Dal campo
Agrofarmaci: l’ortofrutta non può farne a meno
La prof.ssa Gullino interviene sul tema della revoca dei principi attivi
Riceviamo e pubblichiamo con piacere l’intervento della Prof.ssa Maria Lodovica Gullino dell’Università di Genova, in merito al tema dell’evoluzione dei principi in Italia e in Europa, uscito pochi giorni fa su queste colonne (clicca qui per approfondire).
L'articolo di Italiafruit News a firma di Fabrizio Pattuelli evidenzia la drastica riduzione dei prodotti fitosanitari disponibili in Italia e le conseguenti difficoltà per il settore orto-frutticolo, rimarcando correttamente la complessità della situazione fitosanitaria nel Belpaese. La riduzione dei prodotti fitosanitari disponibili, combinata con l'emergenza di nuove malattie a causa della globalizzazione dei mercati e dei cambiamenti climatici, crea una situazione critica per il settore ortofrutticolo italiano. La riduzione delle rese a causa di malattie causate da parassiti vegetali e animali rende sempre più difficile per gli agricoltori mantenere la redditività, influenzando gli investimenti e potenzialmente i prezzi. Le conseguenze economiche sono potenzialmente devastanti, con il rischio di un aumento delle importazioni da paesi con regolamentazioni meno stringenti e conseguenti danni per la nostra economia e rischi per la salute dei consumatori.
La perdita di un gran numero di principi attivi, combinata con la mancanza di prodotti sostitutivi, lascia “scoperte” molte colture. A questa situazione gli agricoltori reagiscono con la richiesta di deroghe. Ma nel valutare l’attuale situazione è fondamentale evitare generalizzazioni e semplificazioni. Uno studio recente di Carisio et al. (Science of the Total Environment, 947, 2024) prende in considerazione le deroghe utilizzate in Europa, fornendo utili indicazioni per comprendere quali sono le situazioni in cui più frequentemente gli agricoltori richiedono autorizzazioni di impiego in deroga. Nel caso delle malattie fungine è la ticchiolatura, causata da Venturia inaequalis, a generare più problemi. È fondamentale, però, evitare generalizzazioni. Non si possono ovviamente confrontare i dati di diversi paesi europei senza considerare il peso relativo dell'agricoltura.
Ovviamente sono i paesi dell’Europa meridionale (tra cui l’Italia), con una orto-frutticoltura più sviluppata, ad avere più esigenze di deroghe. Le deroghe devono essere analizzate nel contesto specifico di ogni paese, considerando le dimensioni del settore agricolo, la tipologia di colture e le pressioni ambientali e fitosanitarie locali. Il numero di deroghe in sé non è un indicatore sufficiente per valutare l'efficacia delle politiche fitosanitarie. Il punto chiave è la necessità di una strategia multiforme che includa:
• ricerca e sviluppo, con investimenti massicci nella ricerca di varietà resistenti alle malattie, nello sviluppo di metodi di lotta biologica veramente efficaci nelle condizioni pratiche (e non solo in quelle sperimentali) e nell'ottimizzazione della lotta integrata;
• controllo delle importazioni, con rafforzamento dei controlli alle frontiere per prevenire l'introduzione di nuovi patogeni e parassiti;
• cooperazione internazionale: collaborazione con altri paesi dell'UE e a livello globale per armonizzare le regolamentazioni e condividere le migliori pratiche. Certamente varrebbe la pena un confronto costruttivo con la Spagna, paese a noi vicino, con un’agricoltura molto simile alla nostra e quindi competitiva. La scelta della Spagna di mantenere più principi attivi è dal punto di vista tecnico più valida perché fornisce agli agricoltori un arsenale, pur ridotto, ma tale da consentire alternanze di principi attivi diversi, riducendo così il rischio di selezionare popolazioni di patogeni resistenti. Cosa che più facilmente avviene quando i pochi prodotti rimasti sono utilizzati ripetutamente;
• educazione dei consumatori: informare i consumatori sia sul fatto che anche le piante si ammalano sia sui rischi legati ai residui di agrofarmaci, promuovendo scelte di consumo consapevoli.
Pur comprendendo le legittime preoccupazioni ambientali, non si può non riconoscere che la drastica riduzione dei prodotti fitosanitari sta creando gravi problemi all'agricoltura italiana, soprattutto nel settore ortofrutticolo per le colture cosiddette minori, che hanno una notevole importanza nel nostro paese. Credo che, almeno da parte di chi lavora in questo ambito (anche sporcandosi le scarpe andando in campagna) ci voglia l’onestà intellettuale di affermare che un passaggio completo ad un'agricoltura senza agrofarmaci non è attualmente fattibile e che è necessario un approccio più equilibrato che tenga conto sia della protezione ambientale sia della redditività del settore agricolo. Credo che anche i ricercatori debbano fare la loro parte, evitando facili generalizzazioni e prestando molta attenzione nella comunicazione dei risultati delle proprie ricerche. Definire gli agrofarmaci con il loro nome (e non chiamandoli pesticidi, come ancora molti continuano a fare) dovrebbe anche aiutare i consumatori a capire che essi sono nient’altro che le medicine per le piante. Sviluppati con lo stesso impegno e attenzione.
Il concetto di salute circolare, che unisce la salute di uomo, animali, piante e ambiente dovrebbe anche aiutare i consumatori a capire che tutti quanti ci ammaliamo e quando questo succede tutti quanti ci curiamo. In definitiva, la strada da percorrere è complessa e richiede un approccio pragmatico e scientificamente fondato, evitando semplificazioni e generalizzazioni. Il settore ortofrutticolo italiano necessita di un supporto concreto e di un impegno coordinato da parte delle istituzioni, della ricerca e degli operatori del settore.
Prof.ssa Maria Lodovica Gullino