Clima tropicale in Liguria, fruttificano anche le banane

La coltivazione sperimentale di Marco Damele mira a tutelare la biodiversità

Clima tropicale in Liguria, fruttificano anche le banane
Le banane crescono sempre più a nord e, dopo le prime coltivazioni di successo in Sicilia (clicca qui per approfondire), ora questi alberi fruttificano anche in Lombardia e Liguria.
Se a Cartabbia (Varese) una signora si è ritrovata caschi di banane negli alberi che innaffiava in giardino (clicca qui), in provincia di Imperia c’è chi ha avviato una coltivazione sperimentale.

Si tratta di Marco Damele dell’azienda agricola Eredi Damele Antonio, che a Camporosso coltiva un’ottantina di banani. “Oltre a portare avanti la coltivazione di fiori tradizionali – spiega a Italiafruit News – sto cercando di introdurre anche piante antiche e rare con l’obiettivo di tutelare la biodiversità vegetale. Tra le tante piante che sono riuscito ad acclimatare e moltiplicare c’è la cipolla egiziana e, quasi per gioco, ho provato con le banane, che da un paio di anni producono regolarmente”.



“Ci troviamo in una vallata abbastanza fredda – aggiunge - fino a 10 anni fa era impensabile coltivare le banane perché le piante morivano prima ancora di arrivare a maturazione. Ad oggi invece posso dire che la fase sperimentale è perfettamente riuscita e le piante si sono adattate alle nostre temperature sempre più calde: segno di un cambiamento climatico che sta profondamente trasformando la nostra natura e che ci costringe ad un ragionamento più ampio”.



Le banane prodotte da Damele hanno lo stesso gusto di quelle che si trovano in commercio ma si caratterizzano per un calibro decisamente più ridotto. La produzione sarà limitata all’autoconsumo: “Non abbiamo spazi idonei per una produzione industriale, le nostre superfici si aggirano sui 3mila metri quadri e sarebbe impossibile soddisfare il mercato - commenta Damele – sto portando avanti questa coltivazione per poter monitorare i cambiamenti sul nostro territorio. Ad oggi siamo ancora nella fase di piena maturazione, favorita da temperature che arrivano fino ai 33 gradi”.



Una cipolla antica che guarda al futuro



Tra le coltivazioni dimenticate che Damele ha fatto rivivere c’è anche quella della cipolla egiziana, che produce dal 2012. “Anche se si chiama cipolla egiziana, in realtà non arriva dall’Egitto – specifica il coltivatore – a portarla in Italia già dal 1400 sono stati popoli di origine asiatica durante le loro migrazioni e oggi è riconosciuta dall’arca del gusto di Slow Food”.
E aggiunge: “Abbiamo cercato di reintrodurla con una fase di studio e oggi possiamo contare su una superfici di mille metri quadrati che produce circa 50mila bulbi all’anno. Vendiamo sia bulbi che piante in tutta Italia ed Europa, principalmente in Francia, Svizzera e Germania: in questi Paesi è molto richiesta perché si adatta bene a tutti i terreni, tant’è che può essere coltivata anche a 2mila metri di altezza come succede alle pendici del Monte Bianco ed anche in Siberia, mentre in alcune zone viene utilizzata per bonificare i terreni inquinati”.
Con una interessante prospettiva di reddito, la cipolla egiziana differisce da quella tradizionale per tre caratteristiche – sottolinea Damele – non produce semi ma solo bulbi sulla sommità della pianta e non muore mai, contiene il doppio di vitamina C rispetto alle altre cipolle ed ha una percentuale di zolfo bassissima che garantisce il consumo crudo senza creare problemi di alitosi o cattiva digestione.



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