Economia
Trump dà il via alla politica protezionistica. Come mettere in sicurezza l’ortofrutta italiana
Via alla prima fase, con Canada, Messico e Cina già sulla graticola. Rinnovate le minacce all’Europa
Detto fatto. Trump ha mantenuto le promesse e alla fine della scorsa settimana ha dato il via alla politica protezionistica urlata ai quattro venti durante la compagna elettorale. Si parte dai paesi che gli danno più grattacapi, vuoi per questioni di droga, nel caso del Canada, vuoi per l’immigrazione irregolare, dai confini con il Messico, vuoi per la concorrenza che generano ai prodotti americani, auto elettriche in testa, come nel caso della Cina. Non contento, parlando con i giornalisti dall’ufficio ovale, Trump ha evidenziato però che anche l’Europa si è comportata male con l’America, citando i prodotti agricoli oltreché le auto, e per questo sarà colpita dalla scure del MAGA.
Di fronte a tanta determinazione, non potendo leggere nella sfera di cristallo quanto dei ringhi del Tycoon si trasformerà in morsi sanguinolenti, il sistema economico a livello globale è già entrato in una fase difensiva che va ad appesantire ulteriormente il commercio internazionale, già debilitato dalle guerre e dai problemi energetici. Parafrasando con la meteorologia, all’orizzonte è apparsa la linea nera del cumulonembo. Per il sistema ortofrutticolo arriverà solo vento, un breve ma intenso temporale o un uragano assassino? Al di là dei tanti e contrastanti scenari che stanno proponendo accreditati economisti e politologhi di lungo corso, a mio avviso la previsione è quanto mai complessa, per cui siamo più nel campo dell’incertezza che del rischio, ma, come sa chi va a vela, la miglior strategia quando anche solo si preannuncia una tempesta è starne il più lontano possibile - idealmente nella taverna del porto - che equivarrebbe, ritornando all’ortofrutta, a rifugiarsi sul mercato interno.
Sappiamo molto bene, però, che ciò non è possibile per molte ragioni e, come capita alla maggior parte dei naviganti, dobbiamo prepararci ad affrontare il maltempo in mare - per noi sul mercato - prima di tutto rafforzandoci proprio su quello interno, che diverrà però più attrattivo anche per tutti i nostri partner europei, Spagna e Grecia in testa, ma anche per quelli extra UE più prossimi, come Egitto, Marocco e Turchia, su cui non è detto che non arrivino gli strali di Trump, in ragione delle alleanze politiche ed economiche che hanno in atto con i “nemici” degli USA.
Se l’export italiano è nel complesso a rischio, visto che nel 2023, oltre la metà del surplus commerciale italiano, al netto dell’import di energia, è relativo agli scambi con gli Stati Uniti. Si tratta di oltre 50 miliardi, che potrebbero subire un contraccolpo negativo fra 4 e 7 miliardi. L’export alimentare, in questo ambito, è importante ed è cresciuto nei primi dieci mesi del 2024 del 18%, secondo solo alla farmaceutica.
Se passiamo all’ortofrutta, invece, il nostro export con gli Stati Uniti non è così importante, considerando che vale poco più di 20.000 tonnellate (0,6% del totale e 3% dell’extra Ue) ed è in progressiva riduzione anche da prima del ritorno di Trump, come di può evincere dalle tabelle seguenti.
Sono però gli effetti a catena delle politiche protezionistiche del neo presidente a preoccupare, visto che è di ieri la ritorsione del Canada, che ha già annunciato un analogo dazio del 25% alle merci americane in arrivo. Si rischia un effetto domino dai confini imprevedibili.
Ecco che, di fronte a questa possibile escalation, che ci auguriamo non si verifichi, forse varrebbe la pena di rinsaldare il legame dell’ortofrutta italiana con il nostro agroalimentare più nobile, vino e formaggi in testa, visto che vanta un primato riconosciuto in Europa, a partire dalla Germania e dalla Francia, che sono i nostri due mercati più importanti anche per l’export di ortofrutta. È di questi giorni la notizia che la mozzarella di bufala campana IGP, prodotto vanto dell’Italia sul mercato americano, ha già varato per il 2025 un massiccio piano di marketing in Europa con cui rafforzare la sua posizione, a partire dal mercato francese, su cui è divenuta in tempi recenti una celebrità.
Fino al Covid la globalizzazione pareva essere la panacea ai mali dell’ortofrutta italiana. Nel dopo pandemia, sia per i cataclismi prima citati che per l’effetto delle nuove tendenze in materia di sprechi e inquinamento, “l’oltremare” ha perso di smalto, almeno per l’ortofrutta, diventato più una necessità che un’opportunità, soprattutto per alcuni prodotti specifici, come le mele rosse di piccolo calibro.
Ho la sensazione che, parimenti, non abbiamo presidiato tutte le opportunità di qualificazione della nostra offerta in Europa. Il pomodoro parla italiano nel vissuto dei consumatori di tutto il mondo ma Spagna e Olanda dominano il mercato. Potrebbe essere l’occasione per rivalutare il nostro approccio? A vuoi l’ardua sentenza.