Con questi prezzi, dove andremo a finire?

Ciliegie turche cal. 34+ proposte a 1,35 euro/chilo e pomodoro ciliegino a 0,35 euro/chilo

Con questi prezzi, dove andremo a finire?

“Mamma, li turchi” è l’espressione che meglio di ogni altra sintetizza ciò che vedete nelle foto di apertura, postate pochi giorni fa su Linkedin da una azienda esportatrice della mezzaluna: ciliegie cal. 34+ proposte a 1,35 euro/chilo e pomodoro ciliegino a 0,35 euro/chilo
Nel post non ci sono ulteriori dettagli, ma si intuisce come sia un prezzo f.co partenza; quindi, per arrivare in Italia manca il trasporto, che cambia poco la musica con questi valori in campo.

Proprio mentre sto scrivendo queste righe, dalla pagina Linkedin dell’azienda viene pubblicato un altro post: ciliegie cal. 32+ vendute a 1,15 euro/chilo, a dimostrazione di come non ci siano dubbi sulla strategia dei prezzi in campo. In Italia, con questi prezzi, in mercato compri a malapena ciliegie colpite da cracking, mentre il prodotto in questione, almeno a livello estetico, sembra essere in piena regola.

Lo stesso vale per il pomodoro ciliegino, che mostra, anche in questo caso, un’estetica di tutto rispetto soprattutto se commisurato a un prezzo di 0,35 euro/chilo, che per l’Italia è estremamente basso ma, purtroppo, non è infrequente anche alle nostre latitudini quando il mercato è in estrema sofferenza. Il prezzo della ciliegia, invece, è fuori da ogni logica per i nostri produttori.

Per giunta, l’azienda turca in questione, Agro Anadolu Fruit, è una delle realtà più importanti del comparto ortofrutticolo e, navigando nel sito aziendale, si legge come possieda la più grande azienda agricola di drupacee in Turchia, forte di una superficie di oltre 600 ettari, su di un totale di 3 mila ettari coltivati. Una produzione importante, che viene venduta sui mercati internazionali, dove si citano, fra gli altri, America e Giappone.

Quindi siamo di fronte a un player di una certa rilevanza, non all’ultimo degli arrivati. Una precisazione da non sottovalutare, perché identifica i competitor delle aziende italiane sui mercati esteri, che possono permettersi prezzi di vendita impossibili da avvicinare per le nostre realtà, perché il gap, relativo soprattutto ai costi di produzione (manodopera in primis) è incolmabile.

Quindi, per non essere sopraffatti, da una parte occorre puntare con determinazione sulla distintività delle nostre produzioni e, dall’altro lato, è necessaria, tanto in Italia quanto in sede europea, una politica che tuteli i prodotti comunitari dalle contraffazioni, perché sul fronte dei prezzi non c’è nessuno Stato appartenente all’UE in grado di competere a questi livelli. La distintività spesso si gioca sull’emozione più che sulla sostanza e, su questo fronte, abbiamo tante carte da giocare. (am) 

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