Non possiamo (nostro malgrado) fare a meno dell’Abate

Allo stato attuale non ci sono alternative valide in grado di prenderne il posto

Non possiamo (nostro malgrado) fare a meno dell’Abate

L’Abate Fetél, la regina delle pere italiane per antonomasia, è costretta ad abdicare? Dopo oltre 150 anni di regno (è stata scoperta in Francia a metà dell’800) è ragionevole cedere il trono al successore? D’altronde gli acciacchi dell’età si fanno sentire; tuttavia, allo stato attuale, non c’è nessun discendente adatto a prenderne il posto. E, chiaramente, una monarchia senza Re, o Regina, è destinata a scomparire ed è quello che sta accadendo alla pericoltura italiana.
A onor del vero, negli ultimi anni sono comparse alcune nuove varietà che si stanno facendo lentamente strada, ma occorreranno diversi anni (e tanti investimenti) prima che possano assumere una certa rilevanza al consumo. Ben che vada, ci troveremo con dei marchesi e dei baroni, ma non c’è nessuno che possa ambire a diventare re o regina, per lo meno in tempi brevi. Purtroppo, come ben sappiamo, il tempo a disposizione è agli sgoccioli, perché, con il ritmo di 2.000 ettari espiantati all’anno, (clicca qui per approfondire) che non è bilanciato da altrettanti nuovi impianti, significa che il destino è oramai segnato.

Se continua così, la pera italiana non sarà che un pallido ricordo, e, l’Italia, da principale produttore mondiale, diventerà il più importante mercato di destinazione del vecchio continente, con sommo gaudio dei concorrenti europei, belgi e olandesi in testa. E pensare che già vent’anni fa nei convegni si parlava diffusamente di come l’Abate presentasse limiti tecnico-agronomici importanti, ma nel frattempo si è fatto poco o nulla, perché, checché se ne dica, la regina delle pere è sempre stata (ed è tuttora) la più apprezzata dai consumatori italiani, anche se non sta più garantendo un reddito soddisfacente ai pericoltori del Nord Italia. 

Per fare un paragone è come se dall’oggi al domani nel kiwi scomparisse Hayward e nelle mele la Golden Delicious. In entrambi i casi, le rispettive filiere collasserebbero. Invece, nell’uva da tavola si sta assistendo ad un graduale e ineluttabile “switch” dall’uva Italia alle varietà Seedless, ma questo è un processo in atto da diversi anni, e che solo adesso, che sul mercato si trovano varietà realmente superiori e distintive, sta dando dei risultati concreti.

Tornando alle pere, ora che il giocattolo si è rotto, per una serie di motivi che non stiamo a ripetere, si deve fare di tutto per arrestare l’emorragia di ettari e, parimenti, impiantare nuovi frutteti di Abate che permettano di assestare la produzione a un livello accettabile. So già che i pericoltori che leggeranno questo articolo storceranno il naso, ma a livello di impiantistica la task force introdotta da UnaPera è pronta ad illustrare i risultati di questi due anni di indagine e ricerca. Allo stesso modo, è in atto un pressing asfissiante per cercare di ottenere fondi utili al re-impianto. 
Evidentemente è una corsa contro il tempo, e per giunta a ostacoli, ma è inutile rimuginare su quanto si sarebbe potuto fare. Occorre serrare le file fra i produttori per evitare l’abdicazione dell’Abate Fétel. L’unica alternativa è l’estinzione.