Carciofo brindisino in piena crisi, produzione crollata del 60%

Il prodotto pugliese tra la morsa del clima e della concorrenza estera

Carciofo brindisino in piena crisi, produzione crollata del 60%

Per il carciofo brindisino si prospetta un’altra stagione complessa; l’areale, infatti, è tra la morsa di condizioni climatiche instabili e le importazioni massicce di prodotto estero da Tunisia ed Egitto. I produttori sono in apprensione per il futuro di un prodotto che, di anno in anno, perde superfici e appeal sul mercato. Secondo i dati Istat, la provincia del Brindisi nel 2023 contava una superfice destinata al carciofo di 3.400 ettari, con una incidenza sulla produzione nazionale vicina al 10%, ovvero la quinta provincia più importante d'Italia
Ma il trend non è di certo positivo; infatti, nel 2021 la superfice era di 3.800 ettari. Numeri alla mano, quindi, in tre stagioni si sono persi 400 ettari, oltre il 10% della superficie.

E alla luce di questi dati i produttori sono preoccupati, la raccolta procede molto lentamente perché le piante, a causa del caldo prolungato, sono andate in sofferenza e, a complicare il quadro, contribuiscono i capolini provenienti dall’Africa hanno quotazioni estremamente concorrenziali. Anche il prodotto di pregio, per non buttarlo, finisce così all’industria di trasformazione ma non porta reddito.

La produttrice Rosanna Leone, intervistata da Tgr Puglia, dichiara: “La campagna si incentrava su quantità generose ma, purtroppo, il clima ci mette in grande difficoltà compromettendo i volumi”. Infatti, le escursioni termiche tra giorno e notte che interessano l’areale sono nefaste per la produttività delle piante.

Il vicepresidente CIA, Puglia Giannicola D’amico, fa presente quanto le quotazioni siano basse per il produttore e non in linea con il prezzo che alla fine paga il consumatore. “I capolini in questa fase vengono quotati circa 35 centesimi l'uno - dichiara al Tgr Puglia - ma la produzione è limitata e alla fine i consumatori pagano un prezzo triplicato. Quindi si crea una forbice di prezzo troppo ampia e sfalsata rispetto alla valutazione in campo”.
I produttori chiedono a gran voce l’intervento delle associazioni di categoria per evitare che progressivamente le superfici si riducano ulteriormente.