Il futuro della frutticoltura? Innovazione e automazione ma serve una strategia

Al convegno Fresh è emersa l’importanza di implementare competenze per gestire la transizione

Il futuro della frutticoltura? Innovazione e automazione ma serve una strategia

“L’innovazione corre e non aspetta. Fingere che non esista non è un'opzione. È fondamentale riflettere sulle opportunità e sulle sfide che essa pone, affrontando anche gli aspetti più complessi".

"Come settore ortofrutticolo abbiamo la necessità di ragionare e programmare prima di agire, comprendendo la natura reale delle nostre esigenze. Il coinvolgimento dell’intera filiera è imprescindibile, ed è proprio questa la volontà di Fresh: essere parte attiva di questo ecosistema, contribuendo alla sua evoluzione” sono le dichiarazioni conclusive del Prof. Luca Corelli Grappadelli – dell’Università di Bologna – che ben sintetizzano i tanti spunti emersi dal convegno “Sostenere i nostri frutteti con l’innovazione e l’automazione", organizzato dalla Fondazione FRESH – acronimo di Fruit Research Center, for Excellent and Sustainable Horticulture – che si è tenuto venerdì mattina al Campus Unitec di Lugo. 

Prof. Luca Corelli Grappadelli - Università di Bologna

L'incontro ha evidenziato come il comparto frutticolo sia sottoposto a una trasformazione senza precedenti. L'obiettivo principale è stato focalizzarsi sulle innovazioni tecnologiche e sull'evoluzione dei frutteti attraverso l'adozione di strumenti all'avanguardia che rendano ogni fase della coltivazione più precisa ed efficiente. Inoltre, sono stati offerti spunti di riflessione per delineare prospettive future.

Relatori di fama internazionale hanno discusso di un nuovo modello di frutticoltura hi-tech e sostenibile, caratterizzato dall'integrazione di tecnologie avanzate nei processi produttivi.

Il professor Damiano Zanotelli dell'Università di Bolzano ha illustrato lo stato attuale della sensoristica applicata ai frutteti: "Da diversi anni disponiamo di strumenti che ci permettono di monitorare vari parametri, dal suolo — come per esempio l'umidità — alla pianta, focalizzandoci su foglie, tronco e frutti, fino alle misurazioni del microclima all'interno del frutteto tramite stazioni meteorologiche. Non ultimo, il telerilevamento, che ci consente di valutare il livello di stress dell'intero frutteto. L'evoluzione futura mira a rendere questa mole di informazioni disponibile in tempo reale, permettendo di adattare le tecniche colturali al variare dei parametri. Il progresso in questo campo è rapido e offre già ampie possibilità di sviluppo."

Già in questo primo interventoè emerso un tema che sarà ricorrente durante i diversi interventi: la gestione dei dati, sia come input che come output.

“La raccolta manuale dei dati non è più sostenibile, e a tale scopo le piattaforme robotiche sono sicuramente utili a bypassare questa criticità – ha evidenziato l’ingegner Dario Mengoli dell’Università di Bologna. Attualmente, l'implementazione di trattori completamente autonomi è limitata, poiché ci troviamo in una fase iniziale in cui l'operatore è ancora supportato dalla tecnologia, senza dimenticare che occorre un quadro legislativo chiaro che disciplini questo ambito”. 

Per il futuro, Mengoli prevede che si svilupperanno piattaforme compatte, leggere, replicabili e multi-attrezzo, dotate di motore elettrico. “Stiamo testando piattaforme robotiche dotate di navigazione autonoma completa in grado di effettuare le lavorazioni classiche, come ad esempio la trinciatura. I risultati sono interessanti”.

Ma a cosa serve tutta questa innovazione? è un interrogativo al quale ha risposto il padrone di casa, il Presidente di Unitec, Angelo Benedetti: “Spesso si commette l’errore di vedere l’innovazione utile solo ad abbassare i costi o aumentare le rese produttive, quando invece è uno strumento formidabile per generare valore. Come? Mettendo al centro il consumatore. È essenziale offrire con continuità frutta che incontri il gradimento e l'apprezzamento dei consumatori. Questo avviene quando il prodotto possiede caratteristiche specifiche, come il giusto grado di maturazione. Così facendo si avrà un ritorno economico ben superiore al tentativo di abbassare i costi o di aumentare la produttività”. 

Benedetti per argomentare la sua tesi ha portato un esempio pratico: “Grazie alle nostre macchine che valutano la qualità interna, un produttore di arance rosse è in grado di garantire al consumo un prodotto costantemente pigmentato, cosa non facile soprattutto nel Tarocco. Così facendo ha fidelizzato il consumatore nonostante venda al pubblico a un prezzo superiore di almeno 1 euro al chilo; di questo incremento, circa la metà andrà direttamente al produttore. Pertanto, mantenere la promessa di qualità e coerenza è la chiave per aumentare il consumo e, di conseguenza, migliorare il business. L'obiettivo principale è eliminare la delusione del cliente, offrendo prodotti che soddisfino le aspettative in termini di gusto e qualità”.

