Attualità
Ciliegie, la replica di un film già visto
Baldini (La Vera): «I produttori scaricano le loro responsabilità sulla filiera»
In Puglia monta sempre più forte la protesta dei coltivatori di ciliegie, inferociti per i prezzi troppo bassi che non gli consentirebbero di coprire i costi di produzione. Il colpevole, dicono le associazioni di categoria, da Cia a Coldiretti, sarebbe un mix fra speculazione dei distributori e importazioni selvagge. Ma siamo sicuri che sia solo questo? Purtroppo vediamo un film che va in replica da troppi anni a questa parte e, a parte le polemiche, non si intravedono segnali concreti per migliorare la situazione.
Per comprendere al meglio le dinamiche interne al settore cerasicolo pugliese, la redazione di IFN ha contattato Alessio Baldini, responsabile commerciale dell’azienda La Vera, situata a Bisceglie, e che commercializza ogni anno oltre 15.000 quintali di ciliegie pugliesi: “La stagione cerasicola 2022 è iniziata con circa 10 giorni di ritardo rispetto al calendario stagionale, a causa del freddo di marzo e aprile che ha ritardato la maturazione dei frutti, posticipando i primi stacchi. Il prezzo di vendita all’esordio è stato sostenuto, ma il mercato si è da subito appiattito per la concomitante offerta di ciliegie provenienti da altri areali produttivi come Emilia-Romagna e Veneto”.
“In uno scenario così competitivo viene premiato solo chi è in grado di fornire un frutto di buona pezzatura ed elevate qualità organolettiche. Noi siamo attrezzati per rispondere a queste esigenze, grazie anche all’alto livello tecnologico delle nostre linee di lavorazione che ci permettono di selezionare le ciliegie secondo i parametri richiesti dal cliente. Tuttavia, la produzione pugliese è livellata su calibri medio piccoli, ovvero, quelli meno ricercati e remunerati dal mercato”.
“Chiaramente - aggiunge il manager - le quotazioni per questo prodotto non possono essere sostenute, invece, come ogni campagna si sono susseguite numerose polemiche sui social e sulla stampa locale, tese ad evidenziare che il prezzo corrisposto ai produttori fosse fortemente in contrasto con i prezzi rilevati in vendita sugli scaffali della grande distribuzione, senza specificare che il prodotto trovato in negozio in una linea premium è ben diverso dal prodotto medio coltivato nei nostri areali. È quindi evidente la chiara intenzione da parte della base produttiva di scaricare le colpe sulle restanti parti della filiera per la bassa remunerazione”.
Secondo il responsabile commerciale dell’impresa occorre una presa di coscienza da parte del mondo produttivo pugliese: “Occorre ammettere che la produzione nei nostri areali è disorganizzata e non omogenea. I cerasicoltori producono secondo loro criteri, senza alcuna programmazione, con la speranza di speculare sul mercato il proprio prodotto, al di fuori di ogni logica di mercato. È inutile e dannoso trovare nella Gdo il capro espiatorio per la nostra incapacità organizzativa e di cooperazione. Con un prodotto con caratteristiche come quest’anno di calibro medio-piccolo è stato difficile competere anche all’estero con i frutti provenienti da altri Paesi produttori come Spagna, Grecia e Turchia”.
Secondo Baldini gli spazi per recuperare credibilità ci sono, ma occorre un processo di ristrutturazione ben definito. “Credo che l’unica possibilità che abbiamo di ritornare ad essere competitivi sia quella di eseguire un rinnovo varietale e strutturale degli impianti esistenti con nuove cultivar più performanti per gusto, colore e pezzatura. Dopo di che occorre costituire consorzi di tutela e valorizzazione del prodotto per aiutare e coordinare la produzione e garantire, da una parte al consumatore un prodotto fresco, buono e certificato, e da l’altra parte un prezzo equo e sostenibile per tutti gli attori della filiera. Se non si ha intenzione di intraprendere questa strada ci penserà il mercato a far selezione fra i buoni e cattivi - conclude il manager - e non sarà un processo indolore”.
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Per comprendere al meglio le dinamiche interne al settore cerasicolo pugliese, la redazione di IFN ha contattato Alessio Baldini, responsabile commerciale dell’azienda La Vera, situata a Bisceglie, e che commercializza ogni anno oltre 15.000 quintali di ciliegie pugliesi: “La stagione cerasicola 2022 è iniziata con circa 10 giorni di ritardo rispetto al calendario stagionale, a causa del freddo di marzo e aprile che ha ritardato la maturazione dei frutti, posticipando i primi stacchi. Il prezzo di vendita all’esordio è stato sostenuto, ma il mercato si è da subito appiattito per la concomitante offerta di ciliegie provenienti da altri areali produttivi come Emilia-Romagna e Veneto”.
“In uno scenario così competitivo viene premiato solo chi è in grado di fornire un frutto di buona pezzatura ed elevate qualità organolettiche. Noi siamo attrezzati per rispondere a queste esigenze, grazie anche all’alto livello tecnologico delle nostre linee di lavorazione che ci permettono di selezionare le ciliegie secondo i parametri richiesti dal cliente. Tuttavia, la produzione pugliese è livellata su calibri medio piccoli, ovvero, quelli meno ricercati e remunerati dal mercato”.
“Chiaramente - aggiunge il manager - le quotazioni per questo prodotto non possono essere sostenute, invece, come ogni campagna si sono susseguite numerose polemiche sui social e sulla stampa locale, tese ad evidenziare che il prezzo corrisposto ai produttori fosse fortemente in contrasto con i prezzi rilevati in vendita sugli scaffali della grande distribuzione, senza specificare che il prodotto trovato in negozio in una linea premium è ben diverso dal prodotto medio coltivato nei nostri areali. È quindi evidente la chiara intenzione da parte della base produttiva di scaricare le colpe sulle restanti parti della filiera per la bassa remunerazione”.
Secondo il responsabile commerciale dell’impresa occorre una presa di coscienza da parte del mondo produttivo pugliese: “Occorre ammettere che la produzione nei nostri areali è disorganizzata e non omogenea. I cerasicoltori producono secondo loro criteri, senza alcuna programmazione, con la speranza di speculare sul mercato il proprio prodotto, al di fuori di ogni logica di mercato. È inutile e dannoso trovare nella Gdo il capro espiatorio per la nostra incapacità organizzativa e di cooperazione. Con un prodotto con caratteristiche come quest’anno di calibro medio-piccolo è stato difficile competere anche all’estero con i frutti provenienti da altri Paesi produttori come Spagna, Grecia e Turchia”.
Secondo Baldini gli spazi per recuperare credibilità ci sono, ma occorre un processo di ristrutturazione ben definito. “Credo che l’unica possibilità che abbiamo di ritornare ad essere competitivi sia quella di eseguire un rinnovo varietale e strutturale degli impianti esistenti con nuove cultivar più performanti per gusto, colore e pezzatura. Dopo di che occorre costituire consorzi di tutela e valorizzazione del prodotto per aiutare e coordinare la produzione e garantire, da una parte al consumatore un prodotto fresco, buono e certificato, e da l’altra parte un prezzo equo e sostenibile per tutti gli attori della filiera. Se non si ha intenzione di intraprendere questa strada ci penserà il mercato a far selezione fra i buoni e cattivi - conclude il manager - e non sarà un processo indolore”.
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