Bioeconomia in Europa, presentato il 10° rapporto di Intesa Sanpaolo

L'Italia è il primo esportatore al mondo di macchine per la lavorazione della frutta

Bioeconomia in Europa, presentato il 10° rapporto di Intesa Sanpaolo

È stato presentato ieri (giovedì 20 giugno, ndr) a Ravenna, nella suggestiva cornice di Palazzo Rasponi ospiti del Comune di Ravenna, il Rapporto “La Bioeconomia in Europa”, redatto dal Research Department di Intesa Sanpaolo in collaborazione con il Cluster SPRING e Assobiotec - Federchimica. A questa edizione del rapporto ha contribuito anche Cosmetica Italia (Federchimica).

Il Rapporto è arrivato alla decima edizione, confermandosi un punto di riferimento per gli operatori e i policy maker, fornendo una quantificazione del complesso insieme di settori che utilizzano materie prime di origine biologica rinnovabile e spunti di riflessione sugli sviluppi di uno dei pilastri dell’inevitabile percorso di transizione verso modelli di produzione e consumo più sostenibili.

Dopo l’apertura, a cura di Mario Bonaccorso, Direttore del Cluster SPRING e i saluti istituzionali del Sindaco di Ravenna, Michele De Pascale, di Annagiulia Randi, Assessora allo sviluppo economico, attività produttive, porto, politiche Ue e cooperazione internazionale del Comune di Ravenna, e di Alessandra Florio, Direttore Regionale Intesa Sanpaolo Emilia-Romagna e Marche, sono seguiti gli interventi di Laura Campanini, Serena Fumagalli e Stefania Trenti, del Research Department di Intesa Sanpaolo, dedicati alla presentazione dei principali contenuti del Rapporto. 

È seguita una tavola rotonda che ha visto la partecipazione di rappresentanti degli stakeholder della Bioeconomia: imprese (Angelo Benedetti - Presidente e DG di Unitec, Luca Lovatti - Direttore R&D di Melinda)associazioni di categoria (Andrea Di Piazza Utilitalia; Elena Sgaravatti – AD Plantarei Biotech e Vicepresidente di Federchimica Assobiotec), sistema creditizio (Massimiliano Cattozzi – Responsabile Direzione Agribusiness Intesa Sanpaolo) e policy maker (Morena Diazzi – DG Economia e Conoscenza, lavoro e impresa Regione Emilia – Romagna).

Il rapporto in sintesi
Nel 2023 l’insieme delle attività connesse alla Bioeconomia in Italia ha generato un output stimato pari a 437,5 miliardi di euro, 9,3 miliardi in più rispetto al 2022 e occupando circa due milioni di persone.
Considerando Francia, Germania, Italia e Spagna nel complesso, la Bioeconomia ha generato nel 2023 un output di circa 1.751 miliardi di euro, occupando oltre 7,4 milioni di persone, che rappresentano l’8,4% e 6% rispettivamente sui valori complessivi dei 4 paesi europei.

La vitalità della Bioeconomia in Italia è testimoniata dalle 808 start-up innovative censite nel 2023, pari al 6,6% del totale delle imprese iscritte all’apposito Registro. La maggior parte delle start-up innovative della Bioeconomia, diffuse lungo tutta la penisola, è concentrata nel settore della R&S (45%), seguita dall’agri-food (25%).
 

La bioeconomia per la filiera agro-alimentare
La tecnologia rappresenta un fattore fondamentale nella filiera agro-alimentare che riveste un ruolo chiave nel complesso della Bioeconomia - pesando oltre il 76% in Spagna e Francia, il 63% circa in Italia ed il 61% in Germania – ed è sempre più protagonista del percorso di transizione verso una maggiore sostenibilità dei processi.

Le imprese italiane dell’alimentare, nettamente più piccole rispetto ai concorrenti europei, spiccano per la quota elevata di innovazioni di prodotto (20% contro una media UE27 del 12%) e di processo, dove l’Italia (36%) stacca i principali competitors di oltre 15 punti percentuali.

L’attenzione ai processi produttivi emerge anche dall’analisi dell’attività brevettuale dedicata alla filiera agroalimentare, dove l’Italia figura come settimo brevettatore a livello mondiale, con una quota e un grado di specializzazione in netto rafforzamento negli ultimi anni. L’analisi di dettaglio del portafoglio brevetti nelle tecnologie dedicate alla filiera alimentare evidenzia, oltre alle imprese attive nell’agro-alimentare, un ruolo determinante delle imprese della meccanica, che rappresentano la principale origine delle domande di brevetto afferenti al tema alimentare (45% delle domande di brevetto e 32% degli assegnatari). L’Italia è, infatti, il terzo esportatore al mondo nel complesso delle tecnologie per l’agrifood e ristorazione con una quota del 12% e primati assoluti in numerosi prodotti. Siamo i primi esportatori al mondo di distributori automatici con oltre il 30% dell’export mondiale, così come di macchine per la lavorazione della frutta (23%) e macchine per la pasta e prodotti da forno (20%). Siamo secondi nelle macchine per il packaging (con una quota del 23%), nelle macchine per l’industria alimentare (16%) e per l’industria dolciaria (12%).

