«Nocicoltura italiana, chiediamo maggiore tutela dall'Unione Europea»

Con Sciannimanica (Op Il Noceto) una panoramica sulle difficoltà che il settore deve affrontare

«Nocicoltura italiana, chiediamo maggiore tutela dall'Unione Europea»

Il mercato della nocicoltura italiana sta attraversando un periodo difficile, segnato da significative riduzioni di volumi, legate a loro volta ai fenomeni metereologici estremi che si sono verificati nel corso della primavera e dell’estate di quest’anno. I raccolti inferiori alle aspettative e le problematiche del settore sono elementi con cui le aziende coinvolte devono interfacciarsi. 
Ne abbiamo parlato con Michele Sciannimanica, direttore generale de Il Noceto, l’Organizzazione di 14 produttori di noci Lara del Veneto e del Friuli, che ci ha fornito anche una panoramica sul mercato. 

“In controtendenza con quello che sta accadendo in Italia, negli Stati Uniti si prevede un raccolto superiore alle aspettative e di buona qualità, mentre in Francia i produttori hanno i maggazzini ancora ingolfati dalla produzione 2022. Ci troviamo dunque tra due fuochi, con gli americani che continuano a praticare prezzi bassissimi e la Francia che continua a esportare le noci del 2022 a prezzi bassi per liberare i magazzini grazie agli aiuti ai produttori stanziati dal governo francese”, illustra Sciannimanica. “In uno scenario come quello appena descritto non è contemplata una riduzione delle importazioni, in quanto la crisi e l’inflazione hanno eroso la propensione all’acquisto dei consumatori, che viste le differenze di prezzo, si orienteranno verso il consumo di noci d’importazione perché, nonostante la qualità bassa o la scarsa propensione al rispetto dell’ambiente, hanno prezzi di due o tre volte inferiori al prodotto nazionale”.

Tra le ragioni che giustificano queste differenze di prezzo, per quanto riguarda gli Stati Uniti, ci sono i costi di produzione: mezzi tecnici, gasolio e manodopera costano meno che in Italia ma, soprattutto, la possibilità di utilizzo di fitofarmaci, vietati in Europa, che permettono di avere delle rese produttive per ettaro triple rispetto a quelle nazionali.
“L'Unione europea dovrebbe imporre anche ai prodotti di importazione le stesse regole che vengono applicate in Europa a salvaguardia dell’ambiente , così come è previsto ad esempio dalla FDA (Food and Drug Administration, ndr) americana nel caso in cui i prodotti europei vengano esportati negli USA. Inoltre, l’Europa dovrebbe, a tutela degli stessi interessi economici dei propri cittadini, adottare politiche ambientali realizzabili e non utopistiche: un’azienda come la nostra, che adotta la produzione integrata da decenni, che è certificata Residuo Zero e Biodiversity cosa può fare di più nel rispetto dell’ambiente?”, si interroga Sciannimanica. 

La produzione di noci del 2023 dell’organizzazione di produttori ha subito una riduzione media del 30% dovuta a funghi, batteri e insetti. A tal proposito Antonio Fiorin, tecnico agronomo della OP ed esperto del settore dichiara: “La legislazione europea dovrebbe tenere conto delle specificità di ogni coltivazione e non costringerci all’applicazione di una regola generica. Per fare un esempio, è stato fissato il limite per l’utilizzo di rame in agricoltura ad un massimo di 28 chilogrammi per ettaro nel periodo 2019-2025 e noi dobbiamo attenerci a questa regola, nonostante sia controproducente per il nostro settore e nonostante il nostro terreno non abbia avuto riduzioni di biodiversità per utilizzi a dosi più elevate per gli anni passati”.
Concludendo, occorre ancora maggior tutela da parte dall'Unione europea per salvaguardare il settore e le tavole degli italiani: “Continuando su questa strada non solo andremo fuori mercato ma saremo costretti a breve a chiudere le aziende con il solo risultato che le noci sulle nostre tavole saranno prodotte in paesi in cui non c’è rispetto per l’ambiente e quindi senza aver ottenuto lo scopo di salvaguardia dell’ecosistema che ci siamo prefissi”.

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