Attualità
Deficit idrico, la stagione irrigua è a rischio
L'analisi fra Veneto e Piemonte
Coldiretti, Confagricoltura, Cia, Copagri e il Consorzio di Bonifica Veronese lanciano l'allarme: «Ad oggi non è possibile garantire l'apertura della nuova stagione irrigua», che sarebbe in calendario per sabato 15 aprile.
«Deve essere chiaro che le sporadiche precipitazioni che dovessero verificarsi nel periodo che va da aprile a giugno non potranno assolutamente cambiare il quadro attuale», affermano. «Esse consentirebbero solo un temporaneo ed effimero allentamento dell'emergenza», precisano.
L'ente al quale compete la gestione delle risorse irrigue nella porzione della provincia veronese posta a destra del fiume Adige e i sodalizi degli agricoltori si sono trovati alla fine della scorsa settimana per pensare a come affrontare in maniera sinergica gli effetti della grave siccità che si sta protraendo da tempo e a causa della quale le prospettive per l'irrigazione delle campagne veronesi sono diventate «estremamente preoccupanti».
«Gli impianti e le infrastrutture di distribuzione dell'acqua sono pronti, ma mancano le risorse idriche», affermano ora il consorzio e le associazioni, precisando che se nel Nord della provincia la situazione è difficile, nella sua parte meridionale i problemi sono, se possibile, ancora maggiori. «Tutti i sistemi di pompaggio che prelevano direttamente acqua dall'Adige non sono in grado di funzionare a causa della portata del tutto insufficiente del fiume» dicono. D'altronde, nell'inverno appena concluso è stata registrata una pressoché totale assenza di precipitazioni, con una riduzione del 96% rispetto alla media storica, l'Adige versa attualmente in una condizione drammatica, con un deficit pluviometrico del 98% e con una portata che è scesa al di sotto di 4 metri rispetto allo zero idrometrico, e in quota si registra una totale mancanza di accumuli nevosi.
Il Consorzio di Bonifica Veronese «garantirà lungo l'intera stagione irrigua il massimo sforzo tecnico e operativo, essendo a servizio delle aziende agricole e dell'intero territorio», ma assieme alle associazioni, pur facendo salva la libertà di ogni imprenditore di fare le scelte che ritiene più opportune, sottolinea che «investire in questa fase su colture con elevate esigenze idriche, o con cicli vegetativi particolarmente lunghi, così come il pensare ai secondi raccolti, potrebbe risultare rischioso». Il perché è presto detto: «Non c'è nessuna garanzia che ci sarà acqua a sufficienza».
Secondo i dati dell'Arpav, Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto, braccio operativo della Regione, nei primi 20 giorni di marzo in Veneto sono caduti mediamente poco più di 17 millimetri di precipitazioni contro una media mensile di 65. A metà marzo, quindi, risulta caduto solo il 25% degli apporti attesi alla fine del mese. L'anno scorso era stato registrato un quantitativo medio di 13 millimenti. A febbraio le precipitazioni erano state di 3 millimetri mentre la media dal 1994 al 2022 è di 60.
IN PIEMONTE DEFICIT IDRICO AL 65%
Dopo un 2022 annus horribilis per la siccità e il caldo, il 2023 si preannuncia ancora peggio dal punto di vista della mancanza di precipitazioni in questi primi tre mesi. La Regione Piemonte corre ai ripari, e, in aggiunta alle misure per risparmiare acqua, stanzia 55 milioni di euro da destinare a interventi di breve e medio periodo per ammodernare gli impianti irrigui e realizzare micro invasi, ma prima che queste misure possano portare sollievo alla coltivazioni, bisognerà aspettare un anno. Il 2023, quindi, resterà “scoperto”, sperando che in primavera ed estate la siccità non torni ai livelli dello scorso anno. Sono questi alcuni degli aspetti approfonditi al convegno “La risorsa idrica in Piemonte”, organizzato dalla Regione Piemonte con la partecipazione di stakeholder istituzionali, del mondo della ricerca e universitario.
Nel tracciare gli scenari climatici di lungo periodo e i loro effetti sull’agricoltura piemontese nel trentennio 2020–2050, secondo Barbero, direttore generale dell’Arpa Piemonte, dopo aver ricordato che nel 2022 si è registrato il peggiore deficit idrologico degli ultimi 65 anni (111 giorni consecutivi senza pioggia in inverno, temperature di oltre 2 gradi al di sopra della media e una primavera con un caldo al di sopra della norma, che ha provocato lo scioglimento anticipato delle nevi), ha sottolineato che «nonostante le nevicate degli ultimi giorni, nelle nostre Alpi la situazione attuale di acqua immagazzinata nella neve è del 60% inferiore alla norma e nei primi mesi dell’anno 2023 il Piemonte ha registrato un deficit idrologico di -65%». Inoltre, le previsioni future indicano che a fine secolo in Piemonte ci possa essere un ulteriore aumento di 2 gradi della temperatura, nello scenario più ottimista, e di 5 gradi nello scenario più pessimista.
Di conseguenza, secondo il direttore dell’Arpa, «dobbiamo aspettarci una variazione del regime idrogeologico dei fiumi piemontesi: solo per effetto di questo nuovo regime, nel trimestre estivo giugno, luglio, agosto, avremo in un anno medio un -10/15% di disponibilità di acqua nei fiumi, proprio perché il nuovo regime idrogeologico avrà anticipato la fusione delle neve. Questo è un dato di partenza dal punto di vista delle programmazioni. Ci si sta muovendo per mettere a disposizione del mondo dell’agricoltura nuovi strumenti ed elementi per usare al meglio la risorsa acqua, quali le osservazioni aggiornate con dati satellitari e tutte le informazioni utili da un punto di vista agroalimentare, con le previsioni a 15 giorni con tutti gli elementi utili per la programmazione».
Carlo Grignani, direttore del Disafa (Dipartimento di scienze agrarie, forestali e alimentari) dell’Università degli studi di Torino, ha analizzato le prospettive di modifica e adattamento del sistema colturale piemontese, sottolineando che, per far fronte alla siccità e alla temperatura eccessiva, occorre modificare i metodi irrigui, migliorandone l’efficienza a scala di campo e di territorio, preferendo all’irrigazione per scorrimento, che ha costi contenuti ma una bassa efficienza, la microirrigazione e soprattutto l’irrigazione a pivot. «Noi non ci aspettiamo uno stravolgimento colturale, perché tutti i dati ci dicono che dobbiamo rimanere con le piante che abbiamo, ma coltivandole in maniera un poco diversa, agendo sulla leva del ciclo colturale per arrivare ad avere forse sistemi soltanto invernali – ha spiegato».
Fonte: L'Arena e Il Sole 24 Ore