Dal campo
Abate Fètel: dalla ricerca arrivano risposte concrete per il rilancio
Foschi (UnaPera): «I primi due anni di indagine e sperimentazione forniscono indicazioni interessanti»
In un recente editoriale abbiamo spiegato perché la pericoltura italiana non possa prescindere dall’Abate Fétel (clicca qui per leggerlo) e, parimenti, abbiamo accennato dell’esistenza di una task force all’interno dell'AOP UnaPera, che ha l’obiettivo di risolvere i problemi che affliggono la regina delle pere.
Per capire le prime evidenze in merito abbiamo contattato Stefano Foschi, responsabile e coordinatore ricerca, sviluppo e sperimentazione di UnaPera (in foto qui sotto).
“Prima di arrivare alla parte saliente, ovvero, la disamina dei primi risultati, penso sia necessario spiegare il contesto di partenza. Pochi mesi dopo la nascita del consorzio sono stato incaricato di guidare il Comitato Tecnico di UnaPera, ovvero, un gruppo di lavoro composto dai referenti di ogni singola azienda, che si fa carico di decidere le strategie tecniche da mettere in atto lungo tutta la filiera: dal campo al post raccolta. Il primo anno è servito soprattutto per indagare con precisione le innumerevoli criticità nei diversi areali produttivi, oltre che per portare a valore prove sperimentali ed evidenze che derivavano da attività precedenti. A partire dal 2023, sulla base di quanto è emerso, abbiamo impostato progetti di ricerca ben definiti e con un arco temporale di medio lungo periodo, per trovare soluzioni alla crisi dell’Abate Fétel. Al contempo, abbiamo iniziato a proporre eventuali varietà che siano in grado di posizionarsi nel calendario di maturazione in altri periodi di raccolta. Tutto questo senza dimenticare l’altra varietà di riferimento, William, anch’essa oggetto di ricerche".
“Per farlo abbiamo attivato un network di collaborazione che vede impegnate varie Università (Unibo, Unife, Unimore), Centri di Ricerca nazionali (RiNova, Fondazione F.lli Navarra e Agri 2000 Net) ed esteri, strutture come il Cer o Istituzioni Pubbliche come il Sfr Regionale e il Consorzio Fitosanitario di Modena, oltre a centri per l’innovazione varietale, come Civ e New Plant".
“UnaPera - prosegue Foschi – ha perciò portato a compimento un programma integrato di attività, che si è tradotto in una serie di attività sperimentali che hanno come primo step di finanziamento il 2025, con l’obiettivo di traguardare il 2028-2030. Tutte le strutture afferenti a UnaPera sono impegnate nell’effettuazione delle attività, che vengono divulgate agli apparati tecnici delle associate e agli imprenditori agricoli".
Il concetto di “condivisione e confronto” emerge spesso durante il colloquio con il ricercatore, a dimostrazione di come ogni decisione sia presa collegialmente, con la consapevolezza che non c’è una verità univoca applicata indistintamente, ma si sviluppano linee guida che devono essere contestualizzate all’interno delle singole aziende grazie al supporto del tecnico di campagna.
Senza entrare nei dettagli, che svilupperemo prossimamente con focus dedicati, sono quattro i principali ambiti esaminati dal Comitato Tecnico UnaPera: impiantistica, difesa, post-raccolta e prova-scenario.
“Partendo dall’impiantistica – illustra Foschi – la scelta del portinnesto negli impianti di Abate è un fattore chiave nella messa a dimora dei nuovi impianti. L’input che stiamo dando ai produttori è semplice: dove non ci sono particolari controindicazioni si può continuare a utilizzare il cotogno, declinato nelle sue varie tipologie a seconda della specifica situazione pedoclimatica. La tendenza, visti i decorsi climatici degli ultimi anni, è quella di prediligere i cloni più vigorosi, come, ad esempio, il BA29, con intermedio di Butirra Hardy. Infatti, l’aumento delle temperature e i periodi di siccità prolungata mettono in crisi i portinnesti nanizzanti. Negli ambienti più ‘ostili’ al cotogno suggeriamo il portinnesto autoradicato di Conference che si sta mostrando estremamente resiliente grazie alla buona vigoria indotta alla pianta, senza per questo pregiudicarne la produttività, che si posiziona costantemente sopra 35 tonnellate per ettaro. Ovviamente i soggetti più vigorosi necessitano di particolari cure, soprattutto all’impianto e in potatura, vanno adattati con sesti più ampi, ma in condizioni di difficoltà possono essere considerati come alternativa necessaria. Per affinare la tecnica di coltivazione abbiamo appena messo a dimora due campi prova, uno nel modenese e l’altro nel ferrarese, dove confrontiamo i portinnesti autoradicati, un franco (Farold 40) ed il cotogno BA29. Per ulteriori dettagli è già disponibile un documento che sintetizza le tecniche consigliate, cliccando su questo link “.