Quindi, l’innovazione è un driver imprescindibile per generare valore lungo la filiera ortofrutticola, ma il processo di "digital farming" non è scevro da difficoltà.

“Nonostante un ritardo di circa dieci anni rispetto ad altri settori, l'industria agricola sta abbracciando la digitalizzazione. Tuttavia, il percorso non è privo di ostacoli: oltre il 70% dei progetti digitali nel settore fallisce, spesso a causa di una cultura digitale carente e della mancanza di analisi economiche sull'effettiva redditività degli investimenti tecnologici. La trasformazione digitale è principalmente una sfida organizzativa e strategica, che richiede nuove figure professionali capaci di gestire la complessità dei dati e delle tecnologie emergenti”, è stato il monito di Matteo Golfarelli dell’Università di Bologna.

“Un aspetto cruciale è l'interoperabilità dei sistemi, che consente un valore unificato dei dati lungo tutta la catena del valore – ha sottolineato il ricercatore dell’Università di Bologna. Tuttavia, le barriere organizzative e la mancanza di strategie chiare spesso ostacolano i processi di digitalizzazione. È fondamentale sviluppare una strategia a lungo termine e formare professionisti in grado di navigare nella complessità tecnologica e organizzativa”.

Non sono mancate critiche all’intelligenza artificiale che: “non rappresenta una soluzione universale; la complessità dei sistemi naturali può creare difficoltà nella creazione di "gemelli digitali" accurati, fondamentali per instradare l’intelligenza artificiale – ha spiegato Lorenzo Marconi dell’Università di Bologna. La raccolta e la trasmissione efficiente dei dati rimangono sfide chiave, con molti prototipi ancora in fase di sviluppo e pochi prodotti maturi sul mercato”.

Un aspetto spesso sottovalutato, ma determinante, è la valutazione dell’impatto economico: “È essenziale affrontare l'entusiasmo iniziale per le nuove tecnologie con un approccio pragmatico, focalizzandosi su problemi reali e valutando attentamente l'impatto economico delle soluzioni proposte – ha argomentato il Prof. Davide Viaggi dell’Università di Bologna. Che ha aggiunto: “La variabilità dei risultati nell'adozione di tecnologie smart in agricoltura è elevata; studi mostrano dati interessanti ma spesso inconsistenti. Dal punto di vista economico, non si tratta solo di risparmiare sui costi, ma di valutare l'incremento di qualità e quantità della produzione. Piccole variazioni nelle aspettative possono invertire i risultati attesi”.

Nei fatti, le criticità non mancano, ma la ricerca applicata può fornire la bussola al produttore per orientarsi nel campo della digitalizzazione agricola, come ha spiegato Walter Guerra, responsabile dell'Istituto di Frutti-Viticoltura presso il Centro di Sperimentazione Laimburg: “In questo contesto, il progetto LIDO (Laimburg Integrated Digital Orchard) rappresenta un'iniziativa chiave. Si tratta di un laboratorio digitale a cielo aperto dedicato alla frutti-viticoltura, dove vengono testate, sviluppate e dimostrate nuove tecnologie digitali. L'obiettivo è integrare diverse soluzioni tecnologiche per creare un sistema comprensibile e integrato, facilitando l'adozione da parte degli agricoltori”. 

“Il laboratorio LIDO offre un'infrastruttura avanzata, dotata di connessioni in fibra ottica ed elettricità per garantire l'alimentazione e la trasmissione veloce dei dati. Include anche un'area ufficio sul campo per il monitoraggio diretto dei dispositivi. Questa piattaforma è aperta alla collaborazione con aziende, start-up e istituti di ricerca, promuovendo l'innovazione e la competitività nel settore agricolo”. 

In conclusione, Guerra ha ribadito l'importanza di trasformare i dati raccolti in azioni pratiche. Ha evidenziato che, oltre alla raccolta dei dati, è fondamentale sviluppare tecnologie che supportino decisioni operative efficaci, facilmente implementabili dagli agricoltori per migliorare l'efficienza e la sostenibilità delle loro attività.

Un passaggio fondamentale per la messa a terra del digital farming riguarda lo sviluppo di competenze adeguate da chi deve supportare il frutticoltore: il tecnico/agronomo.

“Il tecnico del futuro dovrà possedere competenze multidisciplinari per gestire efficacemente l'intero ciclo dei dati – ha illustrato Mirko Piani, giovane ricercatore dell’Università di Bologna. Questo include la capacità di identificare i dati rilevanti da raccogliere, e soprattutto, saperli gestire e interpretare; Selezionare le tecnologie appropriate e collaborare con diverse figure professionali, quali informatici e ingegneri. In sintesi, il tecnico agricolo del domani dovrà essere in grado di orchestrare tecnologie avanzate e competenze interdisciplinari per trasformare i dati in azioni concrete, promuovendo una frutticoltura sostenibile, ma soprattutto, che possa dare reddito ai nostri agricoltori”.

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