Aggregazione, sì ma come ultima spiaggia

Mentre Zespri festeggia il venticinquennale, in Italia sul tema ancora si tentenna

Aggregazione, sì ma come ultima spiaggia

I frutticoltori neozelandesi si accingono a celebrare degnamente le nozze d’argento del Kiwifruit Industry Restructuring Act dell'ottobre del 1999, che ha poi portato alla nascita di Zespri, mentre nel nostro paese le aggregazioni di prodotto proseguono ancora a rilento, più figlie delle necessità che della convinzione. Dopo oltre trent'anni di attività professionale in questo settore, mi bastano infatti le dita di una mano per contare le aggregazioni realizzate in Italia capaci di portare valore a un intero comparto produttivo, mentre non mi basterebbe un taccuino per quelle che hanno tolto le castagne dal fuoco a imprese in difficoltà.  

Trent'anni fa i prouttori neozelandesi erano nelle stesse condizioni in cui versano oggi i nostri: offerta frammentata di fronte a un mercato – quasi esclusivamente d’esportazione per i produttori dell’emisfero Sud – relativamente concentrato. Ad aggravare il quadro, questa volta senza distinzione fra Nord e Sud, la fungibilità del prodotto, che – seppur conservabile – ha una sfilza infinita di possibili succedanei, assolutamente indifferenti per le catene della distribuzione, salvo si manifesti una marcata predilezione dei loro clienti verso il prodotto in questione, operazione però molto difficile da realizzare senza marca e comunicazione.

In aggiunta, va detto che questo quadro, seppur con sfumature diverse, vale per tutte le produzioni ortofrutticole. Malgrado ciò, i nostri produttori preferiscono rimanere autonomi, al massimo aggregati in piccole imprese che esprimono quote risibili dell’offerta del mercato rilevante (quello dove possono essere sostituiti con altri offerenti con poca difficoltà) e, anche nei pochi casi in cui le aggregazioni risultano significative, rimane sempre la spada di Damocle della sostituibilità del prodotto sul mercato terminale, che si può ridurre solo fidelizzando i consumatori a un prodotto brandizzato. 

Seppur in un percorso di assoluto successo, nemmeno i produttori neozelandesi sono rimasti indenni da quest’ultimo effetto, quando - fra il 1992 e il 1993 – l’allora New Zealand Kiwi Fruit Marketing Board fissò prezzi troppo alti rispetto alla recettività del marcato e mandò il settore in crisi, obbligando la ristrutturazione dello stesso con la nascita di Zespri e l’avvio di una consistente politica di marca.

Anche in Nuova Zelanda è stato necessario un intervento pubblico per riorganizzare il settore ed è vero che la cultura anglosassone dei marketing board risale alla fine degli anni ‘20, mentre nel nostro paese lo strumento privilegiato per aggregare la produzione agricola è stata la cooperazione, prima, e l’associazionismo, poi, con le Organizzazioni dei produttori (Op), su cui si è incentrata la politica agricola comunitaria.

Dal 2017, però, con l’adozione del Regolamento UE 2393, più noto come Omnibus, le possibilità di realizzare aggregazioni rilevanti sono aumentate anche da noi, garantendo operatività coordinata in Op o Aop anche a imprese di differente tipologia, in deroga all’art. 101 del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europa (accordi fra imprese). 

Malgrado ciò e nonostante le necessità impellenti di interi comparti ortofrutticoli frammentati, in grande difficoltà di fronte a una distribuzione sempre più aggregata, nel nostro Paese si preferisce invocare l’intervento pubblico per far applicare prezzi al di sopra dei costi di produzione (sebbene, anche fosse la strada giusta, nessuno sappia come determinarli con la necessaria capillarità), piuttosto che perseguire con decisone lo sviluppo di organizzazioni rilevanti in grado di sviluppare il mercato, fidelizzando i consumatori finali con adeguate politiche di marca.

Che dire, complimenti e auguri agli agricoltori di Zespri.

Foto in apertura tratta dal sito https://www.zespri.com/it-IT/growers