Sostenibilità
«C’è qualcosa di più urgente della guerra dei prezzi»
Dall’Agata (Bestack) sugli imballaggi: «Parliamone ora, prima che sia troppo tardi»
Due scontrini di un pasto affiancati, uno a base di carne e uno vegetariano, apparentemente molto simili. Se non fosse per la loro indicazione sulle emissioni di anidride carbonica: il pasto di carne arriva a 5.3145 Kg emessi, quello vegetariano a 0.4039 chilogrammi emessi. Al di là delle preferenze alimentari e delle scelte etiche che dipendono da ognuno di noi, è spontaneo il ragionamento che ne sorge. Un ragionamento che va al di là della scelta fatta sul momento e che impone una riflessione sulla direzione da intraprendere a lungo termine. A iniziarla è Claudio Dall’Agata, direttore del consorzio Bestack, nel suo articolo “Ognuno la sua responsabilità, subito!” (clicca qui per leggerlo).
“In un mondo in cui siamo completamente immersi nella quotidianità, ci sono ragionamenti che sembrano lontani dai centesimi e dalla continua guerra dei prezzi ma sono in realtà molto pragmatici – spiega Dall’Agata a IFN – Per evitare di parlare sempre degli stessi problemi, vanno messe in campo subito proposte coraggiose. Sono ragionamenti distanti dall’euro al chilogrammo ma dobbiamo metterci nella giusta posizione per poter capire come costruire il futuro”.
Magnani - Nell’articolo leggiamo “Se vogliamo acquisti consapevoli e orientati non solo da logiche di prezzo, serve il coraggio delle scelte e la chiarezza della comunicazione a supporto”. A che punto siamo in Italia? Che cosa possiamo imparare subito dall’estero?
Dall’Agata - Se parliamo di packaging abbiamo perso tanto tempo a concentrarci nel dire chi era peggio dell’altro, come il fortunato film di Enrico Oldoini degli anni Ottanta “Lui è peggio di me” con Celentano e Pozzetto o come i capponi di Renzo ne I promessi Sposi. Abbiamo consentito che il settore del packaging fosse visto come il principale nemico dell’ambiente; si è creato un movimento in questo senso e il settore ha fatto ben poco. L’opinione pubblica ha sedimentato e il legislatore ha sintetizzato fino al PPWR, dimenticando che l’imballaggio è il 5% dell’impatto ambientale del prodotto reso disponibile a casa del consumatore, lo dice JRC non noi. Quasi il 70% dell’impatto è legato all’aspetto produttivo mentre lo spreco alimentare vale il 9%. Per tutti questi motivi occorre dire chiaramente cosa impatta e scriverlo sulle confezioni così come lo si scrive già sugli scontrini. Succede così per tutti gli altri prodotti alimentari in cui il consumatore sceglie in relazione al contributo kilo calorico dell’alimento, poi viene il prezzo. La linea Misura di Colussi ha scelto la strada della linea Benessere, partendo dalle confezioni in carta, prima di altri e in comunicazione dicono “Vi stavamo aspettando”. Se parliamo dell’ortofrutta, siamo ancora più indietro perché siamo ancora alla vendita al kg senza confezione e quindi senza involucro protettivo, fondamentale - specie se attivo - per eliminare quel 9% di spreco, su cui raccontare chi si è, cosa si fa, da dove si viene. Dall’estero, che rappresenta un fondamentale mercato di consumo per l’ortofrutta italiana, possiamo imparare gli elementi di scelta dei consumatori. Per onestà, la riconoscibilità gustativa di alcune produzioni italiane rispetto ad altre spesso vacilla: ne è la conferma che spesso ci nascondiamo dietro identificazioni geografiche che gustativamente non sono distinguibili, come se la targa di un territorio fosse sinonimo di qualità per definizione a priori. Se quindi è difficile primeggiare su questi aspetti e consci del livello di attenzione dell’opinione pubblica sui temi ambientali, allora tanto vale investire seriamente su questi ed essere tra i primi a farlo. In Olanda sono molto più avanti di noi sulle attività di filiera per la lotta allo spreco alimentare. Chi si allineerà a queste esigenze avrà più forza su questi mercati.
Magnani -Voi siete stati tra i primi a scrivere sui vostri pack “Imballaggio Attivo. Lunga vita alla frutta”. Avete in programma altre attività per comunicare tramite gli imballaggi?