“Il focus sulle strategie difesa si concentra sui tre patogeni a oggi più pericolosi: Maculatura Bruna, Valsa e Psilla. Attualmente disponiamo di risultati preliminari, ma in alcuni casi, come ad esempio per la Maculatura Bruna, possiamo già fornire un protocollo di difesa da adottare nei casi più critici, che prevede la rottura totale del cotico erboso all’interno del pereto, fin dalla caduta foglie. Così facendo, è possibile abbattere l’inoculo con risultati apprezzabili da un anno all’altro. Chiaramente è una misura ‘estrema’, con diverse controindicazioni di carattere agronomico – come la diminuzione della portanza del terreno e l’impoverimento della sostanza organica – che cercheremo di bypassare con l’introduzione di un inerbimento di essenze specifiche. Tuttavia il condizionale è d’obbligo, perché occorre ancora tempo per consolidare i dati”.
“Spostandoci alla fase di post-raccolta vorrei menzionare un progetto, in collaborazione con l’Università di Bologna, che studia la possibilità di prevedere fin dalla raccolta la suscettibilità di una determinata partita al riscaldo superficiale. Questo sistema predittivo permetterebbe di stoccare le pere in funzione del grado di rischio a questa fisiopatia, con un grande beneficio a livello commerciale, poiché i frutti più suscettibili verrebbero immessi sul mercato per primi".
“Infine - dichiara Foschi – la cosiddetta 'Prova scenario', che consiste nel confrontare l’attuale strategia di difesa tramite i disciplinari di lotta integrata con una difesa che simula lo scenario futuro più verosimile, ovvero, con l’eliminazione dei principi attivi a maggior rischio revoca, abbinato a un timing prolungato da un trattamento all’altro e dall’assenza di miscele con oltre due-tre principi attivi. Per farlo, abbiamo scelto impianti di Abate Fétel e Williams nelle tre province di Modena, Ferrara e Ravenna, in modo da prendere in esame i diversi ambienti. Gli obiettivi sono sostanzialmente due: farsi trovare pronti ogni qual volta il legislatore elimina dei presidi fitosanitari e, parimenti, fornire degli input oggettivi sull’effetto di queste decisioni”.
Nel 2024, oltre a proseguire la ricerca nelle quattro macroaree appena descritte, si prevede di prendere in esame altri temi non meno importanti: “ci focalizzeremo sul fattore irriguo e anche sulla gestione della problematica 'danni da freddo sulle produzioni', al fine di efficientare l’utilizzo degli impianti presenti, e di promuovere un sistema efficiente di rilevamento (sia per le temperature, che per la gestione irrigua) che si traduca in sistemi esperti di alert e di consiglio pratico di utilizzo degli impianti irrigui e antibrina”, conclude Foschi.
Difficile prevedere se la task Force di UnaPera riuscirà a risollevare le sorti dell’Abate Fétel, ma l’approccio per certi versi pioneristico, che si fonda sul confronto collegiale fra i tecnici e la collaborazione con i principali enti di ricerca, è quello giusto.
Il progetto “Ricerca e sviluppo di nuove tecniche di gestione colturale, difesa fitosanitaria, e gestione post raccolta del pero, al fine di adattare la filiera ai mutati cambiamenti climatici, per produzioni resilienti, ecosostenibili, e di alta qualità percepita rispetto al mercato di destinazione” è realizzato nell’ambito del finanziamento OCM ORTOFRUTTA - Reg.UE – 2021/2115, art. 50 programmi operativi settore ortofrutta.
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