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Mele: stop nuove varietà, è ora di consolidare
Pinzger, Direttore VIP: «Occorrono strategie ben definite per ogni canale»
C’è poco da fare, il settore melicolo è il fiore all’occhiello della frutticoltura italiana come dimostrano i traguardi raggiunti negli anni: leader nell’export, marchi fra i più noti del settore, aggregazione efficace, gestione nuove varietà che ha fatto scuola e potremo andare avanti ancora.
Ovviamente, le sfide non mancano: fra il calo dei consumi ed effetti inflattivi che non accennano a calare. Non da ultimo le tensioni geopolitiche a cui stiamo assistendo che possono avere conseguenze rilevanti nel commercio internazionale.
Per provare a capire i possibili scenari futuri abbiamo chiesto aiuto a Martin Pinzger Direttore di VIP, l'Associazione delle Cooperative Ortofrutticole della Val Venosta.
Pattuelli - Direttore, le nuove varietà si sono moltiplicate negli ultimi anni – l’Istituto Laimburg ne ha censite ben 69 brandizzate nel 2022 – per la maggiore parte gestite con modalità club. Ci sarà spazio per tutti?
Pinzger - Su questo aspetto in VIP abbiamo le idee molto chiare. Negli ultimi 15 anni abbiamo inserito 7 nuove varietà, gestite secondo modalità club con altri partner italiani e spesso anche europei. Queste, nel 2025 varranno il 16% della nostra offerta per incrementare ulteriormente fino al 2030, ma senza grandi stravolgimenti. Infatti, non è nostra intenzione introdurre nuove selezioni nel nostro assortimento, ma ci focalizzeremo sullo sviluppo e promozione delle attuali mele club.
Chiaramente continueremo a monitorare le novità che si palesano dal miglioramento genetico, ma allo stato attuale è più importante calibrare la strategia in funzione dei quantitativi e del posizionamento preventivati. Per quanto ci riguarda abbiamo 4 punte di diamante, ovvero, CosmicCrisp®, envy™, Ambrosia™ e Kanzi® per le quali i quantitativi saranno interessanti e potranno ritagliarsi spazi importanti in Italia e all’estero con continuità. Invece Kissabel®, SweeTango™ e yello® sono novità interessanti per un mercato di nicchia.
Pattuelli - Come gestirete i diversi canali? In particolare, che scelte farete fra discount e supermercati? Si arriverà a concedere varietà in esclusiva alla singola catena?
Pinzger - Non esiste una risposta generalizzata, ma esiste una strategia specifica per ogni situazione. Per esempio, è chiaro ed evidente che per un progetto di nicchia dal posizionamento premium la collaborazione col discount potrebbe essere la strada sbagliata. Parimenti, in questo caso, è più efficace inserirsi nella MDD del distributore, come abbiamo fatto con yello nella linea “Fior Fiore” di COOP Italia. Così facendo veicoliamo questa varietà di nicchia all’interno di una linea d’alta gamma già nota nel consumatore.
Nel caso di nuove varietà che avranno una diffusione più ampia, occorre segmentare su confezione e calibro in base al canale. Per quanto riguarda il tema della varietà in esclusiva alla singola insegna, anche in questo caso è difficile generalizzare. Sicuramente con un prodotto di nicchia si hanno dei vantaggi in termini di gestione dei volumi, però, con una offerta di 70 nuove varietà, si corre il rischio che il cliente si faccia tentare da altri concorrenti. Magari una decina di anni fa, con minor competizione, poteva essere una strategia valida ma adesso potrebbe essere troppo rischiosa.
Pattuelli - Crede che andranno trovate nuove chiavi di segmentazione all’interno dello scaffale?
Pinzger - Partiamo dal presupposto che da un lato dobbiamo fornire ciò che il mercato ci richiede e dall’altro dobbiamo cercare di prevedere cosa vorrà il consumatore in futuro. Sappiamo con certezza che l’acquirente di mele è abitudinario, soprattutto in Italia, quindi, non ci saranno stravolgimenti nel breve periodo.
Sicuramente la Red Delicious continuerà a perderà quote che verranno guadagnate, con buona probabilità, dalle nuove varietà più in linea con i gusti dei consumatori più giovani, mentre la Golden rimarrà ancora la varietà di riferimento. Dal nostro punto di vista il sapore deve essere la nostra stella polare, a patto che la varietà sia veramente distintiva e i progetti che abbiamo costruito con alcune catene (vedi Saporeria) stanno dando risultati interessanti, ma è difficile avere un approccio univoco, soprattutto in Italia.
Pattuelli - Per quale motivo?
Pinzger - In primo luogo, in Italia, c’è una marcata frammentazione a livello distributivo, tant’è che alcune catene regionali performano alla grande, anche meglio di quelle nazionali in determinate aree; in seconda battuta è un grande Paese produttore di ortofrutta, quindi, l’insegna deve tener conto dei prodotti e fornitori locali per attirare il consumatore. Difatti, la competizione è molto accesa e bisogna essere reattivi nei confronti della concorrenza rispondendo colpo su colpo. In altri mercati che serviamo è tutto un altro mondo. Per esempio, con un nostro cliente danese abbiamo recentemente programmato tutta la campagna melicola (assortimenti, volumi, promo ecc.) da qui a luglio 2024 e per esperienza sappiamo già che il margine d’errore sarà del 2-3%.
Ma questo è fattibile in uno stato, come la Danimarca, dove la GDO è concentrata e per l’ortofrutta non si può prescindere dalle importazioni, quindi la programmazione è fondamentale. In Italia non può essere così e con il cambiamento climatico gestire le diverse campagna sarà sempre peggio, tant’è che non invidio i buyer italiani a fare il loro lavoro. Sicuramente i progetti si svilupperanno sempre di più in un’ottica di category management dove il prezzo è una componente, sicuramente importante, ma non sarà l’unica. Gli aspetti legati al servizio, infatti, stanno acquisendo una rilevanza crescente. Di base, bisogna rispondere alle diverse esigenze senza indugi, con precisione e puntualità. È nostro dovere garantire una referenza di qualità, distintiva, disponibile nei calibri e confezioni adatte a quel canale e per un determinato lasso di tempo (promozione comprese). Riguardo alle modalità di vendita siamo ben disponibili a supportare i retail nelle loro progettualità con la nostra expertise.
Pattuelli - Chiudiamo con l’attualità. Le previsioni produttive in Europa sono al ribasso, ma allo stesso tempo c’è preoccupazione per le tensioni geopolitiche in Medioriente. Che campagna sarà?
Pinzger - Mi sento abbastanza ottimista e vi spiego il motivo. Senza dubbio la situazione in Egitto, che è il mercato extra UE più importante per le mele italiane, sarà complicata da gestire, ma già nell’ultimo anno c’è stato un forte ridimensionamento legato a problematiche interne al Paese. Allo stesso tempo, il mercato del prodotto da industria è molto pimpante, trainato dai rialzi del concentrato d’arancia a livello mondiale che è cresciuto del 115% in 12 mesi.
Attualmente, infatti, il succo di mela costa il 30% in più dell’anno scorso e può essere a buon ragione una buona alternativa per le mele collocate in Egitto. Inoltre, la Polonia, che è il più grande produttore di mele europeo con circa 4 milioni di tonnellate, in un anno normale destina mediamente fra il 50-60% del raccolto all’industria. Quest’anno, probabilmente crescerà anche al 70%, in un contesto europeo di contrazione dei volumi. Quindi i presupposti per fare bene, ci sono tutti.