Economia
Export, ecco cosa è cambiato verso Est
Ne parliamo con Romeo Zanotto (Due Erre) e Ciro Bruno (Bruno Elio)
L’export ortofrutticolo italiano in Europa sta cambiando le sue dinamiche tradizionali. C’è chi addita tra le cause il cambiamento climatico e chi l’instabilità della società moderna. Ne abbiamo parlato con Romeo Zanotto, titolare dell'azienda Due Erre del Maap di Padova e con Ciro Bruno, proprietario e amministratore unico di Bruno Elio Srl di Verona, azienda che opera con il marchio Eliovero Italia.
Dalla Due Erre - azienda che esporta prevalentemente in Romania, Ungheria, Serbia, Croazia, Montenegro, Slovenia, Austria, Ucraina e Bosnia - ci segnalano un calo dei volumi esportati pari al 20% rispetto allo scorso anno. “A causa dell’andamento climatico incostante, tra temperature basse e grandine, abbiamo praticamente perso i mesi di maggio e giugno – spiega Zanotto a IFN – e tra i prodotti che ci hanno rimesso di più ci sono le angurie”.
E continua: “La grandine, in particolare, ha anche creato dei problemi di approvvigionamento mentre le temperature basse di certo non hanno invogliato il consumo di frutti estivi, oltre a non aver favorito il livello qualitativo dei prodotti”.
E anche se ora è tornato il caldo, la richiesta di uva – secondo Zanotto – si mantiene bassa, mentre le vendite di pesche e nettarine sono avviate ma deve ancora registrarsi una fase di volumi alti.
“Tra i pochi prodotti che stanno andando bene ci sono le albicocche – conclude Zanotto - per il resto speriamo di continuare con questi 35 gradi per invogliare il consumo di frutta di stagione e per mantenere standard qualitativi alti”.
Al di là del cambiamento climatico, per Bruno Elio srl – azienda specializzata nell’export verso Bosnia, Montenegro, Serbia, Polonia, Austria, Germania, Paesi Bassi – i problemi sono altri.
E sono rappresentati in primis dall’instabilità dei consumi e della società in generale: “Si tratta di una situazione generatasi con il Covid e proseguita fino ad oggi – spiega Ciro Bruno – che comporta vendite a singhiozzo per i mercati”.
“Per capirci – continua – se prima i carichi erano fissi e sempre con gli stessi volumi, oggi sono fluttuanti. Per esempio, serviamo anche un ristorante di Hong Kong via area che acquista da noi prodotti come meloni, angurie e pomodoro Piennolo del Vesuvio. Se prima richiedeva prodotto due volte a settimana, oggi i suoi acquisti sono dilazionati e consistono in un grande carico iniziale per proseguire con tanti piccoli carichi”.
Il grossista commenta: “La qualità dei prodotti deve essere costante durante tutto l’anno, per questo i prodotti devono avere quotazioni adeguate al loro valore: è l’unico modo per far star bene la filiera ed evitare picchi di prezzo. Poi sicuramente le tensioni internazionali come Ucraina, Medioriente e Houthi hanno creato grande scompiglio, cambiando la geografia mondiale”.
Venendo ai prodotti, Ciro Bruno illustra un andamento positivo per le pesche e nettarine rispetto all’anno passato, nonostante i prezzi più bassi. Mentre sono più stabili angurie e meloni, nonostante le quotazioni siano ancora troppo basse.
“Impariamo a ragionare sui prezzi in base al valore delle merci – conclude – con le nostre forchette decidiamo il futuro ed è davvero l’unico modo per salvare la filiera”. (am)
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