Economia
Cdo agroalimentare: volatilità dei prezzi, come si risolve?
Programmazione a lungo termine, prodotti distintivi e difesa attiva tra le soluzioni
Da sempre la volatilità dei prezzi caratterizza il mercato, fonte di confronto (e scontro) quotidiano tra produttori, commercianti e consumatori. Se l’oscillare delle quotazioni ha storicamente preoccupato gli operatori solo nei periodi di picco, oggi la volatilità ha raggiunto livelli record.
Per fare chiarezza sul fenomeno e cercare possibili soluzioni, il Cdo Agroalimentare ha organizzato ieri il webinar "Come lavorare e crescere con l'attuale pazzesca volatilità dei prezzi?" in cui ha chiesto l’opinione di alcuni protagonisti del settore. Vi riportiamo le testimonianze di Giorgio Spinetti, socio dell’azienda agricola Top Melon relativamente ai prodotti meloni e angurie, mentre sulle pesche sono intervenuti Enrico Bucchi, direttore commerciale Italia della società cooperativa agricola Alegra e Aristide Castellari, presidente della società cooperativa Agricola Agrintesa.
Giorgio Spinetti, socio dell’azienda agricola Top Melon di Todi (Perugia) ha confermato l’altissima volatilità dei prezzi che ha interessato nell’ultimo periodo i produttori di angurie e meloni. “Ad incidere è stato in primis il clima – ha esordito Spinetti - in particolare, le condizioni meteorologiche avverse del mese di maggio hanno contribuito al alzare le quotazioni”. Come seconda motivazione per la volatilità, Spinetti individua i costi di produzione: “Solo ora stiamo tornando ad una stabilizzazione ma c’è stata una vera e propria esplosione negli ultimi mesi”.
La manodopera rappresenta per il socio di Top Melon il terzo fattore condizionante della volatilità: “Spesso – ha sottolineato - pensiamo che per il nostro settore non occorra manodopera specializzata ma, senza persone formate, otteniamo più danni che benefici. È una questione che conosco bene considerato che noi gestiamo circa 200 dipendenti”.
Spinetti riporta dei prezzi in campagna vicino all’euro al chilogrammo per i meloni mentre negli anni passati le quotazioni si avvicinavano appena a 0,40 euro al chilogrammo; stesse cifre per le angurie. “Anche se ora i prezzi sono più alti rispetto alle stagioni passate – ha detto - non significa che stiamo facendo i ‘soldoni’ considerato che il livello produttivo quest’anno è davvero basso”.
Tra le possibili soluzioni per fronteggiare la volatilità, Spinetti suggerisce una visione a lungo termine per finalizzare gli investimenti aziendali. “Significa che un produttore non deve fare l’errore di programmare la stagione successiva in base ai risultati della stagione precedente – specifica – la sua decisione deve essere dettata dai clienti, dall’ipotesi dei volumi di vendita e dalla produzione. Poi ovviamente sarà il mercato a condizionare i prezzi anno per anno ma è sempre meglio arrivarci preparati”.
Ma veniamo ora alle pesche, un altro tra i prodotti estivi per eccellenza. Enrico Bucchi, direttore commerciale Italia della società cooperativa agricola Alegra di Fenza (Ravenna) ha testimoniato la sua esperienza aziendale a partire dai dati.
In particolare ha considerato il prezzo alla produzione euro al chilogrammo (media cassa) per nettarine gialle Big Top e pesche gialle Royal Gem/Glory degli areali faentini nelle ultime sei annate (2018 e 2023, sempre nel periodo week 27/29). Gli stessi prezzi sono stati indagati poi per il consumatore tramite rilevazioni Gdo del Cso.
“Il prezzo di quest’anno, pari a 0,70 euro al kg, sia per le nettarine gialle che per le pesche gialle è abbastanza prudente e potrebbe migliorare”. E ha continuato: “Come vediamo dal grafico, il prezzo più basso per le nettarine in questi ultimi anni è stato pari a 0,45 euro al chilo nel 2019, mentre il massimo è stato 1,20 euro sull’anno successivo: da un anno all’altro il prezzo è più che triplicato mentre i volumi si sono dimezzati”.
Guardando i dati lato vendita, ha commentato: “I pochi numeri che abbiamo dicono che c’è un aumento di prudenza dei supermercati rispetto alla marginalità. Questo significa che, a parità di condizioni di acquisto, il prezzo alla vendita è mantenuto più alto perché c’è paura di non avere marginalità considerata l’incertezza sui consumi”.
Sul prodotto pesche è intervenuto anche Aristide Castellari, presidente della società cooperativa Agricola Agrintesa di Faenza (Ravenna) che ha individuato nella distintività di prodotto e nella difesa attiva delle colture le principali soluzioni per arginare la marginalità.
“Dal mio punto di vista, per comprendere la tematica della marginalità va fatta una distinzione importante: da un lato ci sono gli imprenditori a fine carriera, magari anche senza successori, che lasciano andare i loro impianti così come sono e senza prospettive a lungo termine, dall’altra parte tutti gli altri imprenditori ‘vitali’. Per questi ultimi, intendo imprenditori che sanno guardarsi intorno e anticipare crisi e richieste del mercato: per esempio se non si vuole disinvestire nel settore, si cambiano però le colture verso quelle più promettenti e innovative, più richieste dal mercato”. E continua: “L’importante oggi è distinguersi ed uscire dalla massificazione del settore, anche se significa puntare su un minor numero di varietà”.
A questa scelta, Castellari consiglia anche di investire nella difesa attiva delle colture, soprattutto considerata la variabilità dell’andamento meteo. “Solo chi sta investendo in impianti coperti e varietà selezionate, sta ottenendo una buona Plv. Io per esempio nella mia azienda ho investito in impianti antibrina con acqua sottochioma e, grazie al bando regionale, installerò anche dei ventoloni. Investire nelle strutture è importante come farlo sui prodotti ma, purtroppo, noto molta disattenzione generale”.