Il meglio di IFN
Volumi e controcifre, le metastasi dell’ortofrutta
Solo “meno ma meglio” può aumentare il valore
Avete letto bene, metastasi, perché il tumore originario del nostro settore è l’incapacità di creare valore mentre i tumori derivati, le metastasi appunto, sono - da una parte - la continua ricerca di maggiori volumi grazie all’aumento della produttività, massa tumorale generata soprattutto dai produttori, e - dall'altra - l'aumento della pressione promozionale per il terrore della controcifra, cancro che colpisce soprattutto i distributori. Queste due piaghe fanno prendere ad entrambi gli attori decisioni scellerate che, peraltro, hanno effetti negativi sinergici sul sistema, proprio come le metastasi sul corpo dei malati.
Parliamo ancora di aumenti di produttività e problemi di controcifre quando negli acquisti le persone usano il bilancino da gioielliere tarato sulla soddisfazione, mentre noi vorremmo pesare i nostri prodotti con la stadera, magari un po’ truccata. Nell’era della miniaturizzazione, anche del cibo, lavoriamo sugli sconti quantità e sui formati famiglia. Così gli smartphone top di gamma sono irrinunciabili già a 15 anni, mentre la frutta a 3 euro al kg è troppo cara per i più. Queste brevi considerazioni sono sufficienti a farci capire che la curva dell’esperienza basata su incremento dei volumi, ottimizzazione del rapporto qualità/prezzo, drenaggio della controcifra e promozioni sulla stagionalità è nella sua fase discendente e, come una stella cadente, presto esaurirà la sua già fievole luce.
Non siamo capaci di alzare il prezzo medio dei nostri prodotti se non quando costretti dall’aumento dei costi ma rimaniamo sgomenti che i nostri clienti finali non ce lo vogliano riconoscere. Se non aumenta il valore dal loro punto di vista perché mai dovrebbero essere contenti? Non sono felici nemmeno per gli aumenti del prezzo dell’energia – ma di questa non possono fare a meno - mentre dell’ortofrutta si, grazie a una sfilza infinita di succedanei di ogni tipo, spesso più attraenti, alla faccia dei nutrizionisti e dell’OMS.
Completamente accecati nella contingenza dall’aumento dei costi, stiamo pensando di aumentare ancora la produttività per porre rimedio alla crisi da costi, non paghi dei disastri combinati negli ultimi venti anni, dove le crisi di sovra produzione hanno nettamente surclassato i momenti di carenza. Parimenti, i distributori si stanno attrezzando per scongiurare la controcifra che dalla primavera li investirà per effetto dell’inflazione misurata l’anno scorso. La strategia di cui sento parlare, però, è aumento dei volumi grazie a maggiore promozionalità e offerte. Ma per quali clienti? Quelli che comprano due banane anziché tre per non generare scarti o che fanno la spesa tre volte alla settimana anziché due per ottimizzare gli acquisti sui consumi?
Non è questa la strada, è tempo di cambiamenti di paradigma, di fare un’operazione di Re-Marketing come diciamo in gergo tecnico, ovvero di modificare completamente l’approccio al mercato, coinvolgendo tutti gli aspetti. A questa OPERAZIONE REMARKETING dedicheremo il volume Think Fresh 2023 che presenteremo a Rimini il 2 maggio prossimo, convinti che questa sia la strada per un recupero duraturo di competitività del comparto.
A nostro avviso, infatti, dobbiamo accettare che, almeno nel nostro paese - fra quelli a più alto consumo pro-capite di ortofrutta - aumentare i consumi a quantità sia difficilissimo e, forse, possibile solo alzando in modo percepibile la qualità gustativa di frutta e verdura sulla massa dell’offerta, non sulle nicchie. Significa selezionare di più e meglio, usare l’industria quando il prodotto non è idoneo, ecc.; ma questo si può fare solo alzando i prezzi e, data la situazione, riducendo per forza i volumi. So che ai più questo suonerà come un’eresia e non voglio convincerli ma porto all’attenzione di tutti solo un piccolo esempio del prodotto simbolo della nostra dieta, la pasta. Perché mai Barilla, marca leader con una quota di mercato dell’ordine del 30%, ha lanciato in pompa magna la linea trafilata "al bronzo” che viene venduta allo stesso prezzo di quella normale ma in una confezione che pesa il 25% in meno (400 gr anziché 500 gr)? Se volessero aumentare i consumi di pasta anziché qualificarli, accettando però una riduzione dei volumi, la strategia non vi sembrerebbe almeno strana?