Il meglio di IFN
“i pomodori bio spagnoli sono immangiabili”
Ségolène Royal alza il tiro della protesta agricola. Pronta la replica di Sanchez
Perché mai un ex ministro francese della transizione ecologica, già candidata socialista alla presidenza della Repubblica, si scaglia così violentemente contro i prodotti della vicina Spagna e, forse dimenticando che esiste una normativa europea sul biologico, rincara la dose affermando che “Sono un falso bio. In Spagna non si rispettano le norme che vigono in Francia per la definizione di bio”?
Il motivo è semplice: dopo anni di oblio, gli agricoltori europei sono ritornati all’attenzione della politica. Trattori sulle strade di tutta Europa hanno riportato nell’orbita degli schieramenti al governo e all’opposizione nei vari paesi dell’Ue gli attori del settore primario, anche considerando che – sebbene chiedano più sussidi, che significa più tasse per i cittadini – e prezzi più alti per le produzioni, che si riverseranno al consumo, ottengono le simpatie dell’opinione pubblica e dei cittadini.
Sono una decina di milioni, venticinque con l’indotto diretto, ma fanno rumore come 100 e, in questo momento, sono sulla cresta dell’onda e la politica, come si sa, cavalca l’onda. Pronta la replica del presidente spagnolo Sanchez alla provocazione televisiva della Royal. Supponendo che non abbia mai assaggiato pomodori spagnoli, l’ha invitata a Madrid per assaggiarli. Fino a prova contraria, infatti, furono proprio gli spagnoli a portare dal Messico il pomo d’oro nel ‘500.
È pur vero che fra francesi e spagnoli in tema di agricoltura è dagli anni ’90 che si è passati dalle parole “alle mani”, con camion di prodotti ribaltati e bruciati sulle strade di qua e di là dal confine, ma – finora – la politica aveva cercato di calmare gli animi, non di alimentare la contesa.
Anche l’Italia è finita nel mirino dei francesi. La star dei reality Karine le Marchand è andata nei presidi autostradali per protestare contro l’indivia italiana raccolta da irregolari marocchini che fa concorrenza sleale alle produzioni francesi.
Si tenta così di spostare l’attenzione dalla politica ideologica ambientalista di Bruxelles alla competizione orizzontale fra le agricolture europee alla ricerca di visibilità e consenso da parte di chi vede un’occasione da non perdere. Così tutti cercano di salire sul carro degli agricoltori. Già loro, a mio avviso, stanno ampliando troppo i confini della protesta, rischiando di rendere troppo ampi - e perciò difficilmente realizzabili con le poche risorse disponibili - i possibili interventi di compensazione. Se poi, nella disputa, si vuole inserire anche i prezzi, la distribuzione e i rapporti fra le agricolture europee, si da concretamente modo a chi volesse glissare sul tema di avere valide argomentazioni.