Uva in GDO: il confezionato soppianterà lo sfuso?

La gestione degli sfridi è cruciale

Uva in GDO: il confezionato soppianterà lo sfuso?

Siamo nel pieno della campagna dell’uva da tavola, che si caratterizza quest’anno per una offerta in calo a causa delle bizze climatiche, anche se ciò non ha pregiudicato la qualità dei grappoli.

Queste parole trovano conferma nei punti vendita della GDO nazionale, che dedicano ampi spazi e numeriche importanti alla categoria – fino a 16 referenze in alcuni ipermercati – ed il livello qualitativo è di tutto rispetto, soprattutto se confezionato.

Proprio il prodotto confezionato rappresenta la soluzione migliore per preservare l’integrità dei grappoli d’uva, che notoriamente sono fra i prodotti più delicati all’interno del reparto. Inoltre, la confezione permette di valorizzare il brand o la MDD e allo stesso tempo consente di comunicare con maggior efficacia le caratteristiche distintive delle nuove varietà, oramai tutte senza semi, senza dimenticare come la facilità d’acquisto del confezionato sia nettamente superiore allo sfuso.

Difatti, oramai nelle catene si trovano grammature che soddisfano ogni esigenza: 500, 750, 1.000 grammi sono le più comuni, ma non mancano i formati famiglia da 1,5-3 chilogrammi. L’attenzione verso i materiali di confezionamento è un aspetto che sarà sempre più attenzionato dalle catene per non perdere di vista il tema ambientale e della sostenibilità, scegliendo quelli più idonei, che oltre a proteggere il prodotto, siano riciclabili e a minore impatto ambientale e che comunichino i valori dell'insegna ai propri consumatori.

Questo non significa che lo sfuso sia da bandire nei punti vendita, anzi, questa modalità di vendita trova ancora largo spazio, e, se ben gestita, valorizza il prodotto e può generare vendite incrementali. 

Il problema cruciale è che una buona esposizione di uva da tavola sfusa necessita di uno sforzo notevole da parte dei repartisti, i quali dovrebbero effettuare più caricamenti durante la giornata con le giuste quantità, piuttosto che un caricamento massivo a inizio mattina e poco altro durante la giornata. Opzione difficilmente applicabile, vista la penuria di manodopera in GDO.

Tuttavia, anche una buona gestione può limitare il problema, ma non eliminarlo, poiché comunque la manipolazione da parte del cliente incide negativamente sul livello qualitativo dei grappoli, che spesso giungono a fine giornate in condizioni pessime. La soluzione sarebbe la vendita assistita, ma ben sappiamo che non è praticabile per una questione di costi.

Quindi è probabile che in futuro le uve confezionate si guadagneranno ulteriore spazio, soprattutto alla luce di una percentuale di sfridi (mediamente sotto il 5%) nettamente inferiore rispetto allo sfuso (che può toccare punte del 15-20%).

L’importante è che nei negozi, in un modo o nell’altro, non si vanifichino gli sforzi che i produttori stanno facendo in campagna; questi, nell’arco di pochi anni, hanno innalzato il livello con selezioni di pregio, principalmente seedless, senza dimenticare le vecchie glorie (Italia in primis) che ancora rappresentano una quota importante del mercato.

Su questo aspetto si può essere ottimisti, vedendo in particolare l’esplosione di referenze premium spesso a marca del distributore, a dimostrazione di come le insegne della GDO abbiano compreso l'importanza delle uve sia per le vendite che per la fidelizzazione che creano. 

Ha collaborato Fabrizio Pattuelli

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