Dal campo
La mosca della frutta fa paura: agrumi e cachi sotto assedio
Il clima caldo-umido crea un habitat ideale
La mosca della frutta (Ceratitis capitata) sta diventando tra i fitofagi più allarmanti per i frutteti italiani; soprattutto per agrumi e cachi i rischi sono molto elevati dato che una fase del loro ciclo fenologico, rispettivamente l'invaiatura e la maturazione, coincidono con la massima attività del fitofago.
Tra le cause che aumentano la pressione della mosca della frutta, vanno annoverate sicuramente le condizioni climatiche: caldo prolungato e umidità permettono al fitofago di riprodursi e, in autunno, frutti come clementine, arance e cachi ne pagano le conseguenze con danni che compromettono l’estetica e la shelf-life dei prodotti.
Agrumi
Per gli agrumeti, che in questa fase dell’anno sono in invaiatura, monitorare la presenza degli adulti diventa indispensabile per salvaguardare l’agrumeto. Anche se l’individuazione degli adulti, attraverso l’utilizzo di trappole, non dà indicazioni utili per le soglie di intervento e sui potenziali danni che potrebbero causare in termini di ovideposizione e di attività trofica delle larve nella polpa. Tanto dipende anche dalle varietà di agrumi; infatti, lo spessore dell’albedo ostacola l’attività delle larve: ad esempio, una clementina è molto più suscettibile rispetto a un’arancia Navel.
Cachi
Gestire la mosca della frutta anche nel cachi è diventato molto complesso; da qualche anno c’è stato un crescendo di difficoltà e sembra che gli strumenti per contenere il fitofago siano ora insufficienti. Quindi, anche per i cachi l’allerta è massima dato che, negli ultimi anni, gli attacchi più importanti hanno danneggiato diverse coltivazioni negli areali nazionali. L’attività trofica, in frutti polposi e zuccherini come i cachi, può causare perdite ingenti che possono arrivare anche al 35-40% del raccolto.
La fase più complessa per il cachi è a inizio autunno, quando i frutti sono nella fase finale della maturazione e l’insetto causa danni al prodotto pronto alla raccolta.
Lotta chimica
Le strategie con prodotti di sintesi sono poco efficaci anche perché non ci sono principi attivi capaci di debellare le larve. Quindi, la strategia idonea è cercare di applicare adulticidi che siano il più selettivi possibile. Il metodo delle esche proteiche attivate con un insetticida ammesso – come si legge su TerraèVita, in un articolo di Arturo Caponero - da distribuire a filari alterni sul lato più soleggiato della chioma (da ripetere dopo eventi piovosi dilavanti) è da preferire a trattamenti generalizzati con etofenprox o un piretroide (questi ultimi hanno solo azione adulticida) o con il neonicotinoide acetamiprid che può avere solo una parziale azione larvicida avendo una certa citotropicità.
Lotta Biologica
In questo caso si possono utilizzare trappole per la cattura massale o esche attivate con spinosad che vengono distribuite direttamente sulla vegetazione in piccole quantità a intervalli regolari di 5-10 giorni.
Anche i trattamenti diventano un’arma a doppio taglio, sia per i costi dei fitofarmaci che minano le tasche delle aziende agricole che per la loro predisposizione al dilavamento rapido dopo le piogge. La resistenza sviluppata dagli insetti ai trattamenti mette poi alle corde la produzione. La mosca causa pe rtantosia problemi diretti che indiretti, poiché costringe a trattamenti costanti e ripetuti. Il clima continua così a fortificare questo fitofago e gli strumenti disponibili non sembrano sufficienti per contrastarlo.
Fonte foto: Wikipedia