Sostenibilità
Imballaggi, ecco come anticipano le richieste dei consumatori
Con Dall’Agata (Bestack) una riflessione sul valore generato dal settore
Quando acquistiamo ortofrutta ci concentriamo giustamente sulla scelta del prodotto in base alle informazioni che abbiamo in reparto. In questo contesto le confezioni rappresentano uno strumento utile per veicolare la comunicazione, il nome del brand e i processi di sostenibilità dei processi. Dal primo lockdown abbiamo imparato a conoscere meglio i prodotti confezionati, che sempre più spesso preferiamo, ma il loro ruolo per il settore sta continuamente crescendo. Per questo il Consorzio Bestack e il Monitor Ortofrutta di Agroter hanno elaborato un’indagine sul loro utilizzo, sui relativi costi, ma soprattutto sui benefici e il valore aggiunto creato.
Sfuso o confezionato?
“Non credo sia una gara in assoluto, la risposta è ricercare la soluzione migliore caso per caso” esordisce il direttore generale di Bestack Claudio Dall'Agata. Partiamo dai dati, abbiamo analizzato quelli di una nota insegna distributiva relativi al prodotto banane sfuso e confezionato.
Guardando ai volumi quindi alla quota del prodotto confezionato e sfuso al kg (tabella sopra) si nota come dal 2017 al 2022 ci sia stata una progressione. Nel 2017 il prodotto confezionato era pari al 7% di quota mentre nel 2022 è arrivato al 25%. Allo stesso tempo lo sfuso è calato dal 93% del 2017 al 75% del 2022 con un picco più evidente tra il 2020 e 2021, anni dell'epidemia Covid in cui i consumatori si sono indirizzati maggiormente verso il confezionato.
Analizzando il rapporto euro/kg (tabella sopra) emerge che il prezzo medio delle banane confezionate è cresciuto del 14% in sei anni passando da 2,75 euro del 2017 a 3,13 euro del 2022. Non solo, il confezionato costava nel 2017 il 73% in più rispetto allo sfuso mentre nel 2022 costa l’83% in più. “È la conferma che il servizio crea valore al prodotto e che la confezione fa parte di questo, dato che, anche a fronte di incrementi di prezzo, il consumatore in quote crescenti sceglie sempre di più il confezionato” sottolinea Dall’Agata. Che continua: “Inoltre gli incrementi di prezzo sono da ricondursi all’allineamento con la domanda e non sono direttamente correlabili all’aumento delle materie prime infatti nel 2022, rispetto al 2021, il confezionato è cresciuto del 9,8% mentre lo sfuso del 21,3%”.
Sugli stessi dati commenta anche Alfonso Bendi, Research & Consulting Director Agroter: “Il prezzo delle banane confezionate è di oltre 1 euro sopra a quelle sfuse quindi ben oltre il costo di confezione e confezionamento. E questo per un prodotto che, più di tanti altri, potrebbe fare a meno della confezione. La banana è già riparata di suo e sarebbe da quantificare quanto l’aumento della shelf life sia un driver di scelta nelle banane confezionate rispetto a quelle sfuse. In questa crescita credo che l’imballaggio abbia avuto un ruolo da protagonista. Nelle banane buona parte di quelle vendute sono bio o, ancora di più, Fairtrade: qui la comunicazione sul vassoio, quindi elaborare un pack personalizzato, è fondamentale perché farlo con un bollino non sarebbe altrettanto impattante”.
L’imballaggio crea valore?
Come secondo caso di studio, abbiamo preso in considerazione un’azienda leader nel settore di produzione dei pomodori, che è stata valutata per costo degli imballaggi, prezzo di vendita del prodotto e prezzo del distributore. Le confezioni considerate in questo caso sono state il cestino tradizionale in plastica e la vaschetta onda N con flowpack compostabile.
“Tra una confezione e l’altra, la differenza di prezzo è 0,05 euro al pezzo – spiega a IFN Claudio Dall’Agata – mentre la stessa differenza tra le due referenze dal produttore al distributore, sempre al pezzo, raddoppia passando a 0,10 euro a confezione, quindi il produttore, a parità di referenza, vende a 0,10 euro in più una confezione che paga 0,05 in più guadagnandoci 0,05 euro a pezzo".
“Non solo, la stessa cosa avviene tra distributore e consumatore - aggiunge il direttore del Consorzio - infatti al pubblico il prodotto nella confezione più valoriale viene venduto a 0,2 euro in più al pezzo, dando al distributore a sua volta un margine di 0,10 euro a confezione. Di fatto l’utilizzo di una confezione più in linea con le richieste del cliente migliora il posizionamento dell’offerta e aumenta la redditività più che proporzionalmente rispetto ai maggiori costi dati dal packaging, aumentando la marginalità”.
E conclude: "Il packaging si presenta come un vantaggio per tutti perché ci guadagnano sia i produttori che la Gdo e, allo stesso tempo, i consumatori sono disposti anche ad una spesa extra pur di fare l'acquisto”.
Servizi evidenti e promesse garantite
Se il valore del packaging rimane fondamentale per un settore come il nostro, serve ancora molto per farlo capire ai consumatori e agli stessi addetti della filiera, come sostiene Dall’Agata: “Vanno comunicati i servizi evidenti degli imballaggi come la velocità di acquisto e la facilità di trasporto, allo stesso tempo vanno sottolineate le promesse garantite come l’aumento della shelf life e la riduzione degli sprechi”.
Se molti prodotti si scelgono in base alla funzione d’uso (e quindi alla correlata dose anziché sul prezzo al chilogrammo), perché allora per l’ortofrutta non può funzionare la stessa dinamica?”.
Inoltre il packaging rimane fondamentale per un settore che tende a brandizzarsi sempre di più: “In questo processo il brand del produttore deve essere sempre più evidente e l’imballaggio contribuisce a creare un notevole valore per i prodotti commercializzati”.
Realizzare un buon imballaggio significa anche ragionare sulla varietà cromatica: “Utilizzare l’omologazione cromatica non aiuta di certo a costruire una scala prezzi e a rendere visibili le differenze tra i prodotti”.
E conclude: “L’ortofrutta ha bisogno di un’esposizione segmentata, dove risultano chiari i valori dei prodotti e chi li promette e le confezioni in questo possono fare molto. È ora che di seguire questa strada”.
Ha collaborato Alfonso Bendi