Qualche certezza anche in ortofrutta può esistere: il nocciolo traccia la strada

Il progetto di OP Terremerse, forte della collaborazione con Ferrero, rappresenta una opportunità per tante aziende frutticole

Qualche certezza anche in ortofrutta può esistere: il nocciolo traccia la strada

Contratto di filiera pluriennale con garanzia di ritiro del prodotto, elevato grado di meccanizzazione e bassa necessità di manodopera, investimenti contenuti e rendicontabili nel Piano Operativo, alta redditività nel medio/lungo periodo e, per finire, una coltura rustica che necessita di pochi input tecnici.

È difficile trovare punti deboli al progetto Nocciolo dell’OP Terremerse, soprattutto se aggiungiamo che il partner che ritira il prodotto è un certo Ferrero, quindi una garanzia sotto ogni punto di vista.

Questi presupposti stanno incuriosendo sempre di più i produttori del Nord Italia, come quelli emiliano romagnoli che, numerosi, hanno partecipato al terzo open day del Progetto Nocciolo che si è tenuto ieri presso la Fondazione per l’agricoltura F.lli Navarra, dove è presente un campo sperimentale in cui sono testate 12 varietà diverse, su due sesti di impianto differenti (4 x 2 m e 5 x 4 m) e si sperimentano tecniche di coltivazione all’avanguardia per il settore corilicolo. 

Ilenio Bastoni - Direttore Settore ortofrutta e OP Terremerse

“Abbiamo da poco superato il traguardo di 250 ettari impiantati, con una decisa progressione negli ultimi 12 mesi, a dimostrazione dell’interesse crescente da parte dei produttori – dichiara Ilenio Bastoni, Direttore Settore ortofrutta e OP Terremerse – tant’è che il target di 500 ettari che ci siamo prefissati entro pochi anni è ampiamente alla nostra portata. D’altronde il nocciolo è una opportunità estremamente interessante per i frutticoltori alle prese con una miriade di problemi, a partire dal reddito incerto, incapacità di trovare manodopera e difficoltà a produrre, che in questo progetto non rappresentano più uno scoglio insormontabile”.

Proprio la definizione del prezzo al produttore, la cui modalità è definita da un contratto sottoscritto dal produttore all’impianto del noccioleto è alquanto interessante e merita un approfondimento: “Il Contratto di coltivazione prevede una media ponderale tra un prezzo costituito dal costo standard di produzione (elaborato da indici Ismea), rivalutato su base triennale più un margine stabilito e una media dei prezzi di borsa.” spiega Bastoni.

 

Federico Laudazi Responsabile Agribusiness Deployment Italia Ferrero HCo

“L’interesse di Ferrero – illustra Federico Laudazi, Responsabile Agribusiness Deployment Italia Ferrero HCo (Hazelnut company, ovvero la divisione di Ferrero che si occupa dell’approvvigionamento delle nocciole e di tutto ciò che ne concerne, dalla produzione alla lavorazione ndr) – è quello di garantirsi una produzione costante di nocciole italiane di alta qualità, allargando il bacino produttivo anche in areali nuovi, dove per supportare il processo di crescita sviluppiamo delle demo farm, ovvero, impianti sperimentali che, da un lato, mostrano la coltivazione del nocciolo in tutte le sue sfaccettature ai nuovi interessanti, e, dall’altro lato, ci consentono di sperimentare le ultime novità in termini di coltivazione. Vogliamo promuovere un “nuovo sapere” che è la base per sviluppare un coricoltura moderna, sostenibile e di qualità. Tutto obiettivi imprescindibili per Ferrero”.

Nella visita ai campi sperimentali, i tecnici di Terremerse (nelle persone di Giovanni Zarantonello e Marco Babini) e di Ferrero HCo (grazie agli interventi degli agronomi Ivan Seri ed Edoardo Caldera), oltre a spiegare la tecnica colturale adottata degli impianti hanno risposto con precisione alle numerose domande dei produttori, che sintetizziamo nelle prossime righe.

I costi di impianto sono estremamente contenuti perché al di là dell’investimento nelle piante e nell’impianto irriguo non sono previste strutture onerose come pali, fili e reti. Inoltre, la densità di piantagione è particolarmente bassa (il sesto classico è 5x4 m che prevede 500 piante/ha), quindi l’investimento è contenuto, anche se è al vaglio un infittimento (4x2 m che equivale a 1.250 piante/ha) per anticipare l’entrata in produzione, che è storicamente un punto debole del nocciolo; infatti, i vecchi impianti andavano in piena produzione al settimo anno, mentre adesso già al quarto anno i volumi raccolti sono interessanti. Se non altro, la durata utile del corileto è decisamente alta, poiché si protrae senza problemi fino a 25-30 anni.

A livello varietale, attualmente la cultivar più piantata è la tonda di Giffoni, poiché è il miglior connubio fra quantità (punte di 30-35 qli/ha) e qualità (buona pelabilità e resa sgusciato). Inoltre, occorre specificare come le varietà di nocciolo siano autosterili; quindi, occorrono almeno un paio di altre cultivar impollinanti (nell’ordine del 20% del totale dell’impianto). 

La forma di allevamento è una sorta di vaso che raggiunge l’altezza di circa 4 metri e la potatura di produzione è completamente meccanizzabile.

Il nocciolo ha esigenze nutrizionali e idriche nella norma, non sopporta il ristagno idrico e questo aspetto deve essere gestito con grande attenzione, al pari della gestione delle malerbe sulla fila e, soprattutto, dei polloni. Infatti, diserbo e spollonatura (meccanico o chimico) sono le pratiche colturali più onerose, anche più della raccolta, che avviene tramite macchinari appositi che aspirano il prodotto una volta che è caduto per terra. Ovviamente, per ottimizzare il cantiere di raccolta, il terreno deve essere perfettamente in piano e non presentare corpi inerti di grosse dimensioni.

Referenti Ferrero HCo, Terremese (con al centro Ilenio Bastoni) e fondazione Navarra

Infine, per quanto riguarda la difesa, le malattie fungine sono gestibili con Rame e Zolfo, mentre il nemico più pericoloso è la cimice asiatica che si può gestire con le tecniche di lotta integrata.

In definitiva, il nocciolo è una coltura decisamente più facile da gestire rispetto ad altre colture frutticole, e il Know how non manca di certo, perché in Italia se ne coltivano oltre 80 mila ettari, rendendola di fatto una delle colture più importanti del panorama ortofrutticolo nazionale.