Il meglio di IFN
Perla Nera, benvenuta nell’Olimpo delle marche
Qualità, promozioni e sconti vanno però gestiti come per i grandi brand
Perla Nera è diventato per Mediaset un caso da usare in chiave commerciale per evidenziare le potenzialità della pubblicità e, per tutto il settore ortofrutticolo, un esempio di come si possa fare marca anche in un comparto, come quelle delle angurie, dominato fino a ieri dalla comodizzazione. Emblematica, a questo proposito, la famosa promozione a 1 centesimo al kg delle cocomere, con il solo scopo di far prendere il carrello all’ingresso dei supermercati per aumentare le vendite.
Il progetto Perla Nera, invece, sin dagli albori si era dimostrato promettente, ma nessuno avrebbe immaginato di poter arrivare a valori di notorietà spontanea dell’ordine del 30% in pochi anni e più di metà degli italiani che hanno dichiarato di aver almeno provato Perla Nera nel 2022, come emerso dalle rilevazioni del Monitor Ortofrutta di Agroter. Nel 2019 eravamo al 7% per il primo indicatore e a meno del 10% per il secondo. Un successo travolgente, dunque, ancor più interessante se si considera che si deve concentrare comunicazione e commercializzazione in un periodo brevissimo, quasi da prodotto da ricorrenza, ma che – grazie a un prodotto di ottima qualità e investimenti propri dei grandi brand – è diventato realtà ed è stato potenziato anno dopo anno, come ci spiega il Presidente del Consorzio, Bruno Francescon.
“Per quest'anno abbiamo previsto 700 ettari di investimento complessivo che dovrebbero portarci a più di 30.000 tonnellate di prodotto, da commercializzare con il supporto di una campagna di comunicazione ancora più impattante delle precedenti, con la chicca di alcuni passaggi del nostro nuovo spot (alcuni scatti dal back stage in apertura e qui di seguito, ndr) durante la finale della Champions League”, esordisce Francescon.
“Con questa visibilità stiamo lavorando profondamente con i nostri interlocutori della distribuzione per evitare che sul piano commerciale vengano realizzate operazioni che, pur trasferendo convenienza e facilitando le rotazioni nei negozi, rischino di svilire l’immagine di Perla Nera presso l’opinione pubblica. Ci rendiamo sempre più conto di quanto delicato sia l’equilibrio fra esigenze commerciali e immagine, poiché le prime non possono nuocere alla reputazione della marca, ad esempio inserendola in contesti che rischino di svilire l’immagine che faticosamente abbiamo costruito, per cui in ogni singolo atto commerciale si deve aver ben chiaro il valore della marca”, conclude Francescon.
Il tema è certo molto delicato, perché fino ad ora pochi identificativi del mondo ortofrutticolo erano entrati nell'universo delle marche di valore dell’alimentare, superando lo scoglio della notorietà spontanea, quello che sposta l’interesse dai buyer ai consumatori. I grandi brand del food sono abituati a gestire comunicazione e promozione in accordo con i retailer; sanno bene di dover dare messaggi univoci rispetto al posizionamento selezionato, pena generare confusione al consumo. Il mondo dell’ortofrutta, invece, ha ancora esperienze limitate e sono pochi i brand con notorietà e immagine consolidata, per cui si deve fare molta attenzione a usare le chiavi giuste per le poche marche in assortimento.
“Stiamo cercando di concordare preventivamente le operazioni commerciali e di comunicazione con i clienti”, gli fa eco Andrea Peviani, direttore commerciale del Gruppo Peviani, socio del Consorzio Perla Nera. “Vogliamo evitare che vendite sottocosto, attività promozionali, anche con l’ausilio di volantini o, ancor più, l’uso improprio della comunicazione attraverso i mezzi di massa, possano generare confusione sull’immagine che abbiamo costruito in questi anni su Perla Nera. La marca è di grande appeal e merita tutta la nostra cura e attenzione perché il vissuto di un brand è un aspetto molto delicato e spesso sottovalutato”.
Conclude l’analisi Sergio Giardina, direttore commerciale dell’Op La mongolfiera, terzo socio di Perla Nera. “Occorre porre anche molta attenzione al rispetto delle norme di qualità commerciale previste dall’Ue per i prodotti ortofrutticoli che, proprio per evitare che i consumatori possano essere tratti in inganno, impongono che se i prodotti vengono venduti sfusi abbiano un imballo primario dedicato e una chiara identificazione delle caratteristiche dello stesso. Troppo spesso, anche solo per esigenze di spazio, i prodotti rischiano di finire mescolati e, nel caso di prodotti di marca, oltre al problema tecnico c’è anche il rischio di svilire il valore del brand se il prodotto con cui è scambiato non è all’altezza”.