Il profitto non è un delitto (anche in ortofrutta)

Troppa tensione sui prezzi bassi ha impoverito la filiera

Il profitto non è un delitto (anche in ortofrutta)

L’ortofrutta sta diventando sempre più decisiva per i clienti quando scelgono il negozio in cui fare la spesa: nel 2021 era già il reparto più importante per il 44% degli intervistati dal Monitor Ortofrutta di Agroter; oggi lo è ancor più, visto che raccoglie il 62% di consensi. Forse è anche per questo motivo che tutti i retailer hanno dato tanto peso al pricing nella definizione delle loro strategie sul reparto in questi ultimi anni. Io lo chiamo provocatoriamente “Dio Prezzo”, perché per diversi stakeholder sarebbe l’unico parametro in grado di muovere le vendite, mentre tutto il resto sui grandi numeri sarebbe poco rilevante. 

Poiché non sono assolutamente d’accordo con questo postulato, nell’ambito della revisione delle 4 P del Marketing Mix presentata a Think Fresh quest’anno (clicca qui per approfondimenti), ho proposto di sostituire Price con Profit, convinto - come Max Weber - che il Profitto non sia un demone del capitalismo bensì un adeguato strumento per misurare la sostenibilità di un’attività e, questo, anche sul piano sociale quando è condotta secondo etica. 

Si tratta ovviamente di un’operazione provocatoria, poiché la teoria sul Price, come variabile del Marketing Mix di McCarthy, è ben articolata e non contempla solo la leadership di costo per avere i prezzi più bassi sul mercato, peraltro l’unica equazione che consenta di farlo in modo remunerativo, ma prevede anche il miglior rapporto qualità-prezzo, fino alla miglior qualità posizionata sulla disponibilità a pagare del cliente. 

Di questi possibili posizionamenti, però, il sistema ortofrutticolo ha fatto una propria sintesi, esprimibile comeprezzi più bassi dei concorrenti e a qualsiasi costo (da non intendersi alla lettera e in chiave tecnica, bensì, molto più banalmente, senza guardare in faccia nessuno). Ciò esaspera il potere negoziale della distribuzione, che nei momenti critici schiaccia una produzione in larga parte ancora disorganizzata anche sotto i costi di produzione e toglie energie e risorse per qualificare viceversa l’offerta sulla miglior qualità, posizionata sulla disponibilità a pagare del cliente finale, tanto che i pochi esempi di successo in questo senso sono guardati come mosche bianche, mentre il fatto che siano pochi dipende solo dai pochi tentativi seri in questa direzione e non dalla inapplicabilità dell'equazione. 

Per comprendere il fenomeno è sufficiente guardare la percezione del prezzo pagato per i kiwi Sungold di Zespri dalle dichiarazioni del panel del Monitor Ortofrutta, prezzo che risulta ben più basso di quello effettivo, forse per il senso di colpa collegato a pagare un prezzo elevato malgrado il prodotto sia di alta qualità.

Con il nostro executive partner di Think Fresh Agricola Campidanese riflettevamo sul fatto che, sebbene alla base della coltivazione delle angurie vi sia ancora un gesto antico come il passamano dei frutti in raccolta, considerando tutta la professionalità e la tecnologia che è oggi necessaria prima e dopo la raccolta dei frutti per realizzare prodotti di alta qualità, non ha più senso correre dietro a quotazioni settimanali o, peggio, giornaliere, ma sarebbe meglio pensare a prezzi per campagna o, almeno per porzioni della stessa, come si fa in nord Europa, per permettere di lavorare meglio, con più programmazione, con più attenzione alla qualità, con profitti più costanti e coerenti che permettano agli agricoltori di continuare a investire per migliorare i prodotti. 

Ci pare che i numeri che si riescono a fare con i retailer nordeuropei con prodotti di qualità come Gavina ed Eleonora impongano una maggiore riflessione fra price e profit, a meno di non voler accettare che il palato dei nostri connazionali sia meno sofisticato dei nordeuropei. C’è da meditare davvero. Per applicare il cambiamento, però, serve segmentare di più, ma deve essere in modo percepibile al consumo e coerentemente con il vissuto di chi acquista. Ma questa è un’altra storia di cui parleremo nella prossima puntata.

Clicca qui per iscriverti alla Newsletter quotidiana di IFN