Drupacee a vaso con struttura di sostegno: produzione in crescita e qualità eccellente

Un innovativo sistema di allevamento sviluppato in Romagna. Ecco i suoi vantaggi

Drupacee a vaso con struttura di sostegno: produzione in crescita e qualità eccellente

Nel panorama frutticolo, le forme di allevamento si distinguono principalmente in due modelli: le forme in parete, che si sviluppano in altezza e richiedono l’uso del carro raccolta, e le forme in volume, gestibili interamente da terra. La scelta del sistema di allevamento incide profondamente sulla produttività, sulla qualità del raccolto e sull’efficienza operativa dell’azienda agricola. 
Su questo tema raccogliamo le esperienze di Stefano Rivalta, frutticoltore romagnolo che conduce un’azienda specializzata in drupacee vicino a Ravenna, e che da qualche anno ha apportato alcune modifiche al vasetto, fra le forme d’allevamento più in voga, in Romagna, e non solo.

“Dal 2008, nella mia azienda, ho lavorato per ottimizzare la gestione del vaso ritardato nella coltivazione delle drupacee, in particolare nettarine e susine. L’esperienza maturata in 27 anni con il vaso ritardato di Big Top – caratterizzato da branche non assurgenti, molto aperte e con sgolature (potature della branca su ramo di ritorno) – mi ha portato a sviluppare un nuovo approccio per migliorare la stabilità della struttura produttiva e l’efficienza della gestione agronomica".

Nella foto rami produttivi di susina varietà Angeleno prossima alla raccolta

Un nuovo concetto di allevamento: il frutteto con struttura di sostegno
“Quasi vent’anni fa, per un nuovo impianto di susina Angeleno, ho scelto di adottare una struttura di sostegno ispirata al sistema a pergola utilizzato nei vigneti. Questo modello si distingue per una palificazione parallela al terreno, ancorata ai pali principali, che sostiene i fili sui quali vengono inseriti i tralci. Non avendo esempi di riferimento – prosegue Rivalta – ho elaborato una soluzione basata sulle caratteristiche del vaso ritardato, adattandola a una struttura che garantisse maggiore stabilità e durata nel tempo”.

Nella foto un dettaglio della palificazione

Le principali caratteristiche dell’impianto sono:
• Distanza sulla fila: 3 metri
• Distanza tra le file: 5,7 metri
• Impollinatore: fuori sesto, ogni 3 piante
• Pali di sostegno: ogni 9 metri
• Schioppo (braccio orizzontale di sostegno): lungo 2 metri per lato, con un filo per lato in testa, per il sostegno delle branche
• Altezza dello schioppo da terra: 1,7 metri
• Struttura delle piante: 4 branche per pianta, inserite nel tronco tra i 50 e i 60 cm da terra
• Angolo di apertura verticale: non inferiore a 55°
• Angolo di apertura orizzontale tra le branche: 75° per consentire la distribuzione uniforme del carico produttivo lungo il filo di sostegno
• Lunghezza delle branche: circa 2,45 metri, estendibili di ulteriori 50-60 cm grazie al filo di sostegno
• Scheletro produttivo per pianta: circa 12 metri di sviluppo, corrispondenti a circa 8.000 metri per ettaro

I vantaggi della struttura di sostegno
L’adozione di questa tecnica ha portato a una serie di benefici concreti in termini di gestione agronomica e produttività:
1. Migliore equilibrio vegetativo – Le branche distese favoriscono una crescita più equilibrata, grazie a una circolazione della linfa rallentata, che permette di mantenere una distribuzione costante della vigoria lungo tutta la struttura.
2. Assenza di succhioni – La conformazione delle branche elimina la crescita di succhioni sia in testa che lungo la dorsale, riducendo la necessità di interventi di potatura.
3. Qualità dei frutti uniforme – La pezzatura e il grado Brix risultano omogenei lungo tutta la pianta, senza differenze significative tra la parte bassa (sottana) e quella alta (cima).
4. Produzioni elevate – La resa per ettaro con calibro 50+ supera agevolmente gli 800 quintali, garantendo un’elevata efficienza produttiva.
5. Gestione interamente da terra – Tutte le operazioni, dalla potatura alla raccolta, possono essere eseguite senza l’uso di mezzi elevatori, aumentando la flessibilità della manodopera.
6. Riduzione dei tempi di potatura – L’intervento di potatura si riduce a 80-100 ore per ettaro, ottimizzando i costi di gestione.
7. Longevità del frutteto – L’impianto può garantire una vita produttiva di almeno 25-30 anni, riducendo la necessità di reimpianti frequenti.
8. Facilità di transito – Il passaggio di trattori cabinati tra le file risulta agevole, migliorando l’efficienza delle operazioni colturali.

Nella foto susino di varietà Angeleno in piena fioritura

“Condivido questa esperienza con l’obiettivo di offrire uno spunto di riflessione e un possibile modello di riferimento per i frutticoltori, romagnoli in primis. L’innovazione nelle tecniche di allevamento rappresenta una leva strategica per migliorare la sostenibilità e la redditività delle aziende agricole. L’adozione di strutture di sostegno nelle forme di allevamento in volume potrebbe rivelarsi una scelta vincente per chi cerca soluzioni efficienti e durature nella gestione dei frutteti” conclude Rivalta. (gc)

Clicca qui per iscriverti alla Newsletter quotidiana di IFN