L'export italiano di ortofrutta soffre il mal di mare

Oltre il 90% rimane nel Vecchio Continente. Pomodoro in grande spolvero

L'export italiano di ortofrutta soffre il mal di mare

Nel primo quadrimestre 2023 l’Europa si riconferma il mercato di riferimento per le esportazioni ortofrutticole italiane, detenendo da solo oltre il 90% del totale. Rispetto all’anno scorso, tuttavia, si nota una crescita sostanziosa (+35% a valore + 58% a volume) delle vendite in America, mentre il mercato asiatico, secondo per importanza, è in leggero calo (-1% sia a valore che a volume). Sono queste le principali evidenze che emergono dall’analisi del Monitor Ortofrutta di Agroter su dati Istat, in relazione ai mercati principali per l’export ortofrutticolo italiano.

Le aziende del Belpaese hanno esportato complessivamente quasi 1,9 miliardi di euro, valori in crescita del 6% rispetto al 2022, che equivalgono ad oltre 1 milione di tonnellate nei primi quattro mesi dell’anno. Legumi-ortaggi e agrumi sono le macrocategorie che hanno prodotto le maggiori variazioni in positivo alla bilancia commerciale, grazie all’incremento di oltre il 10% delle esportazioni.

Approfondendo l’analisi in funzione dei mercati di destinazione, l’Europa, a partire dalla Germania, si riconferma il principale mercato di riferimento per il nostro Paese, con l’esportazione di oltre 700 milioni di euro, che equivalgono a oltre 800 mila tonnellate di legumi-ortaggi e di oltre 140 milioni di euro, per l’equivalente di oltre 100 mila tonnellate di agrumi.

Nella categoria dei legumi ortaggi, il pomodoro, si conferma l’ambasciatore del Made In Italy nel mercato europeo, in quanto, oltre ad essere l’ortaggio più esportato, ha mostrato incrementi a doppia cifra a volume (+25%) e soprattutto a valore (34%), sfondando la soglia di 100 milioni di euro.

Scendendo nel dettaglio dei singoli paesi, la Germania si posiziona al primo posto tra i principali mercati di commercializzazione dei pomodori italiani, per un valore di oltre 25 milioni di euro (in crescita del 18%), che equivalgono a 9 mila tonnellate (+10%).

Seguono il trend di crescita Austria e Svizzera, in cui vengono esportati pomodori per un valore nell’intorno dei 20 milioni di euro, in crescita di oltre il 20%, e che equivalgono a un volume di circa 7 mila tonnellate per l’Austria e di 5 mila tonnellate per la Svizzera. Se rapportati alla popolazione, è chiaro ed evidente che i due stati confinanti mostrano performance decisamente più interessanti rispetto alla Germania. Infine, si segnala l’exploit del Regno Unito e della Polonia: le aziende italiane hanno esportato pomodori con crescite rispettivamente a doppia e a tripla cifra, sia a valore (53% e 351%), sia a volume (53% e 252%). 

Passando all’analisi degli Agrumi, con focus su arance e limoni, Germania, Austria, Francia e Svizzera sono i mercati di destinazione più significativi, con l’aggiunta del Regno Unito per i limoni e del Belgio fra le arance. 

Esaminando i grafici, nei limoni si nota la classica situazione dell’export italiano: la Germania leader indiscusso, seguita solitamente dalle altre Nazioni confinanti con l’Italia, con i valori che cambiano di volta in volta in base alla specie. In questo caso Austria, Francia, Svizzera e Regno Unito mostrano valori piuttosto simili sia a valore che a volume. 

Nel caso delle arance si nota una anomalia: la Svizzera è il mercato più importante a valore, scalzando di poco la Germania che rimane comunque leader a volume. In pratica, il paese Elvetico paga prezzi decisamente più alti rispetto ai teutonici con volumi molto interessanti visto e considerato la differenza di popolazione fra i due stati (8 milioni la Svizzera e 80 milioni la Germania).

Concludiamo l’approfondimento focalizzandoci sulle ottime performance del continente americano, in particolare modo per la frutta fresca. Il motivo di questo exploit è da ascriversi alle ottime performance delle aziende melicole italiane che da un anno all’altro hanno aumentato le vendite a valore del 228% e a volume del 213%. In termini assoluti si tratta però solo di poco più di 14 mila tonnellate che equivalgono a quasi 18 milioni di euro.

Chiaramente siamo ben lontani dalle performance del vecchio continente, ma c’è sicuramente potenziale da esplorare, vista l’eterogeneità delle prime cinque nazioni: Brasile, Canada, Colombia, Ecuador ed Honduras. Parallelamente, non vendiamo un chilo di mele in USA, Messico e Argentina a dimostrazione di come ci siano margini di crescita importanti. 

Ha collaborato Fabrizio Pattuelli