UE Nature Restoration Law, dove è l’agricoltura?

Prosegue l’approccio dirigistico dei precedenti provvedimenti senza alcuna concertazione

UE Nature Restoration Law, dove è l’agricoltura?

Con questo contributo di Paolo De Castro, a cui do il benvenuto a nome di tutta la redazione e che ringrazio per la disponibilità alla collaborazione, diamo inizio a una rubrica periodica di approfondimento sui temi caldi della politica agricola per il comparto ortofrutticolo che svilupperemo con il suo aiuto. Un ulteriore tassello del processo che vuole portarci a dare sempre più spazio ad analisi e riflessioni a fianco delle cronaca.

Il direttore di IFN
Roberto Della Casa 


La pubblicazione della proposta di Regolamento “Nature Restoration(Ripristino della Natura ndr) a metà del 2022 e il dibattito che sul tema si sta sviluppando offrono l’occasione per alcune ulteriori riflessioni sul ruolo dell’agricoltura e dell’agroalimentare nella politica della UE, in particolare sui temi della sostenibilità
L’obiettivo generale della proposta è “contribuire alla ripresa continua, a lungo termine e duratura della biodiversità e della resilienza della natura in tutte le zone terrestri e marine dell'UE mediante il ripristino degli ecosistemi”. È così istituito un quadro in cui gli Stati membri dovrebbero introdurre misure di ripristino che, nel loro insieme, riguardino almeno il 20% delle zone terrestri e marine dell'UE entro il 2030 e tutti gli ecosistemi che necessitano di essere ripristinati, entro il 2050. Il quadro si basa sull'ambizione ultima della strategia sulla biodiversità, ovvero di garantire che, entro il 2050, tutti gli ecosistemi siano ripristinati, resilienti e adeguatamente protetti e che, come primo traguardo, la biodiversità dell'Europa sia riportata sulla via della ripresa entro il 2030. Anche gli ecosistemi agricoli sono oggetto di attenzione con particolare riferimento al recupero della biodiversità, all’avifauna e alla re-umidificazione delle torbiere. 

Leggendo l’articolazione delle misure di questa proposta di regolamento emerge chiaramente come venga messa in discussione l’intera politica agricola sviluppata negli ultimi 60 anni, compreso il percorso di riforma che abbiamo basato sul concetto di multifunzionalità dell’agricoltura. Tutto sbagliato a quanto pare. In alcuni passaggi, si fa riferimento alla necessità di incrementare le zanzare in quanto utili per gli uccelli, per arrivare alla necessità di abbattere le dighe per ripristinare antichi ecosistemi mentre è sotto gli occhi di tutti la necessità di costruire nuovi bacini di raccolta delle acque per far fronte alle carenze idriche indotte dal cambiamento climatico e, questo, non solo per l’agricoltura ma anche per usi civili e industriali. Un testo che sembra sganciato dalla realtà e che ignora che un arretramento dell’agricoltura europea oggi si tradurrebbe in un saldo negativo per le emissioni globali, perché quello che non si farà qui si farà altrove, dove il consumo di risorse ambientali è maggiore. 

Dopo il regolamento sui fitofarmaci e la direttiva sulle emissioni, mancava solo la ciliegina del “Ripristino della Natura”. A pensar male verrebbe da credere che vi sia un disegno preciso che mira a colpire il sistema agro-alimentare europeo. Nessuno vuole rinunciare a rendere l’Europa leader della transizione ecologica globale, ma questo va accompagnato con strumenti adeguati e su percorsi realistici. Un’agricoltura più sostenibile è anche quello che vogliono gli agricoltori e i consumatori europei, come quelli del resto del mondo, che sanno che l’Europa è il posto più sostenibile dove produrre cibo e quello più sicuro dove consumarlo.  

Un esempio ci può far riflettere, come la proposta degli Stati Uniti di sostenere con oltre 20 miliardi di dollari la transazione ecologica da parte dei loro agricoltori contenuta nell'Inflation Reduction Act (IRA). Se da queste parti arrivano solo divieti, riduzioni dei limiti, target ravvicinati e più burocrazia, la Commissione non può che essere percepita come sempre più ostile agli agricoltori e all’industria alimentare. La commissione dovrebbe guardare con attenzione a questo settore straordinariamente importante non solo per l’economia, ma anche per la coesione sociale e la sostenibilità ambientale dei territori europei. Dobbiamo costruire insieme agli attori del sistema il futuro del cibo e delle campagne europee.