«Banane, fermiamo la corsa al ribasso delle quotazioni»

Pastore (Fairtrade Italia): «Per le aziende europee serve più dovere di diligenza»

«Banane, fermiamo la corsa al ribasso delle quotazioni»

Il dibattito sul prezzo delle banane è sotto i riflettori mondiali. Sul valore della filiera e sulle sue debolezze se ne è parlato anche al World Banana Forum a Fruit Attraction (clicca qui per approfondire ) dove è apparso fondamentale coinvolgere nel dibattito tutti gli operatori del settore, per superare le difficoltà e sancire insieme i passaggi di crescita.

Con Paolo Pastore, direttore generale di Fairtrade Italia (nella foto di apertura), abbiamo analizzato il ruolo odierno della Gdo e le mosse da adottare a breve termine: “Occorre una collaborazione reale che abbracci tutta la filiera, e che consenta a tutti gli attori di essere correttamente ricompensati – spiega a IFN - Ciascuno per la sua parte dovrebbe impegnarsi maggiormente per una responsabilità condivisa sui prezzi dei propri fornitori”.
Pastore punta il dito soprattutto sui prezzi, che considera il fulcro del problema: “È giunto il momento di fermare la continua corsa al ribasso sulle quotazioni al dettaglio e di assicurare che le aziende del settore siano in grado di rimanere in attività”. 

La tematica dei prezzi è fondamentale in tutte le attività della certificazione Fairtrade, a partire dal prezzo minimo, ovvero quanto riceve il produttore all’origine della filiera. “Gli importatori afferenti al nostro circuito si impegnano a corrispondere il prezzo minimo insieme al Premio Fairtrade – specifica Pastore – il prezzo minimo viene calcolato da Fairtrade per coprire i costi di una produzione sostenibile; è stabilito sulla base di una consultazione aperta a tutti gli stakeholder del sistema, tra cui organizzazioni di produttori agricoli e aziende di importazione”. 
E continua: “Proprio pochi giorni fa abbiamo diffuso i nuovi prezzi aggiornati per le banane a partire da gennaio 2023 (clicca qui per approfondire ) che assicureranno in media un aumento del 4.5 per cento a livello dell’azienda agricola, e un extra del 15 per cento in più per chi esporta direttamente, al fine di coprire i maggiori costi di esportazione e di confezionamento dell’ultimo periodo. Si è trattato di una scelta a mio avviso coraggiosa perché arriva in un momento in cui le economie di tutto il mondo sono alle prese con un’inflazione in crescita, e noi in Italia vediamo l’ombra di recessione che incombe: da parte dei produttori agricoli il timore di perdere i propri clienti è molto forte”.

Non esiste soluzione per il settore che sia svincolata dai prezzi: “Se vogliamo che le organizzazioni contadine continuino ad avere risorse necessarie per il proprio sostentamento e margine per investire nelle proprie imprese, l’unica soluzione possibile è riconoscere loro un prezzo che tenga conto degli eventi di questi ultimi mesi”.

Considerate queste premesse, l’equosolidale viene considerato come un modello virtuoso per il settore ma necessita un coinvolgimento maggiore sia di nuove organizzazioni che di consumatori. “Negli ultimi anni abbiamo fatto dei passi da gigante: le nostre banane oggi sono arrivate anche nei negozi Aldi e In’s, oltre agli storici canali di distribuzione come Coop, gruppo Selex e Pam-Panorama – illustra Pastore - Un’altra partita importante per il nostro sviluppo si gioca nella ristorazione collettiva, e principalmente nelle mense scolastiche, dove le chiusure dovute a Covid-19 hanno creato delle interruzioni nel servizio. Ora dobbiamo tornare ai valori del pre-covid e superarli, per quanto possibile”.

L’impegno di Fairtrade è anche a livello europeo: “Stiamo facendo advocacy sulla proposta di Legge comunitaria per una due diligence, ovvero un dovere di diligenza per le aziende europee coinvolte nelle filiere globali. La Direttiva rappresenterà un passaggio chiave nel percorso verso il rispetto dei diritti umani e dell’ambiente nelle catene di fornitura globali. Vi è infatti una netta asimmetria di potere che comporta l’iniqua distribuzione delle risorse nelle filiere: pochi grandi operatori commerciali e trasformatori sono in grado di imporre termini e condizioni che costringono i fornitori a procurare beni a costi estremamente bassi o con tempi di consegna cortissimi, spesso senza impegno di acquisto a lungo termine. Queste pratiche di acquisto sono un notevole veicolo di violazioni dei diritti umani nella catena di fornitura, e come tali vanno affrontate. Quando l’attuale proposta avrà compiuto il suo iter e la Direttiva sarà recepita anche dall’Italia, cambieranno parecchie cose per le aziende coinvolte. E noi ci stiamo già preparando”.