Paco Borras abbiamo realizzato una panoramica sui frutti in termini agronomici e commerciali, per sottolineareii punti di forza degli spagnoli. 

La campagna si sta avviando proprio in queste settimane con frutti di ottima qualità e, sebbene in alcuni mercati si siano osservate alcune cassette, si tratta di casi eccezionali. Nella maggior parte delle situazioni parliamo di varietà ultra-precoci o di casi davvero unici che forzano i processi di raccolta e maturazione con risultati dubbi per la vita commerciale del prodotto finale.

Dopo due campagne produttive in cui il meteo ha influito negativamente sui kaki spagnoli, l’attuale campagna si presenta abbastanza normale, sia in termini di calendario che di qualità. Le quantità sono nella norma e, anche se i temporali delle ultime settimane hanno leggermente influenzato la produzione in alcune zone, non hanno inciso in modo significativo sul raccolto. 

In questa stagione la produzione sarà prossima alle 380.000 ton, di cui il 60% sarà esportato. Il mercato cinese si è aperto al kaki spagnolo "Persimon", così come sono ricettivi anche i mercati degli Stati Uniti e del Canada, mentre il frutto conosce già una buona diffusione al Sud America, nei Paesi arabi e in molti Paesi asiatici.

Evidentemente, se non avessimo lavorato e innovato per molti anni sui sistemi di inibizione dell'astringenza e non li avessimo commercializzati come frutti più resistenti, non sarebbe stato possibile esportare contenitori di kaki oltreoceano. Questo significa che l’innovazione è sempre essenziale in agricoltura.

Il mercato dei kaki in Italia
Stando alla fonte Istat, l'Italia produce fra le 45 e le 50 mila tonnellate di Kaki (cifra che comprende una buona quota di kaki tradizionale).
Inoltre, siamo importatori netti dato che importiamo a valore circa 25 milioni di euro di kaki e li esportiamo per 7-11 milioni di euro (stando ai dati Istat degli ultimi due anni). 
Mai come quest'anno sarà difficile fare previsioni attendibili per il mercato italiano, dato che in campagna si nota una certa eterogeneità sia a livello produttivo sia a livello qualitativo all'interno dei diosporeti. In generale, i diversi stress ambientali dovrebbero aver favorito la cascola dei frutti, quindi ci si attende un'annata caratterizzata da una produzione non particolarmente abbondante.
Facendo un confronto tra dati italiani e spagnoli, possiamo dire che emerge con chiarezza come la Spagna abbia creato un ottimo prodotto a livello commerciale e che lo stia sviluppando al massimo in termini commerciali. 

La storia dei kaki in Spagna
In Spagna, la coltivazione del kaki all'epoca in cui veniva consumato nella sua forma classica, cioè completamente morbido (in modo da non avere problemi di astringenza), era molto residua. In generale fino all'ultimo decennio del secolo scorso, era un albero molto diffuso, presente in molte aziende agricole familiari, con frutti orientati all'autoconsumo ed una vendita sui mercati molto limitata. Il suo periodo di raccolta era nel mese di novembre e veniva conservato nelle case fino a Natale, consumandolo man mano che si ammorbidiva.
In Spagna esistevano diverse varietà locali, molto localizzate in due zone della Comunità Valenciana, in particolare a Segorbe (Castellón) e nella zona della Ribera del Xúquer (Valencia).
Di quest'ultimo frutto, alla fine degli anni '70, fu individuata una mutazione naturale di migliore taglia e produttività. La varietà fu tipizzata dai servizi del Ministero dell'Agricoltura e nacque la varietà Rojo Brillante.  
All'inizio degli anni '90 questi kaki venivano commercializzati nella loro classica caratteristica morbida, quindi, oltre al mercato interno spagnolo, le loro esportazioni erano dirette principalmente verso il Portogallo, oltre a piccoli carichi verso Belgio e Olanda, dove l'Italia aveva già costruito una nicchia di mercato per il kaki morbido. 
Nel frattempo nella zona di Valencia, si stavano realizzando diversi progetti per cercare di bloccare l'astringenza dei kaki senza perdere la durezza, poiché si sapeva che in Israele ci erano riusciti con la varietà Triumph o Sharon.
A metà degli anni '90, dopo diversi test, le principali cooperative di Ribera del Xúquer e il dipartimento qualità di Anecoop hanno messo a punto il sistema di blocco dell'astringenza, prima con l'etanolo e poi definitivamente con la anidride carbonica. Da quel momento tutto accelerò. 

Anecoop ha sostenuto e guidato il prodotto fin dal primo momento, si è consolidato l'aggettivo “Persimon” per differenziare il frutto che si poteva mangiare duro e croccante dal Clásic, che rappresentava il kaki che si mangiava morbido. Arrivò poi la creazione della denominazione di origine protetta (Dop) Ribera del Xúquer che ha cambiato il panorama agricolo della regione, passando in pochi anni da poche coltivazioni dedicata fino a 15 mila ettari. Nonostante la coltivazione del kaki sia stata testata anche in altre zone, la leadership produttiva è sempre rimasta sempre nella stessa zona di Ribera del Xúquer.
Esperienza e innovazione hanno influenzato anche lo sviluppo del calendario produttivo e, quello che prima era un prodotto raccolto a novembre e consumato fino a Natale, ora ha uno sviluppo temporale di quattro mesi, con la campagna che va da ottobre a fine febbraio con frutti di ottima qualità.
Negli ultimi anni, la campagna dei kaki “Persimon” - denominazione esclusiva registrata dalla Dop dei kaki di Ribera del Xúquer - è stata incorporata tra i frutti autunnali e condivide lo spazio con l'inizio della campagna agrumicola spagnola e con l'insieme delle produzioni della zona.
 

Hanno collaborato Fabrizio Pattuelli e Alice Magnani