Con l'LCA (Life Cycle Assessment) CCPB valuta l’impatto ambientale dell’agricoltura

Giuseppe Maio: «Importante strumento di supporto decisionale per le aziende»

Con l'LCA (Life Cycle Assessment) CCPB valuta l’impatto ambientale dell’agricoltura

Quasi ogni giorno il tema della riduzione degli impatti ambientali delle attività e, di conseguenza, del contrasto al climate change è nelle priorità enunciate dalla politica per una transizione verso sistemi produttivi sostenibili e resilienti che, in campo agricolo, mirino a ridurre l’impatto causato dall’attività in campagna, per mitigare il cambiamento climatico e favorire la protezione e la conservazione di risorse e biodiversità. Per poter ridurre l’impronta del settore agricolo è quindi fondamentale che le organizzazioni misurino le proprie performance ambientali, così da poter valutare soluzioni alternative e meno impattanti.

IFN ha approfondito il tema con Giuseppe Maio, Responsabile di schema certificazioni ambientali CCPB. “Sia a livello nazionale che globale, l’agricoltura è una delle attività produttive che hanno un significativo impatto ambientale. Il settore agricolo è infatti responsabile di considerevoli emissioni in termini di gas serra (CH4, N2O, CO2); l’agricoltura, poi, non si limita solo alle emissioni, basti pensare all’uso di risorse , come il consumo idrico, quello di suolo e alla dispersione di sostanze inquinanti”.

“La metodologia internazionale utilizzata per misurare gli impatti ambientali delle filiere produttive, comprese quelle agro-alimentari, è il Life Cycle Assessment (LCA), o Analisi del Ciclo di Vita – spiega Maio. L’analisi del ciclo di vita (LCA) rappresenta una metodologia molto utilizzata per la valutazione delle performance ambientali. Essa, infatti, è alla base dei requisiti e dei criteri di diversi schemi di certificazione delle prestazioni ambientali oggi applicabili”.

La sua applicazione permette la valutazione e la quantificazione delle performance ambientali delle diverse fasi della filiera produttiva e quindi, grazie ai risultati ottenuti, la possibilità di progettare e implementare strategie produttive che mirano alla riduzione degli impatti generati. 
Attraverso l’applicazione dell’LCA possono essere quantificati e valutati specifici indicatori ambientali, tra i principali possiamo annoverare:
• Cambiamento Climatico (gas effetto serra GHG);
• Consumo idrico;
• Consumo energetico di origine fossile e rinnovabile;
• Potenziale di Acidificazione; 
• Potenziale di Eutrofizzazione;
• Ecotossicità delle acque e del suolo;
• Potenziale di ossidazione fotochimica (smog).

Da tempo CCPB ha colto questo opportunità, offrendo un’ampia gamma di servizi di valutazione e certificazione applicabili anche alle filiere agro-alimentari, molti dei quali basati su tale metodologia. Possiamo citare:
• Critical Review dello studio LCA in conformità alle norme ISO 14040 e 14044;
• EPD – Environmental Product Declaration, ovvero la dichiarazione ambientale di prodotto; 
• Carbon Footprint o impronta carbonica;
• Water Footprint o impronta idrica.

“L’applicazione di tali servizi basati sulla metodologia LCA consente alle organizzazioni di valutare, verificare e dichiarare le proprie performance ambientali per un prodotto, processo o servizio, durante il suo intero ciclo di vita – continua Maio. Tale metodologia consente di misurare le performance e di analizzare quindi tutte le fasi di un processo produttivo, identificando le aree più critiche sulle quali intervenire, permettendo alle organizzazioni di avere uno strumento che le guidi nella ridefinizione, progettazione e nell’implementazione di modelli produttivi più sostenibili, basati su dati e quantificazioni puntuali e verificate. Quindi, i servizi basati su tale metodologia si pongono come un fattore di competitività in un settore ormai globalizzato e in continua evoluzione, come quello delle commodities agricole. Infatti, la comunicazione corretta e trasparente delle performance ambientali, avvalorata dalla certificazione, può diventare un elemento che influenza le scelte da parte degli attori della filiera o del consumatore finale, ormai sempre più attenti anche a questi aspetti; inoltre l’applicazione di strategie produttive meno impattanti può favorire la possibilità di ridurre i costi di produzione”, conclude Maio.