L’attività brevettuale delle imprese dell’alimentare e bevande, un campione di 386 soggetti che hanno presentato domande di brevetto all’EPO, illustra l’ampiezza delle tematiche e la varietà dei percorsi innovativi in atto nel settore. 

Le imprese italiane dell’alimentare spiccano anche, nel confronto con le imprese tedesche, francesi e spagnole, per l’attenzione rivolta alle innovazioni per la sostenibilità: riduzione dei consumi di materiali e idrici (20% delle rispondenti), recupero di scarti e di acqua (circa il 21%), sostituzione di materiali inquinanti o pericolosi (25%) e riduzione dell’inquinamento dell’aria, dell’acqua, del suolo o acustico (20,8%).
 

I commenti
Stefania Trenti, Head of Industry and Local Economies Research di Intesa Sanpaolo, ha commentato “Il Rapporto sulla Bioeconomia è giunto quest’anno alla decima edizione, a dimostrazione del forte interesse nei confronti dell’ampio e diversificato insieme di attività che utilizzano risorse biologiche rinnovabili. Secondo la FAO sono 21 i paesi, che rappresentano il 65% della PIL mondiale, dotati di una strategia ad hoc per lo sviluppo sostenibile delle filiere bio-based, l’Italia è fra questi. Le politiche pubbliche sono fondamentali per sostenere e valorizzare gli investimenti delle imprese, sempre più orientati alla transizione verso modelli di produzione e consumo più attenti all’ambiente. Le analisi del Rapporto confermano la grande vitalità e l’attenzione alla ricerca di soluzioni innovative del tessuto produttivo italiano che opera nei settori della Bioeconomia. Si tratta di un patrimonio straordinario, diffuso in tutti i territori a cui contribuiscono grandi operatori, piccole e medie imprese e un numero rilevante di start-up innovative, attive in particolare nella Ricerca e Sviluppo, a testimonianza dell’importanza della tecnologia per affrontare le sfide del futuro”.

Catia Bastioli, Presidente Cluster SPRING, afferma: ““Il Rapporto conferma il valore strategico della Bioeconomia come meta-settore di innovazione con un ruolo chiave nell’accelerare la transizione ecologica verso una maggiore resilienza degli ecosistemi. Lo conferma la stessa Europa con le conclusioni del Consiglio nel marzo 2023, e con le parole di Margrethe Vestager, Vicepresidente della Commissione EU, che nella comunicazione ‘Building the future with nature: boosting biotech and bio-manufacturing in Europe’ afferma che la bioeconomia sarà un settore fondamentale per la competitività e la modernizzazione dell'industria europea. È indispensabile costruire su questo patrimonio, garantendo un quadro normativo certo e una solida strategia industriale in connessione con la qualità e diversità dei territori. Solo così il settore del biomanufacturing e delle infrastrutture della bioeconomia potrà evolvere oltre la fase della sperimentazione dando un contributo concreto al futuro sostenibile dell'Europa. Questo è un momento cruciale per cogliere tutte le nuove opportunità.”

Elena Sgaravatti, Vicepresidente Assobiotec Federchimica, ha commentato: “Viviamo in un mondo costruito sulla biologia e una volta che iniziamo a capirla, questa diventa tecnologia. Le biosoluzioni, che utilizzano enzimi, microorganismi, batteri sono ispirate alla natura e sono elementi chiave per una economia circolare bio-based sicura, fatta di posti di lavoro altamente qualificati ed una più resilente ed efficiente catena del valore coprendo settori che vanno dall’edilizia, al tessile, alla produzione di cibo ed energia. McKinsey&Co stima che il 60% delle materie prime mondiali possono essere ottenute attraverso le biosoluzioni ed è quindi chiaro come per la Bioeconomia circolare esse possano rappresentare una straordinaria leva di innovazione. E di questo c’è sempre maggiore consapevolezza. Oggi, come Associazione industriale di Federchimica per lo sviluppo delle biotecnologie, guardiamo con fiducia al rinnovato interesse per il comparto biotech da parte della politica nazionale e comunitaria. E’ dello scorso marzo il Manifesto della Commissione Europea che individua nelle biotecnologie e nelle biosoluzioni una delle aree più promettenti di questo secolo, parte della soluzione per affrontare la transizione green e molte delle attuali e future sfide sociali. Certamente una prospettiva incoraggiante sulla quale è oggi necessario innestare azioni concrete. E una nuova regolamentazione delle biosoluzioni per un più rapido accesso ad esse, in Europa può rappresentare un primo importante passo in questa direzione”. (am) 

Fonte: Ufficio stampa Intesa Sanpaolo