Think Fresh 2025: l'aggregazione fra colpi di fulmine e ripensamenti

A condurre il gioco è ancora la necessità più che la convinzione

Think Fresh 2025: l'aggregazione fra colpi di fulmine e ripensamenti

L’aggregazione è stata l'ossessione della mia vita professionale nel mondo dell’ortofrutta fresca e rischia di rimanere tale, senza aver visto, in tanti anni di lavoro, un progresso deciso e convinto nel sistema. Negli ultimi 25 anni, ho osservato e seguito alcuni casi di successo, ma restano ancora eccezioni che confermano la regola che in questo comparto ci si allea più per necessità che per convinzione. Anche nell’industria e nella distribuzione alimentare i processi sono stati dettati dalla necessità, ma di essere più competitivi, come nel caso dei 18 soci di Selex, il gruppo della DO oggi ai vertici della Distribuzione moderna nazionale, o di accedere a nuovi mercati, come nel caso della recente alleanza fra Grandi Salumifici Italiani, gruppo a matrice cooperativa, e Rovagnati, storica famiglia della salumeria, e non dalla necessità di trovare un porto sicuro per una delle due parti in causa, perché i conti non tornano più e il rischio è di non sopravvivere, che è stata la vera spinta nella maggior parte dei processi aggregativi avvenuti nell’ortofrutta fresca.

E dire che da qualche anno è venuto anche meno l’alibi del non poter mettere insieme imprese di diversa astrazione e natura giuridica, grazie ai disposti del Regolamento UE 2393 del 2017, meglio noto come Omnibus che tra l’altro, infatti, disciplina, grazie a OP e AOP, accordi fra imprese, diversamente vietati. Ma a dominare le buone ragioni per non aggregarsi sono sempre le differenze specifiche e non le analogie generali che suggerirebbero di farlo e, anche nei processi in atto, ogni tappa è più sofferta della precedente, anche quando i risultati sono positivi. Qualche colpo di fulmine, che – a questo punto - pare più d’interesse che di slancio amoroso, viene sopito da controindicazioni speciose, figlie della mancanza di convinzione che stare insieme, seguendo regole condivise, sia meglio che procedere da soli nella più totale libertà che, però, sarebbe più corretto chiamare anarchia, anche perché i risultati dei singoli sono modesti, quando non appena sufficienti, e nessuno eccelle.

Pare quasi che essere più forti, competitivi, organizzati e, anche, più ricchi non interessi se va a scapito della libertà di muoversi a piacimento nel proprio orticello, per quanto piccolo e malandato possa essere. La ridotta dimensione di scala delle nostre imprese è stata il principale limite a sviluppare ricerca in campo varietale - tanto che dipendiamo dai brevetti di altri per la stragrande maggioranza dei prodotti – oltre che di accesso diretto ai mercati internazionali, dove abbiamo più il ruolo di speditori che di esportatori, per la mancanza di basi in loco e masse critiche sul fronte logistico. Non stiamo imparando la lezione nemmeno ora che - a seguito dei cambiamenti climatici - senza genetica non si produce e, senza un ampio ventaglio di mercati di destino, Trump docet, non si resta in equilibrio.  Infine - ma al primo posto per ordine d’importanza – ci manca la rilevanza nei vari prodotti per “fare mercato” anche dove, in temini assoluti, godremmo ancora di leadership in termini di dimensione dell’offerta complessiva, come nel caso dell’uva da tavola e del kiwi.

Inoltre, tocca ricordare che il quadro in cui si inserisce la frammentazione dell’offerta è destinato a peggiorare nell’immediato futuro anche nel nostro orticello nazionale, e questo per effetto dell’aggregazione in atto nei Gruppi distributivi che, progressivamente, alzano l’asticella e riducono il numero di fornitori pur aumentando le referenze. Inoltre, proprio la debolezza della controparte produttiva dispersa e non coesa, fa sì che basti un retailer che decida d’improntare la comunicazione della convenienza su una particolare categoria, perché sia seguito a ruota da tutti gli altri, facendo così crollare la profittabilità lungo tutta la filiera, come accaduto per le banane in Germania e per la IV gamma in Italia.

A Think Fresh 2025, il prossimo 5 maggio al Grand hotel di Rimni,  misureremo lo stato dell’arte sul tema, con particolare riferimento allo scenario distributivo nazionale nei prossimi 5 anni, che si preannuncia particolarmente dinamico e che rischia di mettere ancor più in difficolta in termini competitivi il nostro frammentato sistema produttivo e commerciale. Da non perdere.

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