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Cavoli, che assortimenti!
Le brassicacee invadono il reparto ortofrutta: fino a 21 referenze, 10 tipologie e strategie differenziate
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Come ben sappiamo, la famiglia delle Brassicacee comprende un'ampia varietà di ortaggi, con cavoli e broccoli tra i più rappresentativi. Negli ultimi anni, però, anche altri prodotti hanno guadagnato sempre più consenso tra i consumatori e, quindi, spazio nei negozi.
Ciò che accomuna questi prodotti è il loro interessante profilo nutrizionale, un aspetto che, grazie anche al ruolo dei media, ha contribuito a creare un'immagine positiva tra i consumatori. Alcune referenze in vendita, infatti, sono ormai riconosciute come superfood. Tra i migliori esempi troviamo il cavolo nero e il broccolo, apprezzati soprattutto per il loro contenuto di antiossidanti e vitamine, ma in generale tutte le brassicacee hanno un percepito positivo che, insieme a infinite possibilità in termini di ricettazione, ha veicolato le vendite, tanto da meritare assortimenti profondi e ampi spazi negli scaffali della Gdo.
Il periodo invernale è quello di massima esplosione degli assortimenti, per tale motivo IFN ha condotto a fine gennaio un’analisi su cinque punti vendita di altrettante insegne nella piazza di Parma, per avere una fotografia di come i distributori puntano sulla categoria delle brassicacee.
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L'analisi delle referenze per tipologia di ortaggio evidenzia strategie differenti tra le insegne, non sempre legate alla dimensione del punto vendita. Coop ed Esselunga, ad esempio, offrono un assortimento più ampio, con 20-21 referenze, mentre Pam, Conad e Lidl si attestano tra 8 e 12. In particolare, è chiara la volontà di Pam di voler fornire un servizio snello, con una prestazione per le principali tipologie di ortaggio per la categoria.
Alcuni prodotti sono presenze fisse sugli scaffali, come cavolfiore bianco, broccolo, cavolo cappuccio e verza, senza dimenticare cavolo nero e cime di rapa, come prodotti più ricercati. Altri, invece, hanno una distribuzione più frammentata e vengono proposti in modo più selettivo, come le rosette colorate, i cavolini di Bruxelles e i cavolfiori in varianti cromatiche diverse dal classico bianco.
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Analizzando il numero complessivo di referenze rilevate per tipologia di ortaggio, spiccano in particolare il broccolo e il cavolo cappuccio, seguiti dal cavolfiore bianco e dalle cime di rapa. Queste ultime, tradizionalmente legate alla cucina del Sud Italia, stanno guadagnando popolarità anche al Nord, dove vengono proposte con diverse varianti in tre punti vendita su cinque.
Un trend simile riguarda anche il cavolo romanesco, il cavolo nero e i cavolini di Bruxelles, confermando come certe referenze siano ormai presenze fisse negli assortimenti.
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L'analisi della modalità di vendita mostra un rapporto tra sfuso e confezionato diverso rispetto alle categorie frutticole precedentemente esaminate, dove le referenze sfuse rappresentano in media il 25% dell’assortimento.
Nel caso delle Brassicacee, invece, la tendenza è più orientata verso lo sfuso, che arriva a coprire il 54% delle referenze complessive. Le strategie variano tra i diversi retailer: alcuni, come Pam, puntano maggiormente sullo sfuso (75% delle referenze), mentre altri, come Esselunga, mantengono una quota più alta di confezionato, con solo il 38% delle referenze vendute sfuse.
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Lo spazio dedicato segue fedelmente la numerica di referenze, con una quota molto simile tra sfuso e confezionato nelle diverse insegne.
È interessante notare come, in generale, lo spazio attribuito alla categoria sia abbastanza ampio, ma, in considerazione delle numeriche espresse, quello attribuito mediamente a una singola referenza è decisamente inferiore alle categorie frutticole nel periodo di piena stagione.
Questa tendenza è comune nella Gdo, dove si privilegia l'esposizione dei prodotti a maggiore acquisto d’impulso, riducendo lo spazio per quelli a scelta più programmata. In questo contesto, la frutta viene generalmente considerata più efficace nello stimolare acquisti spontanei rispetto alla verdura, influenzando così le strategie di esposizione, come – ad esempio – il posizionamento all’inizio del reparto o la sovraesposizione in termini di spazio.
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Sul fronte delle confezioni, per le brassicacee domina sicuramente il flowpack o il prodotto filmato, accomunati da un pack essenziale, ma protettivo e completamente trasparente. La vaschetta, insieme al vassoio, sono la seconda tipologia di confezione più utilizzata, principalmente per i prodotti biologici o per referenze più di servizio. Non mancano i sacchetti o le buste, utilizzati anche questi spesso per prodotti servizio.
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L’analisi delle logiche di segmentazione evidenzia una forte presenza di prodotti generici, privi di un brand specifico comunicato, mentre la MDD copre solo un numero limitato di prestazioni. Il biologico è presente in quattro negozi su cinque, generalmente con prodotti a marchio del fornitore e, in un caso, anche con MDD.
Abbiamo considerato la prima gamma evoluta – ovvero referenze con un livello di servizio superiore rispetto alla prima gamma standard – come una logica di segmentazione. Pur non essendo tassonomica rispetto alla segmentazione per brand (in questi casi il marchio, se presente, non risulta predominante), è evidente la percezione del valore in termini di servizio al cliente.
In generale, si conferma una strategia essenziale per Pam, Conad e Lidl, che puntano principalmente su prodotti senza brand specifici, mentre Coop ed Esselunga adottano una segmentazione più articolata, supportata da una gamma più ampia di referenze.
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Chiudiamo l’analisi con uno sguardo ai prezzi, concentrandoci sui prodotti “mainstream” – ovvero quelli di prima gamma standard, sia sfusi che confezionati – che rappresentano circa il 60% delle referenze rilevate. Le referenze biologiche e quelle con un maggiore livello di servizio, come la prima gamma evoluta, presentano fasce di prezzo molto diverse, con picchi talvolta anomali, anche superiori ai 10 euro al chilo, che avrebbero distorto l’analisi.
Tra i prodotti più diffusi, il cavolo cappuccio e il cavolo verza registrano i prezzi medi più bassi, attestandosi poco sopra i 2,50 euro al chilo, con una variabilità limitata. Il broccolo, il cavolo romanesco e i cavolfiori colorati, invece, mostrano prezzi medi più elevati, intorno alla fascia dei 3 euro al chilo, con una certa oscillazione nel caso del broccolo, che segna anche il prezzo massimo rilevato (3,96 euro al chilo). Infine, il cavolfiore presenta una discreta variabilità di prezzo, con un range piuttosto ampio che va da 1,38 a 2,99 euro al chilo. (gc)
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Ha collaborato Giampaolo Ferri.
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