Dal campo
«Il packaging identifica la sostenibilità di un prodotto»
Dall’Agata (Consorzio Bestack): «A Marca si è ribadito l’importanza del confezionato che deve essere comodo, funzionale e sostenibile»
Nei due giorni di Marca 2025, oltre agli incontri b2b fra i diversi attori della filiera, ci sono stati una moltitudine di convegni che hanno sviscerato i temi più salienti dell’Agroalimentare.
Senza ombra di dubbio la sostenibilità ambientale è stata al centro degli approfondimenti, come emerge dall’articolo di Alfonso Bendi relativo al convegno inaugurale (clicca qui per approfondire) e non è nemmeno mancato un focus sul packaging, che sappiamo essere sempre più al centro del tema della sostenibilità, a cura di Nomisma, che ha indagato il valore del packaging sia tra i consumatori – coinvolgendo oltre 1.000 responsabili di acquisto – che tra i principali retailer presenti sul territorio italiano.
Dall’incontro sono emersi spunti interessanti anche per il nostro settore, come ci racconta Claudio Dall’Agata, direttore generale del Consorzio Bestack (nella foto in apertura): “Per 7 italiani su 10, la scelta di un prodotto alimentare è influenzata dall’imballaggio eco-friendly. Non solo, per oltre 1 italiano su 5 la scelta di prodotti alimentari è influenzata da confezioni eco-friendly: riciclabili (23%), derivanti da fonti rinnovabili (23%) o prive di overpackaging (21%), così come la richiesta di packaging a basso impatto ambientale è particolarmente forte nei prodotti healthy e sostenibili: il 73% dei consumatori lo considera essenziale per gli alimenti salutari, percentuale che sale al 76% per i cibi sostenibili come appunto l’ortofrutta”.
“Ma soprattutto, e questo è ciò che deve far più riflettere, il packaging è la lente attraverso cui il consumatore misura la sostenibilità del prodotto. Il che significa riciclabilità completa dei materiali (per il 51% del campione), senza confezioni in eccesso (43%), materiali rinnovabili (40%), ridotte emissioni di CO2 (35%), senza plastica (32%), con materiali certificati (27%), con materiali riciclati (26%) e riduzione delle emissioni di CO2 (18%). Poi, alla fine, è il rapporto qualità prezzo, la conservazione del prodotto e la riduzione degli sprechi che guida gli acquisti. Detto questo, occorre poi essere onesti e mettere sulla bilancia tutti i motivi di scelta di una confezione per capirne il peso e la priorità. Comodità e funzionalità personale sono le chiavi dell’acquisto, poi viene la sostenibilità e non viceversa. In poche parole, scelgo ciò che mi piace, se è sostenibile è meglio”.
“Se così è - prosegue Dall’Agata – l’innovazione funzionale e i benefici che offre una nuova confezione sono determinanti, solo in quel caso si è disposti a spendere anche di più, o almeno una parte del mercato lo è. Sia chiaro, nel food il 42% del campione non è disposto a spendere un centesimo in più per una confezione sostenibile, il che significa che il 58% lo considera. Per Nomisma che considera confezioni da 2 euro, il 46% è disposto a pagare anche 20 centesimi in più a confezione a patto che il pack sia più sostenibile e che conservi meglio il prodotto. È sostenibile economicamente tutto questo? Certamente, sì se si considera che le confezioni innovative hanno impatto di costi al kg tra i 2 e i 4 centesimi, 10 volte di più di quanto detto dal campione”.
“In conclusione, sono sempre più convinto che saranno le preferenze di consumo fatte di velocità e semplicità - al netto della sostenibilità - a orientare il mercato. Facciamo pace, come dice qualcuno, e cerchiamo come trovare la confezione più funzionale”, conclude il manager romagnolo. (gc)