Mercati: l’orario notturno non attrae nuovi produttori

Al contrario, quelli che operano già al loro interno sono refrattari al cambiamento

Mercati: l’orario notturno non attrae nuovi produttori

Il tema del cambiamento degli orari nei mercati all’ingrosso è un must ogni volta che si cerca di delineare il possibile futuro di questo comparto. I grossisti si dividono fra coloro che sono favorevoli al passaggio all’orario diurno – che a oggi è in vigore solo a Roma – e tra quelli che invece vogliono proseguire con l’orario notturno. Per esperienza diretta, le posizioni tra gli operatori sono solitamente inconciliabili, tanto che, spesso, nascono discussioni anche dai toni accesi all’interno dei mercati ogni volta che si prova ad approcciare il tema. Non è un caso, infatti, se da tanti anni si parla di questo argomento senza mai raggiungere una soluzione.
Tuttavia, le vendite all’interno del mercato non sono fatte quasi mai solo da grossisti (anche se rappresentano la stragrande maggioranza), ma c’è spesso una quota appannaggio dei produttori locali, che cambia in funzione della piazza. Cosa ne pensa questa categoria rispetto al tema degli orari? Non ci sono statistiche ufficiali ma, dalle nostre rilevazioni all’interno dei mercati all’ingrosso, abbiamo notato, al pari dei grossisti, una spaccatura fra favorevoli e contrari.

Su questo tema ci giunge in soccorso anche la ricerca sviluppata da Italmercati in collaborazione con Ismea, presentata recentemente al Cnel di Roma, dove, fra i diversi temi, si è chiesto a un panel di produttori se fossero a conoscenza della possibilità di vendere i propri prodotti all’interno di un mercato ortofrutticolo. Chiaramente, l’intero campione ne è a conoscenza e, una parte, già vende in mercato; è però certo di rilievo comprendere le motivazioni di coloro che non sono interessati ad approcciare questo canale.
 

Al primo posto si trova la mancanza di personale aziendale da dedicare alla vendita, seguita dagli orari di apertura, ritenuti incompatibili con l’attività produttiva. Difatti, l’orario notturno è ritenuto una barriera d’ingresso importante per i produttori che vorrebbero vendere in questo canale.
D’altro canto, la routine per chi produce e vende in mercato è da IRON man. Ve la spiego brevemente, riportandovi la testimonianza di un produttore di ciliegie incontrato al mercato di Cesena, non molto tempo fa: sveglia fra le 2 e le 3 di notte per essere in mercato alle 4 e preparare l’esposizione in vista dell’apertura delle contrattazioni (per le 5); quindi si procede alla vendita, che si conclude verso le 8, e, dopo una breve pausa caffè, si torna in azienda, dove si procede con la raccolta dei frutti che prosegue per tutta la mattina. Nel pomeriggio si lavora il prodotto per le vendite del giorno dopo e, finalmente, una volta giunta sera ci si può riposare salvo imprevisti (che sono all’ordine del giorno).

Impressionato dai ritmi a dir poco estenuanti, chiesi al produttore se l’attività fosse proseguita nel momento in cui sarebbe andato in pensione, ma la risposta fu laconica: “ovviamente no. Chi vuoi che faccia una vita del genere? Anzi, ho consigliato ai miei figli di occuparsi di tutt’altro”. A quel punto osservai se un cambio d’orario del mercato potesse rendere più “vivibile” l’attività lavorativa, ma trovai una ferma opposizione: “si è sempre fatto così, perché cambiare?”. 
Affermare che siamo al paradosso è riduttivo. In pratica i produttori fuori dal mercato non ne vogliono sapere di affacciarsi, anche a causa degli orari, mentre quelli al loro interno, nonostante l’assenza di ricambio generazionale, non vogliono modificare le proprie abitudini. Chiaramente questa è una estremizzazione del concetto, in mezzo ci sono tante sfumature ed esigenze diverse, ma dà l’idea di come ci si sia infilati dentro un tunnel, senza via d’uscita.

Per trovare la luce occorre rispondere ad una semplice domanda: il futuro dei mercati all’ingrosso passa dal cambio d’orario? Perché, se questo cambiamento incentivasse il ricambio generazionale –che è l’unico presupposto per la sopravvivenza di qualsiasi settore economico – allora converrebbe, da parte di tutti gli operatori, mettere da parte i pregiudizi e provare a trovare una soluzione. Diversamente è meglio lasciare tutto com’è sperando che tutto vada per il meglio.