Frutta: l’avanzata del confezionato è frenata da pere e drupacee

Viceversa, il peso imposto si impenna per frutta esotica e uva

Frutta: l’avanzata del confezionato è frenata da pere e drupacee

In questa terza uscita dedicata all’analisi del peso imposto in ortofrutta, approfondiamo ulteriormente il livello di dettaglio. Rispetto all’ultima pezzo, in cui abbiamo esaminato l’evoluzione delle quote nello spaccato tra frutta e verdura di prima gamma (Clicca qui per approfondire), passiamo ora al setaccio lo sviluppo del confezionato con quantità prestabilita nelle singole specie o categorie frutticole.
Come abbiamo visto, nel 2023 la frutta registra una quota di peso imposto inferiore di oltre 11 punti rispetto alla verdura. Questo deriva dalla diversa natura dei prodotti, meno adatti al confezionamento con quantità fissa per le grandi dimensioni medie dei frutti, tipiche di molte specie. Tuttavia, nel corso degli ultimi 8 anni, la quota del peso imposto, come approssimazione del confezionato, è comunque aumentata di 6,5 punti. Come evidenziato nello scorso articolo, è opportuno sottolineare che ai dati di vendita sfugge – in ogni caso - quella quota di prodotto a peso variabile confezionato che, in certe categorie, incide in modo consistente (come nelle banane).

Tuttavia, tra il 2022 e il 2023, la quota di peso imposto nella frutta fa un piccolo passo indietro (da 33,7% a 32,9%), e dall’analisi sulle singole categorie si intravedono alcune delle cause. Per rendere più leggibile l’approfondimento, abbiamo separato i principali prodotti, dividendo quelli con una quota di peso imposto superiore alla media della frutta nel 2023 a volume (32,9 arrotondato al 33%) da quelli con quota inferiore.
Se escludiamo i frutti di bosco, che da sempre sono totalmente a peso imposto, al primo posto come quota troviamo le fragole: la dimensione ridotta dei frutti, unita alla delicatezza di questi (elementi estremizzati nei frutti di bosco), rendono il confezionato a peso imposto la modalità di vendita principe (92% nel 2023) e, oltretutto, sostanzialmente costante nella serie storica considerata (94% nel 2016). Seguono le ciliegie (85%), con caratteristiche molto simili alle fragole, ma con una crescita importante della quota del peso imposto negli anni (+25 punti, nel 2016 era al 60%) e un balzo importante tra 2022 e 2023 (+8 punti). È evidente l’abbandono sempre crescente della vendita sfusa, che - nel libero servizio - porta a “marmellate” di ciliegie sugli scaffali, con un palese effetto negativo della tenuta dei banchi a livello estetico.
Veniamo agli agrumi: limoni, arance e clementine-mandarini hanno elevate quote di peso imposto (rispettivamente 74%, 66% e 41%), abbastanza costanti negli anni (solo clementine e mandarini si discostano un po' da queste tendenze, con una quota 2023 ancora bassa); la predisposizione per questa modalità di vendita è legata sia dalla dimensione dei frutti sia alle tipologie prevalenti delle confezioni (prettamente reti), che agevolano ulteriormente nella “egalizzazione” del peso.

Passiamo ora alle categorie in cui la quota di peso imposto è aumentata di più: la frutta esotica è certamente la prima, difatti - grazie all’evoluzione degli assortimenti che hanno privilegiato il confezionato, ma anche alla vendita a pezzo (vedi avocado) – si registra una crescita di ben 37 punti, passati da un 13% del 2016 al 50% nel 2023. Segue l’uva, con una crescita di 20 punti dal 2016 (22%) al 2023 (42%). In questo caso, l’arma vincente è stata lo sviluppo delle uve confezionate senza semi, italiane o estere, anche grazie alle MDD premium. Poi, anche albicocche e kiwi registrano una discreta crescita (+15 punti per il peso imposto), passando da un 36% e 32% (rispettivamente) per il 2016, a un 51% e 47% nel 2023, anche se per le albicocche si è registrato un passo indietro rispetto al 2022 (55%), che evidenzia un parziale ritorno al prodotto sfuso.
Infine le mele che, nel 2023, sono state vendute per il 40% confezionate a peso imposto, con una escalation di 12 punti dal 2026. Mele e arance sono di certo tra le categorie che contribuiscono maggiormente al raggiungimento della quota complessiva del peso imposto per la frutta, poiché - insieme – pesano per oltre un quarto dei volumi della macrocategoria.

Nel grafico sottostante, invece, riportiamo la seconda tranche di categorie, ovvero quelle con una quota di peso imposto sotto la media della frutta nel 2023. Prugne e susine, insieme a pesche e nettarine, registrano una quota di poco sotto alla media della macrocategoria di riferimento (nel 2023, rispettivamente, 31% e 26%); in entrambi i casi, però, si osserva un netto passo indietro rispetto al 2022, cosa evidente – come osservato - anche nelle albicocche. Sembra che nelle drupacee, ciliegie escluse, ci sia stato negli ultimi due anni considerati un ritorno allo sfuso o una conversione al confezionato a peso variabile. 

Anche nelle pere, la quota del peso imposto del 2023 (19%) è inferiore a quella del 2022 (22%); anche negli anni precedenti si notano alti e bassi, probabilmente legati alle campagne commerciali che ha condizionato anche la modalità di vendita. Chiudono la classifica dei prodotti ordinati per quota di peso imposto: banane (8%), pompelmi (6%), meloni (1%), poi ananas e angurie con una quota sotto l’unità. Come già sottolineato nei precedenti articoli, per alcuni prodotti è tecnicamente molto complicato fare il confezionato a peso imposto e per alcuni di questi (meloni, angurie e ananas soprattutto) la vendita confezionata è marginale se si considerano i frutti interi; quindi, risultano rilevanti solo i frutti tagliati a metà o a fette pellicolati e venduti nel branco frigo che, difatti, trovano sempre più spazio nei supermercati.

Viceversa, nelle banane la vendita confezionata, prettamente in vassoio, incontra sempre più favore nella clientela, poiché agevola la velocità di acquisto, la protezione dei frutti, ma anche la shelf life a casa. La stima complessiva del confezionato sul totale banane vendute è nell’intorno del 30%, con quote variabili tra insegne; complessivamente, quindi, con un 8% di prodotto venduto a peso imposto sfugge dai dati di mercato una quota vicina al 20% di prodotto confezionato a peso variabile, percentuale consistente per un’azienda che voglia fare strategie legate alle modalità di vendita e a politiche di brand.