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Mele: Club, Category o Confusione?
Fino a 34 referenze, la Golden arriva a 9 prestazioni
La categoria delle mele si conferma al vertice dei consumi nel reparto ortofrutta, alternandosi con le banane a seconda del periodo o della realtà distributiva. Nel mese di novembre, di norma si osserva un picco degli assortimenti in vendita che, in alcuni casi, a colpo d’occhio può apparire ridondante, soprattutto se confrontato con lo spazio espositivo dedicato ad altre categorie.
Per questo motivo, IFN ha realizzato un approfondimento con rilevazioni sul campo, condotte in cinque negozi appartenenti a diverse insegne nella piazza di Parma.
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Partendo dai numeri, si registrano fino a 34 referenze nel formato più grande, mentre in tre negozi si superano le 20, scendendo sotto questa soglia solo nel caso di Lidl, l’unico supermercato essenziale considerato.
Tra le confezioni, il vassoio domina, solitamente con quattro frutti, mentre il sacchetto, con frutti di calibro più piccolo e un posizionamento più economico, è sempre presente. La vendita a collo, invece, è raramente utilizzata e principalmente per promozioni spot. Unico caso di mela in tubo è Rockit, una referenza sempre meno comune sugli scaffali della Gdo. Naturalmente il prodotto sfuso non manca mai, generalmente dedicato alle pezzature più grandi nei negozi rilevati, per soddisfare i consumatori in cerca di frutti di maggiori dimensioni.
Le numeriche variano in funzione dello spazio di vendita ed arrivano fino a 12 referenze, ma con tre negozi su cinque in cui non si supera la soglia delle 5.
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Per quanto riguarda gli spazi espositivi, la categoria delle mele si distingue per l’ampiezza, spesso superiore a quella dedicata ad altre categorie stagionali, come le clementine a ottobre o l’uva a settembre, che in media non superano i 6-8 metri quadrati complessivi, anche nei format più grandi. Questa abbondanza di spazio è favorita dalla bassa deperibilità delle mele, che spinge i responsabili di reparto a sovraesporre i prodotti per ridurre gli sfridi complessivi del reparto.
La quota media di spazio destinata alle mele sfuse è del 27%, con variazioni significative: si raggiunge il 41% in PAM, mentre si scende al 15% in Conad. Le referenze sfuse occupano in proporzione uno spazio leggermente maggiore rispetto al loro numero complessivo, ma meno importante rispetto ad altre categorie dove l’esposizione sfusa ha un ruolo più evidente nell’attrarre i consumatori. Nel caso delle mele, invece, il prodotto confezionato sembra essere il cluster dominante, grazie alla possibilità di creare assortimenti variegati: varietà tradizionali e club, Dop e IGP, biologico (sempre presente con almeno due referenze), linee Mdd mainstream e premium, spesso in co-branding tra insegna e fornitore, e fasce di prezzo differenziate. Questo genera esposizioni molto estese e variegate, che a volte possono risultare difficili da interpretare per i clienti.
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Abbiamo già accennato alla coesistenza tra varietà tradizionali, con la Golden che spicca, rappresentando circa la metà dei consumi nazionali, e le varietà club. Tuttavia, la presenza delle mele club risulta limitata e, in alcuni casi, quasi marginale (con una sola referenza). Inoltre, lo spazio dedicato per referenza è inferiore rispetto a quello delle mele classiche, nonostante le varietà club siano i prodotti più innovativi e, teoricamente, meriterebbero maggiore spinta commerciale.
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Entrando più nel merito delle varietà, si nota una profondità molto spinta per Golden e Gala, a scendere le varietà classiche solo Pink Lady e Ambrosia presenti con 5 referenze complessive per ciascuna tra le club.
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I prezzi medi rilevati superano nel complesso i 2,5 euro il chilo, con una tendenza al rialzo per le varietà club o le varietà tradizionali più di nicchia o ricercate, come Renetta, Annurca o le mele locali.
La principale riflessione che abbiamo fatto riguarda la profondità dell'assortimento, articolata su diversi parametri, che però risulta poco valorizzata davanti a scaffali vastissimi. Non sorprende, quindi, che le vendite di mele non stiano crescendo come ci si sarebbe aspettati, nonostante il livello qualitativo medio sia eccellente e i significativi sforzi dedicati all'innovazione varietale, soprattutto con le mele club.
Le chiavi di segmentazione appaiono confuse, rendendo difficile orientarsi in un’offerta che, a nostro avviso, non trasmette chiaramente cosa aspettarsi una volta portati i frutti a casa. A questo si aggiunge una gestione della comunicazione sul prodotto molto limitata e poco percepibile dal cliente, senza considerare che spesso e volentieri ci è risultato difficile anche solo individuare il cartellino prezzo corrispondente alla specifica referenza. (gc)
Ha collaborato Alfonso Bendi