Dal campo
Ecco come sarà il meleto fra 20 anni
Digitalizzazione, automazione e robotica stanno prendendo il sopravvento
Come sarà il meleto fra 20 anni? È la domanda alla quale hanno cercato di rispondere i relatori dell’Interpoma Congress nel secondo giorno della fiera sviscerando il tema “Rivoluzione digitale: I meleti del futuro”.
Grazie a speaker internazionali di grande caratura scientifica, le relazioni che si sono susseguite sono state dense di contenuti e di alto profilo tecnico.
Chiaramente, il punto di partenza è stata l’analisi dello stato dell’arte attuale nella ricerca digitale frutticola, per poi proiettarsi su quello che potrà essere l’evoluzione dello scenario fra venti anni.
Oggi siamo ancora ben lontani da un frutteto totalmente gestibile grazie all’ausilio di strumenti digitali, ma è indubbio come nell’arco di pochi anni siano stati fatti passi da gigante, nonostante difficoltà oggettive. Infatti, la sensoristica non è ancora in grado di fornire un output preciso ai produttori, non solo per limiti tecnici, ma anche in virtù di una variabilità all’interno dell’impianto particolarmente accentuata sotto ogni punto di vista, a partire dal suolo e dal microclima che, a loro volta, influenzano le performance della pianta (altezza, vigoria, carica produttiva ecc.).
Quindi, per mappare il meleto e costruire modelli digitali che possano fornire informazioni precise ai frutticoltori è necessario rilevare una mole imponente di dati che, innanzitutto, devono essere accurati (cosa non scontata in ambito frutticolo) e, poi, devono essere elaborati con algoritmi sempre più sofisticati, sia perché devono prendere in considerazione gli elementi di fisiologia vegetale, sia perché si dovrebbero tenere presente le variabili ambientali. Utilizziamo il condizionale perché gli studiosi hanno sottolineato come occorreranno ancora alcuni anni per disporre di modelli predittivi in “real time” che potranno fornire tutte le informazioni utili alla gestione del meleto.
Quali? Per esempio, si potrebbe irrigare, concimare e proteggere dai patogeni in funzione delle reali esigenze misurate sulle singole piante; oppure, si potrebbe quantificare la carica fiorale fino a una previsione accurata delle performance produttive (calibro, rese ecc.) e qualitative. Ovviamente, tutte queste informazioni dovranno essere facilmente fruibili dal produttore, che in linea di principio dovrà avere “l’ufficio nel trattore”, poiché tutto dovrà essere gestibile tramite smartphone o similare.
L’altro grande tema legato alla digitalizzazione riguarda il concetto di “automazione” che viene, e verrà, sempre più applicato su diversi livelli. In primis, aumenteranno i robot, che - in completa autonomia -gireranno fra i filari per rilevare i dati necessari all’elaborazione dei modelli previsionali. Inoltre, la robotica impatterà significativamente nelle operazioni colturali, tant’è che gli studiosi hanno mostrato alcuni prototipi di raccolta effettuata tramite bracci robotici, piuttosto che trattrici in grado di trattare a dose variabile senza l’ausilio dell’operatore. Non dimentichiamo nemmeno la potatura e il diradamento, che sono altre operazioni che richiedono un impiego cospicuo di manodopera e che, in futuro potranno essere robotizzati; ma qui sarà necessario l’impiego massiccio dell’intelligenza artificiale perché sono pratiche piuttosto complesse.
Oltre alla parte di campo sono in atto studi approfonditi sul post raccolta. In particolare, alcuni gruppi di ricerca stanno monitorando l’evoluzione della maturazione dei singoli frutti dal campo alla cella frigorifera, per capire quali variabili incidano sull’insorgere di determinate patologie post raccolta. Impiantare un chip nei frutti sarebbe l’ideale, ma chiaramente non è una strada percorribile, mentre in futuro sarà possibile sfruttare le immagini ad alta definizione e l’intelligenza artificiale per “tracciare” le mele.
Al di là dei risultati, è evidente come lo sviluppo di queste tecnologie necessiti di un approccio interdisciplinare: agli agronomi, si aggiungono fisici, matematici, ingegneri, informatici e via discorrendo, senza dimenticare il ruolo delle aziende private, che dovranno sviluppare le tecnologie su larga scala per essere effettivamente fruibili dal mondo produttivo.
Un altro punto, che convince i ricercatori, riguarda l’agrivoltaico che sembra essere ritenuta una via alquanto valida per coniugare la frutticoltura alla produzione di energia sostenibile, fra l’altro utilizzabile per queste nuove tecnologie. Su questo aspetto, comunque, non mancano le riserve soprattutto per quanto riguarda i costi che sono decisamente alti.
In conclusione, il meleto del futuro sarà dotato di una infinità di sensori che forniranno, in real time, tutte le informazioni necessarie per operare con la massima precisione. Operazioni, che verranno compiute da robot o da mezzi automatizzati senza operatori. Fra 20 anni vedremo a che punto saremo, ma l’impressione è che basterà aspettare un lasso di tempo inferiore per apprezzare un cambio di passo radicale nella gestione del meleto.