Dall’Agata - I consumatori comprano prodotti e non imballaggi, per questo gli imballaggi fanno parte della componente di servizio del prodotto. Occorre chiedersi che funzione devono avere in futuro per esempio. Stiamo cercando di essere di stimolo affinché il settore riesca a quantificare il prima possibile l’impronta ambientale della confezione di frutta e verdura che compra il consumatore. Sarebbe lo strumento per confrontarla con una confezione di carne equivalente in termini alimentari. Credo che ci guadagneremmo molto e la comunicazione verrebbe da sé. Ciò detto, è difficile arrivare al consumatore anche se prendere posizioni culturalmente rilevanti sta diventando sempre più diffuso. È su questi temi che si gioca anche il posizionamento delle catene. C’è chi lo dice e chi no, quel che conta è farlo. È un fatto che comunque, su questi temi, sempre più soggetti si spendono.
Magnani - Come dice Paolo Iabichino “Certamente non si smette di comprare e non ci domandiamo chi paga in minori diritti la parte rimanente di quel prodotto che noi abbiamo comprato a pochi spicci”. Come si può informare il consumatore su come lavora la filiera che sta alle spalle dell’imballaggio?
Dall’Agata - I temi etici sono molto ingaggianti, sfidanti e al tempo stesso rischiosi se non altro perché oggi c’è un problema di verità. Prima si poteva dire quasi qualsiasi cosa mentre oggi abbiamo a che fare con consumatori con infinite vie di informazioni, con più strumenti e più attenti. Così, un solo post che ti può inchiodare sulle incoerenze e, se diventa virale, uccide la notorietà di anni. Per questo meglio prendere posizione, dire la propria verità e confermarla nei fatti. Il prodotto etico è un tema di tutti tra cui l’imballaggio: si riesce ad informare se il tema è attuale, di interesse collettivo. Allora si può fare la propria parte. Allora funziona perché puoi fare leva su una sensibilità collettiva, su un movimento. Io credo che questo sia il tempo in cui la sensibilità collettiva sia cresciuta molto e ci sia un movimento di pensiero pronto a essere informato. Certo non è con gli spot che si comunica, si ingaggia sui temi etici, ma con progetti valoriali e organici. Certamente credo non possa essere sempre e ancora un tema di logistica e di costi. Se vogliamo dare valore al nostro prodotto, trasportarlo in imballaggi anonimi è conflittuale. Dare anima e contenuti al prodotto significa costruire una identità fatta appunto di valori.
Magnani - Scrivi che “Pensare di comunicare l’impatto ambientale solo quando il consumatore lo chiederà esplicitamente è delegare, è appellarsi all’alibi dell’ancora inutile e non remunerabile. Farlo invece prima che si può è prendere posizione, la responsabilità di tracciare una strada, magari prima di altri per interpretare e stimolare un movimento, per fare e non per dire che è solo colpa degli altri”.
Il packaging deve anticipare le esigenze del mercato, proprio come è stato fatto nelle etichette che hai riportato. Vanno in questa direzione i vostri Spettacoli alla Frutta: che riscontro avete ricevuto dal vostro pubblico?
Dall’Agata - Ognuno deve alzare l’asticella per migliorare la propria competitività per propria parte e sensibilità. Gli imballaggi sono uno strumento e un veicolo di contenuti. Differentemente sarebbe indistinguibile il prodotto che c’è dentro. Se uso lo stesso tipo di imballaggio per sassi o kiwi, ci rimette il prodotto che vale certamente di più. Spettacoli alla frutta è una goccia nel mare in termini numerici ma è la rappresentazione di una sensibilità crescente a fare rete tra aziende, condividere piani strategici diversi e più sfidanti, allinearci sulle produzioni di qualità, marcare la differenza tra chi ci prova a ragionare sulla crescita del valore e chi no, costruire un gruppo affidabile – il salotto buono – dell’ortofrutta italiana a cui riferirsi per fare progetti di reparto. Nel 2024 siamo arrivati a 25 aziende che rappresentano circa i ¾ delle referenze in reparto. Veniamo da due giorni di confronti interni con il board operativo e stiamo preparando la plenaria dell’autunno. Nel 2025 ne vedremo delle belle. (am)
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