L’agricoltura fa la forza: quattro ragazzi salvano l’albicocca di Scillato

Un presidio Slow-Food che stava per cadere nel dimenticatoio

L’agricoltura fa la forza: quattro ragazzi salvano l’albicocca di Scillato

Nell’agricoltura moderna si cerca di ottenere varietà performanti: coniugare duttilità, velocità e risultati. Caratteristiche che in campo si traducono in precocità, resistenza alle condizioni metereologiche, produttività e caratteristiche organolettiche idonee a una filiera sempre più esigente. 
Ovviamente il progresso è indispensabile per ottenere risultati anche se, inevitabilmente, a pagarne il prezzo più alto sono le varietà ortofrutticole storiche, come l’albicocca di Scillato (Presidio Slow Food dal 2014), non ritenute più remunerative.

Questa albicocca precoce, tipica del paesino palermitano di Scillato, nelle Madonie, matura a fine maggio e la sua commercializzazione dura poco più di un mese. È un albicocca molto rustica che non necessità di trattamenti agronomici particolati ed è resistente alle fitopatologie. Caratterizzata da una forma ovale, buccia vellutata dal colore giallo-arancio con sfumature rosse e una polpa morbida, succosa e dal sapore intenso. La raccolta avviene ancora a mano in modo scalare perché i terreni scoscesi non permettono l’utilizzo di nessun mezzo. 

Per le sue proprietà, il frutto tipico di Scillato è stato anche inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali (PAT) dal Ministero delle politiche agricole e forestali. Questa albicocca negli anni è stata molto vicina all’oblio perché in un’areale in via di spopolamento, produzioni costantemente attaccate da ungulati e shelf-life ridotta del prodotto, mantenere in vita questa coltivazione era considerata un’impresa.
Impresa a cui non si sono sottratti quattro ragazzi dell’associazione “Terre di Carusi” (“Terre di ragazzi” in dialetto): Alberto Battaglia, Angelo Nicchi, Giuseppe Oddo e Giuseppe Quagliana, che hanno deciso di intraprendere un percorso di salvaguardia e tutela dell’albicocca di Scillato.

Il percorso è iniziato nel 2012, quando l’amministrazione comunale, in collaborazione con L’Università di Palermo, ha indetto un corso per operatore agricolo. Tra i tanti partecipanti (circa 50), si ritrovarono a partecipare proprio i quattro amici che in sinergia con il Professore Francesco Sottile, all’epoca membro dirigenziale della condotta Slow Food Sicilia, si sono innamorati dell’albicocca di Scillato e hanno deciso di tutelare la varietà madonita e provare il rilancio commerciale.  
Così nasce “Terre di Carusi”:  un progetto mosso dalla responsabilità, non solo di riscoprire una tradizione come la coltivazione delle albicocche, ma un vero e proprio percorso di tutela del territorio. Alberto Battaglia, Angelo Nicchi e Giuseppe Oddo e Giuseppe Quagliana in questi anni sono divenuti veri e propri custodi di Scillato e della sua storia.

“Abbiamo recuperato 1.500 piante - spiega Alberto Battaglia - terreni dismessi da oltre 20 anni che i nostri padri hanno abbandonato, perché non permettevano una resa adeguata, sostituendoli con gli ulivi. Sono stati i nonni a raccontare ai giovani agricoltori i segreti di una coltivazione tradizionale con una raccolta che viene fatta rigorosamente a mano. Abbiamo assorbito il know-how degli anziani per dare un futuro all’albicocca di Scillato”.

Fonte foto: Terre di Carusi