Attualità
«Fitofarmaci, con il regolamento a rischio un terzo della produzione»
Davide Vernocchi delinea uno scenario dalle tinte fosche
“Se il regolamento sui fitofarmaci proposto dalla Commissione Europea venisse adottato così com’è, l’ortofrutta italiana rischierebbe di perdere il 20-30% della propria produzione. D’accordo limitare l’utilizzo ma l’ortofrutta ha ancora bisogno della chimica per salvaguardare la produzione nazionale”. Va dritto al punto Davide Vernocchi, presidente di Apo Conerpo e di Alleanza Cooperative, sottolineando che le colture più in difficoltà saranno pere e patate, due prodotti che già adesso riscontrano numerose problematiche.
La proposta di regolamento della Commissione è accompagnata da una valutazione di impatto che elude un elemento centrale quale gli effetti sulla produttività dell'agricoltura europea e la salvaguardia della biodiversità. “L’Italia annovera quasi 400 specie vegetali coltivate, mentre i paesi del Nord Europa non arrivano a 30. Sono differenze di cui non si può non tenere conto”. Di questo e di tanto altro si parlerà il prossimo 31 maggio a Bruxelles in un incontro con le rappresentanze delle cooperative francesi, perché il dibattito è ancora aperto.
“L’approccio di carattere orizzontale che è stato adottato è fuori luogo per il contesto agricolo”, prosegue Vernocchi. “Detto questo, bisogna considerare che il regolamento riguarda due aspetti, uno è quello di ridurre del 62% i fitofarmaci entro il 2030, già preoccupante di suo, l’altro riguarda il divieto assoluto di utilizzo nelle aree sensibili, di cui si parla meno e su cui si sta facendo marcia indietro. Ovvero il divieto di utilizzare fitofarmaci nei pressi di parchi e giardini pubblici, strade e corsi d’acqua. In Veneto l’88% della Sau rientra tra le aree sensibili e in Emilia-Romagna la percentuale si avvicina al 70-80%”.
Il regolamento pesa come un incudine sulla testa degli agricoltori, che sono i primi a voler usare il meno possibile la chimica in campagna, come riferisce da sempre anche Vernocchi. “Il produttore non vuole certo avvelenare il proprio luogo di lavoro. Inoltre, i costi sono elevati, e farebbe molto volentieri a meno di sostenerli. Sono trent’anni ormai che siamo impegnati nella tutela dell’ambiente, e abbiamo visto come si sono evoluti i pesticidi, fino all’azzeramento degli insetticidi, ma poi è arrivata la cimice asiatica, un insetto alieno che ha massacrato i frutteti. Come possiamo vincere questa partita se non potremo utilizzare i mezzi più utili per contrastare l'insetto? Non ci è stata data un’alternativa alle molecole in discussione. Investiamo molte risorse in ricerca per trovare soluzioni ma c’è ancora tanta strada da fare”.
Tra le colture più a rischio il pero e le patate. “Il pero soffre per l’invasione della cimice e la maculatura bruna, che stanno comportando un calo a doppia cifra delle superfici coltivate. Le patate invece perdono da un anno all’altro anche il 20-30% di superfici perché non ci sono le tecniche di difesa per salvaguardare la produzione”.
Sulla situazione della pataticoltura interviene anche Antonio Ruggiero, presidente dell’omonima e storica azienda di produttori di patate. “Il nemico numero uno per i nostri prodotti in questo momento sono gli elateridi – racconta a IFN - e in misura minore si aggiungono altri patogeni,come la peronospera. Per fronteggiare la congiuntura abbiamo intensificato i controlli in campo e il supporto tecnico ai nostri agricoltori, dal momento della scelta varietale fino alla raccolta, oltre ad aver esteso le superfici nei principali areali di produzione italiani”.
“C’è da dire però – prosegue Ruggiero – che è l’intero settore ortofrutticolo negli ultimi anni a dover fronteggiare numero sfide. Dall’innalzamento dei costi delle materie prime, costi energetici, logistici, problemi sulle colture causati dagli elateridi e dalle condizioni climatiche non favorevoli. In un contesto così particolare e incerto, la richiesta di ulteriori sacrifici ai nostri agricoltori potrebbe compromettere il futuro di un settore già in difficoltà”.
Di questo passo, se il regolamento non cambia, i primi a rimetterci saranno proprio i produttori europei, che vedranno aumentare l’import di prodotto proveniente da fuori Europa. “Impossibile attualmente fare delle stime, ma è chiaro che se le istituzioni non metteranno in campo piani di sostegno a favore delle aziende agricole italiane, c’è il rischio che gli agricoltori, scoraggiati dalle innumerevoli difficoltà, smettano di investire cedendo gradualmente il passo alle produzioni estere, come già successo con altre colture”.
Alternative valide all’utilizzo di fitofarmaci per sconfiggere gli elateridi al momento non si conoscono ma Ruggiero continua a credere nelle pratiche agronomiche sostenibili che ne riducono al minimo l’utilizzo. “Il nostro costante ed importante lavoro di ricerca e studio ci auguriamo possa aiutarci ad arginare le varie problematiche”.