Apicoltore fa le pulci a Greenpeace

Il professionista sottolinea le inesattezze dello spot

Apicoltore fa le pulci a Greenpeace

Gentile Fabrizio, 
sono Dario Billo, faccio il consulente per imprese e mi occupo di Project Management Europeo e di Sistemi di Gestione ISO 9001, 14001, 45001. Per passione, dal 2015 sono apicoltore con partita iva agricola. Ho letto il suo articolo e volevo riportarle alcune considerazioni. Io pure ho iniziato a vedere quello spot nel 2022, diciamo che non rispecchiava la realtà delle cose del mio territorio. Ma quando una persona sa che io sono apicoltore, la domanda frequente è: “E' vero che le api stanno morendo? Ho visto lo spot in TV”.
Le riporto la mia tipica risposta per intero, che spesso sollecita altre domande e grandi riflessioni: “Gli altri territori non li conosco, credo che qui  (nel vicentino ndr) il Consorzio Agrario abbia fatto un ottimo lavoro, le mie api sono in ottima salute, stanno perfino troppo bene. Non ho perso famiglie a causa di trattamenti con pesticidi e non ho notizia di colleghi che abbiano avuto questa esperienza. Credo che la storia delle api che stanno morendo sia solo un modo facile che ha Greenpeace per raccogliere quattrini, seminando quel senso di insicurezza che agevola la raccolta fondi. Ritengo che Greenpeace non sappia proprio niente di api, di agricoltori, di apicoltori e apicoltura. Ci sono due cose che lo fanno capire nello spot:
1- Avete notato che le maschere delle api che protestano sono tutte arrabbiate e, incredibilmente, tutte con sembianze maschili? Dico: lo sanno tutti che le API sono di genere femminile, gli altri sono Fuchi, e di certo mangiano e consumano le risorse della famiglia, non combattono, non lavorano, non raccolgono. Figuratevi se “MANIFESTANO”!
2- Avete notato che nello spot i trattamenti con pesticidi vengono fatti durante la fioritura? Sapete che per legge non è possibile? Sia perché in quel momento i fiori vengono visitati dalle api, sia perché il prodotto finale avrebbe pesticidi al suo interno. È vietato, e un consorzio che riceve la frutta e la verdura lo capisce e traccia ogni singola fornitura. Un agricoltore commetterebbe con grave difficoltà un gesto del genere in mala fede. A maggior garanzia, chi usa prodotti fitosanitari deve prendere un patentino apposito, cioè studiare, fare un corso, fare un esame e passarlo. Non sono persone che NON sanno cosa fanno.
Aggiungo: ma se Greenpeace vuole aiutare le api, perché non promuove semplicemente l’acquisto di mieli certificati BIO? Credete forse che gli apicoltori prendano qualcosa di quei soldi? Non ne ho mai sentito menzione da parte dell’associazione apicoltori locale, e credo che non capiterà mai.”

Intendiamoci, qualche abuso c’è: le colture intensive spesso creano più problemi di quanti ne risolvano. L’arrivo di insetti alieni sta creando parecchie grane alle nostre specie autoctone di insetti e di piante (si pensi alla “mosca della frutta” che inserisce un uovo bucando la buccia della frutta e causando la nascita di una larva, alla sua versione 2.0 la “Drosophila suzuki” che ne fa anche tante sullo stesso frutto, senza parlare della cimice asiatica) e queste situazioni spingono gli agricoltori a trattare in modo sempre più intensivo. Ancora: la necessità di un grande impiego di acqua per l’irrigazione e i problemi idrici conseguente del territorio. Ancora non me la sento di accusare l’agricoltore, quanto piuttosto uno Stato che non si fa carico dei problemi e non decide. Un problema c’è indubbiamente e fa focus sulla sostenibilità del sistema produttivo agricolo. Per finire, pur condividendo lo spirito critico del suo articolo nei confronti di quello spot, immagino una soluzione debba essere necessariamente concordata equilibrando le esigenze e le necessità di tutte le parti. 
Grazie per l’attenzione

Caro Dario,
mi fa molto piacere che l’articolo abbia destato il suo interesse, a maggior ragione essendo lei stesso un apicoltore. La risposta che lei fornisce a coloro che avanzano dei dubbi in merito agli effetti dei pesticidi nei confronti delle api è ineccepibile. Se posso permettermi, le consiglio un altro spunto da sottoporre ai malpensanti, ovvero, che l’agricoltore in primis vorrebbe evitare di trattare le piante con i pesticidi, sia perché rappresenta un costo in termini di tempo e di denaro, sia perché l’agricoltore stesso vive diverse ore nel luogo in cui tratta, quindi non penso voglia avvelenarsi di proposito. Inoltre, vorrei ricordare che l’agricoltore tratta le piante per difenderle dai patogeni, e non perché si diverte ad inquinare il Pianeta come spesso traspare da chi non conosce il settore. Venendo alle possibili soluzioni, concordo quando scrive che ci deve essere una unione di intenti fra agricoltori, apicoltori e società civile sotto la guida delle istituzioni Pubbliche. A tal proposito vorrei riportare ciò che sta facendo il Progetto Trentino Frutticolo Sostenibile, che è probabilmente l’unico esempio concreto in Italia. Infatti, il progetto, nato nel 2016 grazie ad APOT (Associazione Produttori Ortofrutticoli Trentini) con l’obiettivo di condividere con la comunità locale lo stato di salute dell’ambiente trentino, alla ricerca di soluzioni per il miglior sviluppo sostenibile, vede nella salvaguardia delle api uno dei temi più importanti da affrontare. Questo è confluito in un accordo di collaborazione fra istituzioni (Provincia autonoma di Trento), mondo della ricerca (Fondazione Edmund Mach), apicoltori (Associazione Apicoltori Trentini) e produttori (per l’appunto APOT) che vedrà lo sviluppo di progetti concreti proprio in questa primavera. La speranza è che questo modello di lavoro possa essere adottato altrove, perché nel momento in cui si diffonde conoscenza e consapevolezza è difficile che attecchisca il seme dell’ignoranza.