Riccardo Martini (Tramaco): «Il clima influenza l’import in Italia; tante patate, cipolle e agrumi»

Nei porti italiani occorre però velocizzare le operazioni per i controlli fitosanitari

Riccardo Martini (Tramaco): «Il clima influenza l’import in Italia; tante patate, cipolle e agrumi»

Riccardo Martini, amministratore delegato di Dcs Tramaco, descrive a IFN una fase dell’import nazionale molto vivace a causa delle condizioni climatiche e delle difficoltà di approvvigionamento interno a causa dell’alluvione che ha colpito la Romagna il maggio scorso.

Angelica - Il 2023 finora è stato un anno molto vivace per l’import via mare di ortofrutta. Quali sono le sue considerazioni?

Martini - l’imprevedibilità del clima, i cui cambiamenti sono sotto gli occhi di tutti, sta influenzando sempre più le produzioni europee. Ad esempio, l’estate torrida e siccitosa, che ha riguardato anche Paesi del Nord Europa, come Francia, Germania, Olanda e Belgio, ha impattato negativamente su raccolti tradizionali di quei paesi, come le patate e le cipolle. Allo stesso modo, il clima caldissimo del Sud Europa ha causato grossi problemi ai raccolti di arance, sia in Spagna che in Italia. La carenza di questi prodotti si è particolarmente evidenziata in primavera, obbligando i commercianti europei a rivolgersi a quei paesi che dispongono di prodotto fresco in quel periodo, e cioè Egitto ed Israele. Di questo hanno beneficiato i porti italiani ben collegati con l’East Med.

Angelica - Tramaco ha una tradizione di lunga data per quanto riguarda l’import di ortofrutta sul porto di Ravenna. Quest’anno, proprio nel periodo clou, c’è stata l’alluvione. Come avete vissuto quest’evento?

Martini - Il Porto di Ravenna non ha bisogno di presentazioni. Da decenni rappresenta un approdo sicuro per i prodotti deperibili, grazie ad un efficiente sistema di servizi amministrativi e di controllo che permettono la veloce rispedizione dei carichi di ortofrutta. Purtroppo, durante il picco di arrivi c’è stato un evento imprevedibile e disastroso come l’alluvione, che ha fermato tutte le operazioni e i trasporti per una settimana. Questo ha condizionato l’operatività anche per le settimane successive, perché i grossi lotti di merce che continuavano ad arrivare in porto si sono trovati davanti centinaia di container pieni accumulati nei giorni dell’alluvione, a causa dell’impossibilità di svuotarli, analizzarli, sdoganarli e rispedirli. Questi ritardi si sono purtroppo tramutati in impreviste extra spese per gli importatori, ma devo dire che la maggior parte di questi ha compreso il dramma che si stava consumando nel nostro territorio e l’eccezionale sforzo che stavamo facendo per limitare quanto possibile i danni, facendoci sentire la loro vicinanza e solidarietà.

Angelica - Quasi tre anni fa Tramaco, in piena pandemia da Covid, ha preso in gestione i magazzini refrigerati di Porto Marghera. Un intervento a suo tempo considerato rischioso da molti, visti anche i risultati delle precedenti gestioni. Qual è l’esito dell’operazione?

Martini - Direi più che soddisfacente. La nostra piattaforma logistica sul Porto di Venezia ha consolidato in questi primi 8 mesi del 2023 gli ottimi risultati del 2022, in cui abbiamo raggiunto l’equilibrio economico, con un anno di anticipo rispetto al piano industriale. Venice Cold Stores è diventata per gli esportatori di ortofrutta egiziani, israeliani e ciprioti, così come per gli importatori italiani ed europei, una sicura ed affidabile opzione, in aggiunta ai tradizionali porti del Nord Adriatico. Questa primavera VCS ha beneficiato della forte richiesta europea di patate, arance e cipolle, di cui parlavamo prima e questi prodotti per molti mesi hanno saturato le nostre celle frigo, la cui capacità è comunque di circa 7.000 pallet. La nostra struttura è diventata inoltre un punto di riferimento per gli esportatori polacchi, che stoccano le mele a Venezia per poi farle ripartire, una volta containerizzate, verso Egitto, Israele, Giordania e tutto il Middle East, guadagnando parecchi giorni di transit time, rispetto ai servizi dai porti polacchi del Mare del Nord.

Angelica - Il periodo estivo si caratterizza dall’importazione, soprattutto attraverso i porti del Tirreno, della frutta che origina nell’emisfero sud. - Molti importatori italiani però continuano a farsi mandare la frutta nei porti del Nord Europa, per poi portarla via terra in Italia. Come se lo spiega?

Martini - Questo succede soprattutto per frutta da centro e sud America e i motivi, a mio parere, sono due: sul primo c'è poco da dire. I porti del Nord Europa sono ben collegati da molti servizi diretti e con transit time molto brevi. Questo, soprattutto per la qualità della frutta esotica, può fare la differenza. Sull'altro motivo è il sistema logistico italiano che deve fare mea culpa. Il tempo di uscita dal porto di un container di frutta soggetto a controlli ed analisi fitosanitarie è decisamente più lungo nei porti italiani che in quelli nordici, dove in 24/48 ore la merce è sdoganata. Da anni ciclicamente viene promesso il rafforzamento degli organici dei nostri uffici di controllo e dei relativi laboratori, ma la realtà è quella che abbiamo toccato con mano questa primavera in alcuni porti italiani. È bastato un po’ di traffico in più del normale, che dovrebbe essere il benvenuto, per ritardare le ispezioni fitosanitarie anche di una settimana. Questo si traduce in migliaia di euro di extra spese per demurrage e plugging, a tutto danno degli importatori italiani. Questi maggiori costi ovviamente incidono sul costo finale del prodotto e poi ci si lamenta che l’ortofrutta al mercato sia cara.

Nella foto d'apertura Riccardo Martini e Paolo Triossi