Per migliorare la distribuzione di ortofrutta occorre ripensarne la logistica

Mercati, CeDi della Gdo e piattaforme della produzione dovrebbero costituire un network integrato

Per migliorare la distribuzione di ortofrutta occorre ripensarne la logistica

Ho letto con attenzione l’ultimo rapporto ISMEA sui Mercati all’Ingrosso nella Filiera Agroalimentare, attraverso un’indagine sulla rete Italmercati, da cui emerge il quadro che Fabrizio Patuelli ha ben sintetizzato nell’approfondimento che abbiamo pubblicato nei gironi scorsi (per approfondimenti clicca qui).

Risultano altrettanto condivisibili le opzioni di rilancio che il Presidente di Italmercati Pallottini ha formulato durante il Convegno di presentazione del volume, sintetizzabili in una selezione delle strutture che hanno le condizioni per un rilancio su cui investire e un piano di riconversione per quelle da dismettere.

Fulcro del piano di rilancio sono gli aspetti logistici, di cui tutti comprendono l’importanza e che potrebbero rivestire un ruolo chiave anche in un rilancio della filiera ortofrutticola, che – su questo versante – soffre di diverse inefficienze.

Solo per andare un po’ più a fondo sul tema e toccare i punti salienti, evidenzio che oggi i Cedi della Gdo sono largamente inefficienti, poiché lavorano poche ore, ancora in prevalenza di notte e con costi di personale elevati; spesso sono governati con appalti a strutture che erogano servizi di facchinaggio finiti diverse volte nell’occhio del ciclone per le modalità con cui sono stati gestiti. Dall’altra parte abbiamo Mercati Ortofrutticoli e Centri Agroalimentari, in progressiva crisi, da una parte per la riduzione della dimensione del mercato terminale di riferimento, quello tradizionale, via via schiacciato dalla Gdo, dall’altra per la difficoltà di gestire il ricambio generazionale e la professionalizzazione degli addetti operando prevalentemente di notte.

Infine, all’altro lato, ci sono produttori sempre più schiacciati dalle richieste della Gdo di avere un servizio con consegna il giorno stesso dell’ordine o, al massimo, il giorno successivo ma, in ogni caso, con rigidi e non modificabili orari di scarico, che si vedono pertanto costretti a sviluppare piattaforme di confezionamento e rilancio dei loro prodotti in prossimità dei principali hub di consumo. Il tutto senza alcun disegno strategico di programmazione, in un ambito in cui buoni risultati si possono ottenere solo soddisfacendo tre condizioni: volumi x tratte x frequenze, condizioni quasi mai presenti contemporaneamente nelle attività di singole imprese.

Senza dimenticare che tutto questo avviene mentre, a livello demografico, uno dei temi caldi del prossimo futuro sarà l’ulteriore concentrazione urbana. Attualmente, il 55% della popolazione mondiale vive nelle città. Si stima che, tra tre decenni, nell'anno 2050, sarà quasi il 70% dell'umanità. Pertanto, già entro il 2030, sempre più persone vivranno nelle città. 

Ciò comporterà una serie di sfide, come le minacce ambientali e la gestione delle risorse. Le città avranno ancora più bisogno di risorse come acqua, cibo ed energia per essere vitali, da vincere combattendo nel contempo per ridurre la congestione del traffico e l'inquinamento atmosferico, che – viceversa – tenderanno ad aumentare.

Di fronte a questo scenario, mi domando se sia ancora possibile non inserire nelle pianificazioni dei grandi agglomerati urbani, poli logistici dei freschi e non solo, che consentano di aumentare l’efficienza lavorando H24, pianificando servizi differenziati anche temporalmente per i diversi canali di distribuzione nell’handling e nella logistica dell’ultimo miglio, magari anche con mezzi elettrici che sfruttino corsie e slot temporali preferenziali?

Ne guadagnerebbe la vivibilità delle città, la qualità e il costo dei servizi logistici, senza dimenticare quella dei prodotti e la soddisfazione degli operatori della filiera coinvolti, senza tutta la tensione sui prezzi di acquisto e vendita a cui oggi assitiamo. L’unica controindicazione è che per fare operazioni del genere occorre visione, capacità progettuale e programmatica di medio periodo, elementi accomunati da carenza cronica nel nostro sistema paese.